Capitolo 13 - il posto giusto

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L'angolo di riflessione che mi ero ritagliata durò molto poco perché Samuel, con tutta la poca grazia in suo possesso, indietreggiò per poi afferrare la mia mano e trascinarmi davanti.

I successivi minuti di camminata furono scanditi dal chiacchiericcio casuale del rasato che probabilmente neanche Noel stava ascoltando.
Nei giorni di convivenza mi ero resa conto che Samuel molto spesso parlava con me anche senza pretendere una risposta, probabilmente abituato al silenzio dell'altro.
Sicuramente il rosso non lo faceva con cattiveria, forse era una sorta di "silenzio assenso" che il suo amico ormai sapeva interpretare molto bene o forse semplicemente non aveva voglia di rispondere e sapeva che l'altro non se la sarebbe presa.

Una volta arrivati davanti alla porta di casa fu proprio il rosso a parlare per primo
<<E' la prima volta che metto piede qua dentro senza vederti in lacrime>> mi sorrise beffardo, ma senza un velo di malizia nello sguardo.
Gli riservai comunque una finta occhiataccia, lasciando andare però una piccola risata
<<Se non la smetti stavolta quello in lacrime sarai tu>> sbuffai, facendo girare le chiavi nella toppa.
Entrammo e Samuel lanciò lo zaino che aveva portato con sé sul divano, per poi guardarmi ed alzare le mani in aria affrettandosi ad appenderlo all'attaccapanni vicino alla porta
<<Ok ok, scusa, smetterò di farlo, lo prometto>> borbottò come se ormai conoscesse a memoria il mantra che gli ripetevo ogni volta approdato in casa lasciando in giro qualsiasi cosa.
Noel invece appoggiò piano la borsa di tela affianco al tavolino, continuando a guardarsi intorno come se non fosse mai entrato in casa nostra prima d'ora eppure ero abbastanza sicura non fosse così.
Dopo questo piccolo movimento non fece più nulla se non seguire Samuel come un'ombra fino in cucina.
Feci lo stesso, sobbalzando quando sentii Samuel sbattere il frigo per poi girarsi con uno scatto verso di me
<<Credo che per festeggiare ci sia bisogno di invitare qualche altra persona, non credete?>> chiese, tenendo puntato lo sguardo su di me
<<E questa persona sarebbe una a caso, no?>> risposi, alzando appena le sopracciglia.
Chissà chi avrebbe voluto invitare, era proprio un mistero.
In ogni caso era veramente poco probabile che la "persona" a cui stava alludendo accettasse, Zoe era sicuramente tornata a casa e stava guardando svogliatamente qualche serie tv che iniziava e non finiva mai.
<<beh, potresti chiedere alle tue amiche. Mi hanno conosciuto, mi amano, e hanno parlato anche con Noel>> ampliò il sorriso indicando prima se stesso e poi l'altro ragazzo.
Sospirai, voltandomi verso il secondo soggetto alla ricerca di supporto, ma tutto ciò che vidi fu ancora la sua figura che perlustrava l'ambiente circostante con uno sguardo un po' smarrito.
Non riuscivo a capire perché si sentisse a disagio, alla fine era stato già in quella casa in mia presenza e chissà quante altre volte senza.
Forse ero io?
Eppure quando passavamo il tempo alla panchina eravamo totalmente da soli e lui sembrava totalmente a proprio agio, talmente tanto da poter fare lo spavaldo nei miei confronti.
Per me quel ragazzo rimaneva un'enigma che però il mio cervello si stava lentamente rifiutando di analizzare prendendolo esattamente per come veniva.

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