Capitolo 8 - camaleonte

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Dopo il trambusto della notte precedente mi ero svegliata con pochissime ore di sonno in corpo

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Dopo il trambusto della notte precedente mi ero svegliata con pochissime ore di sonno in corpo.

Avevo a malapena sentito la sveglia e mi ero alzata dal letto con la lentezza di una tartaruga e con la flemma di uno zombie stanco mi ero diretta al bagno per lanciarmi dell'acqua gelata in viso.

Non mi ero neanche preoccupata di vedere se Samuel fosse uscito o meno, ero rimasta fissa a guardare le mie spaventose occhiaie allo specchio e i miei occhi lucidi dalla stanchezza, inoltre avevo appiccicato addosso quel mal di testa da "ho dormito male" che ti porti dietro tutta la giornata ed è resistente a qualsiasi tipo di antidolorifico e sensibile ad ogni tipo di luce.
Dopo essermi data una veloce sistemata ai capelli ed essermi infilata i primi pantaloni larghi beige che mi erano capitati davanti ed una canottierina bianca con le frange mi ero diretta in cucina per bere almeno dell'acqua. 
A quel punto avevo guardato di sfuggita il calendario e mi era venuto quasi spontaneo sorridere.
Precedentemente mi ero premurata di disegnare un piccolo quadrifoglio su ogni giorno in cui sarebbe passata Odette in negozio quindi ero sicura che quella mattina l'avrei vista.
Una volta processata l'informazione qualche energia, arrivata da luoghi sconosciuti, mi si era impiantata nel corpo.
Mancavano circa quaranta minuti all'apertura del negozio e Samuel evidentemente non era in casa, però quantomeno si era impegnato a riordinare il divano e le cose che erano rimaste in giro, non aveva neanche messo la musica a tutto volume per prepararsi come aveva sempre fatto da quando era lì, qualsiasi cosa fosse successa il giorno prima l'aveva turbato o si era deciso a darsi una regolata.
Mi affrettai a finire gli ultimi preparativi per poi mettermi gli anfibi marroncini e prendere la borsa per uscire di casa.
Avvicinandomi però al solito posto dove la tenevo non la trovai e, dopo una breve analisi, mi tornò in mente l'avvenuto ed un piccolo sorriso si fece nuovamente strada sul mio volto.

Mi portai una mano sul viso rimproverandomi da sola.
Renée che sorride come una scema per un singolo sfioramento casuale con il ragazzetto scorbutico.
Ridicolo.

Dopo essermi insultata per bene chiusi casa e scesi le scale per avviarmi.
Feci un breve elenco nella mia testa delle cose che dovevo fare quel giorno:
- incontrare Odette per dirle nuovamente che sarebbe tornata a casa con le manine vuote
- andare alla panchina per incontrare...forse Noel
- parlare con Samuel, assolutamente
e poi la sera ci sarebbe stata la solita noiosa uscita al bar che frequenta Antoine e sicuramente noi ci saremmo dovute essere.
Maledissi Cécile perché mi sembrava di avere abbastanza cose da fare quel giorno ed andare lì per dover consolare la mia amica poiché il bulletto belloccio non le avrebbe rivolto la parola mi scocciava alquanto.
Poi il secondo punto era sicuro, no?
Altrimenti mi avrebbe semplicemente risposto che non aveva voglia di perder tempo con me.

Nel tragitto avevo continuato a pensare e ripensare a cosa chiedergli quando ci saremo visti, avevo capito che le cosiddette "domande di circostanza" a lui non piacevano quindi dovevo trovare delle domande mirate.
Cosa si chiede a qualcuno che conosci appena? O, che a dir la verità, proprio non conosci.
Alla fine ci eravamo scambiati molte poche parole e quasi tutte erano mie o suoi rimproveri.
In ogni caso nel tempo qualcosa avrei trovato, magari gli avrei potuto raccontare la storia del quadrifoglio e della bambina dai capelli nocciola, prima o poi avrei dovuto scriverci un libro, pensata in questo modo sembra proprio una di quelle storie motivazionali che ti raccontano come se fossero leggende lontane.

Dolce MieleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora