painful silence

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                                                                                         The summer's wild and I've
                                                                                     been waiting for you all this time
                                                                                     I adore you, can't you see you're
                                                                                                    meant for me?
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San Paolo, Brasile. La penultima gara del campionato, una gara decisiva, può determinare la tua vittoria o la tua sconfitta. Quindici curve ad alta velocità, le più famose sono la S do Senna, cioè la prima e seconda curva e la Curva do Sol. Il rettilineo principale si può raggiungere a velocità come 335/340 km/h, ecco cos'è il circuito di Interlagos.

La fortuna non è mai stata a mio favore e oggi ne ho avuto l'ennesima prova, alle qualifiche mi ero classificato quarto ma ho ricevuto una penalità di dieci posti in griglia per aver cambiato una parte del motore per via di un incidente. Durante il sessantasettesimo giro ero terzo dopo aver superato Seb, avevo rimontato di undici posizioni e mi ero stupidamente illuso che per una volta la fortuna fosse dalla mia parte ma ovviamente no, io e Vettel abbiamo avuto un contatto, da terzo e quarto posto siamo finiti diciassettesimo e diciottesimo, sono stato costretto al ritiro immediato e per l'ennesima volta la fortuna mi ha illuso e poi mi ha abbandonato.

A Max è andata diversamente, si è qualificato primo ed è arrivato primo, ha avuto alcuni problemi dopo il pit stop ma ha rimontato subito. Durante il podio si poteva notare benissimo la felicità nei suoi occhi e la soddisfazione in quelli del padre.
Sainz è riuscito a ottenere il primo podio della sua carriera arrivando terzo e Pierre secondo.

Guardo il francese per svariati secondi e le sue parole rimbombano nelle mie orecchie come un eco doloroso e straziante. Il suo rimprovero mi tiene sveglio la notte da giorni, ormai è un pensiero fisso, ma ogni volta che penso alla nostra lite penso a lui.

Ha la tuta legata i n vita, la maglietta ormai trasparente e più aderente del normale per via dello champagne, il suo addome è scolpito, è bello come una statua greca. A quell'immagine i miei pensieri diventano poco casti.
La tuta inizia a starmi stretta sul cavallo e in pochi minuti mi ritrovo nella mia driver room con un evidente problema da risolvere.

La sua immagine continua a proiettarsi nella mia mente, sento il suo corpo sul mio, la sua mano che mi tocca con dimestichezza e le sue labbra sulle mie che si toccano in un modo tutt'altro che puro. Per via di quei pensieri mi riverso nella mia mano in meno di cinque minuti.

Dei gemiti flebili escono dalla mia bocca e si mescolano con un lieve rumore derivato da una mano che colpisce delicatamente la porta. Quel sono mi risveglia la mia stato di trance, le mie condizioni sono pessime. Il respiro affannato, le guance arrossate e una macchia tutt'altro che discreta sulla mia tuta mi fa realizzare che sono nella merda.

<Leclerc posso entrare?> La sua voce giunge alle mie orecchie ovattata e mi domando se non sia la mia mente a giocarmi un brutto scherzo, non faccio in tempo a darmi una risposta che la sua figura entra nel mio campo visivo.

L'Olandese si avvicina con passo deciso piazzandosi di fronte a me, mi guarda dall'alto in basso diverse volte e finalmente parla. <Che cazzo ti è successo?>  "Secondo te cosa mi è successo?" la voglia di dirgli la verità o di fargliela intendere è alta ma dalle mie labbra non esce nulla, solo un'imbarazzante silenzio che riempie la stanza.
Max si avvicina ulteriormente quando la mia risposta non arriva e il battito del mio cuore aumenta a ogni suoi passo.

Vorrei scappare, andare lontano e scomparire per un lungo lasso di tempo ma quando i suoi occhi incontrano i miei tutto sparisce, anche se per un millesimo di secondo, i suoi occhi mi attraggono a lui come magneti. Le mie gambe tremano, sono molli come gelatina, la colpa di tutto questo è lui. La voglia di fuggire è sempre di più e così faccio, se prima erano i suoi occhi ad attirarmi adesso è la porta, mi giro a testa bassa ma qualcosa mi ferma, sono le sue mani sui miei fianchi.

<Charles, cos'è successo?> La sua voce è bassa ma carica di un'intensità che mi fa rabbrividire. Vorrei rispondergli, vorrei dirgli tutto quello che mi passa per la testa e non mi fa dormire la notte, ma le parole si perdono nel vuoto della mia mente.

Le sue mani sono posate tutt'altro che delicatamente sul mio bacino, quelle dita che tanto ho sognato sul mio corpo ora sono toccano miei fianchi con fermezza e li stingono dolorosamente e so perfettamente di non poter più fuggire. Sono in gabbia, i miei occhi sono fissi sul pavimento mentre i suoi sulla mia testa china, bruciano sulla mia pelle come fuoco.

Il silenzio pesa come un macigno nella stanza, mentre il mio sguardo si perde nel vuoto, intrappolato tra il desiderio di fuggire e l'attrazione magnetica che mi tiene incollato al posto. Le sue mani sui miei fianchi sono come catene che mi tengono legato al suo sguardo penetrante, un richiamo oscuro che mi avvolge e mi soffoca.

Scuoto la testa in segno di no, apro leggermente la bocca per parlare ma le parole sembrano scivolare via dalle mie labbra come foglie portate via dal vento, prive di significato.
Mi sento vulnerabile, esposto, come un animale ferito che tenta invano di nascondersi.

<Cazzo Leclerc vuoi parlare?> Insiste, i suoi occhi colmi di un sentimento a lui tutt'altro che estraneo penetrano nel profondo della mia anima, strappando via ogni difesa, la sua voce si fa più dura e la mia celle invisibile si fa più piccola.

Cosa mi succede Max? mi succede che ogni volta che ti vedo qualcosa dentro di me scatta, mi sento dipendente dal tuo tocco, ormai non ne posso fare a meno, se sono in queste condizioni terribili è solo colpa tua, è colpa tua perché mi hai fatto eccitare e ora mi sento terribilmente in colpa. Ti sogno ogni notte e non mi permetti mai di dormire, sei costantemente nei miei pensieri, sei entrato nella mia mente con prepotenza e non vai più via, sei come un parassita, una droga, ecco cosa mi succede.

Queste parole si proiettano nella mia testa ma rimangono incatenate nella mia gola, le labbra restano sigliate facendo rimanere tutto all'interno, tutto imprigionato.

La sua presa si fa più ferrea e io mi sento sempre più impotente, sono una pecora che guarda indifesa il lupo inconsapevole di quello che succederà nel futuro. Il suo sguardo intenso sembra voler leggermi l'anima e chissà forse ci riesce pure. Io resto immobile, intrappolato dai suoi occhi e dalle sue mani sul mio corpo.

Le sue parole risuonano nella mia mente come un eco constante, mentre cerco disperatamente una risposta che possa placare il suo stato d'animo e che non sia troppo imbarazzante per me. Ma la risposta è come gocce di pioggia su una roccia, incapaci di penetrare il muro di silenzio che ho eretto.

La sua presenza è oppressiva ma in qualche modo anche confortante, sapere che lui è con me mi fa stare bene. È un sentimento contorto, contrastante ma piacevole.
Ogni cellula del mio corpo n'è consapevole e probabilmente le mie gambe mi proibiscono di andarmene per questo.

Poi, improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, le sue mani abbandonano il mio corpo e il suo sguardo si ammorbidisce leggermente. È come se qualcosa si spezzasse dentro di me, una catena invisibile che si spezza, lasciandomi libero di respirare di nuovo.

<Charles, posso sapere perché sei in queste condizioni pietose? Ti prego.> Le sue parole questa volta sono più dolci, meno cariche di rabbia e di sfida. La sua voce mi fa breccia nel cuore, il suo tono di voce sempre freddo è cambiato, è cambiato per me e questo mi porta a pallare, mi convince che quello che ho fatto forse non è sbagliato.

See you through the helmet Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora