crawling back to you

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La certezza che Charles se ne andasse dopo le parole crudeli che gli ho rivolto era molta, ma a quanto pare mi sbagliavo. Potevo vedere la speranza nei suoi occhi lentamente svanire, probabilmente sperava di sentire delle scuse o solo la mia voce, ma alzandomi, anche se contro voglia, annullai completamente quel piccolo desiderio.

I suoi occhi sempre accesi e pieni di gioia ora sono spenti e vuoti, la consapevolezza che la colpa di quel cambiamento è solo mia mi assale e mi fa sentire una morsa alla gola. Le lacrime salate gli bagnano il viso delicato e privo di imperfezioni che ogni notte vedo nei miei sogni.

Apro lo sportello della macchina con rabbia, ma quel sentimento che tanto mi caratterizza non è rivolto a Charles, che in quel momento respirava a mala pena, ma a me stesso, visto che l'ho sto lasciando da solo ad affrontare i problemi che io gli ho causato.

Le strade di Abu Dhabi sono da sempre caratterizzate da luci colorate che di solito mi portano gioia, ma non in quel momento. Tutto va a rallentatore; mi sembra che sia passata un eternità da quando l'ho lasciato da solo con i suoi pensieri, ma in realtà è successo solo due ore fa.

But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn't I, my dear?
Didn't I, my dear?

La canzone che era partita alla radio, mi fa tornare in mente Daniel che mi associa sempre al "little lion" di cui parla il testo, ma i miei pensieri tornano nuovamente alla scena di due ore fa.

Non so se per il rimorso o per la speranza di poterlo rivedere, ma il cuore mi riporta a quella panchina, che mi ricorda solo quanto stronzo io sia stato con lui. Appena noto una figura seduta apro rapidamente lo sportello, sperando di aver fortuna e di ritrovarlo lì. Non faccio in tempo a fare pochi metri che mi accordo che non si tratta di Charles, ma di una persona che conosco fin troppo bene: Pierre.

Mi volto nuovamente verso la mia vettura cercando di fare meno rumore possibile per via del silenzio, quando mi trovo a pochi passi dalla mia mia macchina, una voce colma di rabbia risuona nel buio che ci circonda. <Verstappen,> Mi giro lentamente verso di lui, consapevole che Charles gli ha raccontato tutto. <possiamo parlare un attimo?.> So perfettamente che la sua non era una domanda ma una pretesa , per questo annuisco ma rimango fermo sul posto, Pierre nota che non mi muovo e sospira con fare annoiato, mentre mi si avvicina con passo svelto.

<Charles è sparito dalla festa di punto in bianco, quando sono uscito per cercarlo, l'ho trovato che piangeva sulla panchina su cui ero seduto. Dopo quasi un'ora di totale silenzio, con molta difficoltà mi ha detto che al mio posto prima c'eri seduto tu.> Mi fissa attentamente negli occhi e riprende fiato, come se stesse per dire qualcosa che gli duole molto, prima che possa rincominciare a parlare gli chiedo con strafottenza, <Eh, quindi?> in realtà quello che volevo veramente domandargli erano le sue condizioni. <Quindi?!> Il suo tono della voce si alza, <Sei serio, Max? Vedi, Charles mi ha detto anche un'altra cosa.> ogni secondo che passa la rabbia nei suoi occhi aumentava, un po' come la mia. <Ti ha raccontato parola per parola?> Il francese annuisce e poi rincomincia a parlare: <Si, ma so anche di quella notte in camera tua con lui.> Riesco a notare la sfacciataggine nei suoi occhi, la sua espressione mi porta a spingerlo violentemente. <Vaffanculo Gasly!> Urlo e mi volto nuovamente verso la mia macchina, questa volta entrandoci fregandomene completamente di lui.

La rabbia e la disperazione mi conducono al hotel di Daniel, l'unico in quel tipo di momento che è capace di tranquillizzarmi. Appena entro nella sala principale, il mio sguardo si posa sulla schiena di una persona che non pensavo di vedere. Chinato sul bancone c'è il monegasco, fissa il bicchiere di vetro davanti a lui mentre la barista lo riempie con un liquido color ambra. Le mie gambe si muovono inconsciamente verso di lui, lo sguardo malizioso che la ragazza dietro al bancone gli rivolge mi fa velocizzare il passo. Come fa ad attirare l'attenzione femminile nonostante lo stato pietoso in cui si trova? Questo è l'unico pensiero sensato che riesco a formulare.

Mi siedo accanto a lui, appena nota la mia presenza mi guarda, i suoi occhi sono rossi e lucidi per via del pianto ed è come se mi stesse chiedendo "cosa ci fai qui?". Il suo sguardo triste è come una pugnalata dritta nel cuore, <Ero qui per Daniel, poi ti ho visto, quindi eccomi qua.> rispondo alla sua domanda non verbale e poi continuo a parlare. <Tu invece?> Ma prima che potesse rispondermi, la ragazza di prima ci si avvicina. <Vuole qualcosa da bere?> Rimango fermo per un paio di secondi ma poi accetto. <Un Vodka Red Bull grazie e per favore un bicchiere d'acqua per lui.> La barista annuisce e nel mentre prendo il bicchiere di Charles che la ragazza aveva riempito poco fa, in modo da impedirgli di assumere altro alcol.

Il pilota Ferrari mi guarda male ma non dice nulla e appoggia nuovamente la testa sul ripiano in marmo. Poco dopo la barwoman torna con il mio ordine e sorride in modo provocante al monegasco, ma lui la ignora completamente e mi fissa come se stesse per farmi la domanda del secolo. <Perché Daniel?> <Non cambiare discorso e rispondi prima alla mia domanda> Charles mi guarda con aria rassegnata e poi mi risponde. <Perché ci alloggio.> Guarda il mio drink e poi rincomincia a parlare. <Perché Daniel?> Ripete la domanda, lo guardo con aria perplessa non capendo il senso di quelle parole. <In che senso "perché Daniel?"> Lui alza gli occhi al cielo e si spiega meglio: <Perché dovevi andare da Daniel?> dubitante gli rispondo: <Perché mi trovavo qua vicino e lo volevo salutare> Le probabilità che Pierre non gli avesse già raccontato tutto sono pari a zero. Il Ferrarista prende il telefono e controlla l'orario e quasi scoppia a ridere per via della cazzata che gli ho detto. <Alla tre e mezza di notte?> Mentre cerco di inventarmi una scusa un uomo delle resection si avvicina e ci avvisa che il bar sta per chiudere, appena mi giro per ringraziarlo dell'informazione noto che Charles si approfitta della mia distrazione, e prende il mio e il suo drink.

Finisce di scolarsi il suo bicchiere e prende un sorso dal mio Vodka Red Bull, appena ingoia il liquido fa un verso di disprezzo e mi guarda storto. <Come fai a bere questa roba?> Rido leggermente per via della sua faccia. Mi alzo e gli afferro saldamente il polso per riportarlo in camera sua. <Max, mollami subito.> Ignoro le sue proteste e lo trascino verso l'ascensore, gli tasto le tasche dei pantaloni per trovare la chiave, con la consapevolezza che lui non mi dirà mai quale sia la sua camera, il monegasco sussulta leggermente al mio contatto con il suo corpo. Quando trovo l'oggetto che serve, Charles mugugna come per lamentarsi del distacco.

Appoggio la tessera sulla porta magnetica e si apre con un click rumoroso. La stretta sul suo polso rimane salda e non accenno a lasciarlo neanche quando si siede sul letto. Si gira a guardare l'esterno come a evitare il mio sguardo, rido per via del gesto infantile. Gli sfilo lentamente la maglietta, appena ne è privo noto delle cicatrici su tutta la schiena e sulle spalle, nonostante le domande che mi sorgono non parlo.

Apro l'armadio per prendergli un cambio in modo che stia più comodo, ma appena prendo una maglietta, sento le sue braccia che avvolgono il mio basso ventre e le sue morbide labbra sul mio collo. La sua mano scende lentamente verso il cavallo dei miei pantaloni, mi immobilizzo sul posto per via dello stupore, rimaniamo fermi così per svariati minuti mentre mi bacia dolcemente la pelle scoperta.

<Charles, no...fermo> Prendo la sua mano nella mia e la sposto delicatamente, lui si stacca sentendosi respinto e torna seduto sul bordo del letto. Nei suoi occhi posso leggere il rifiuto, rivedo nel suo sguardo le stesse emozioni di tre ore fa. Lo spoglio completamente e vedo altre cicatrici, alcune sono lunghe come se provenissero da una lama, le altre invece sono tonde, come delle bruciature. Ognuna è di un colore diverso, ma tutte variano sui diversi toni del rosso e del bianco.

Lo aiuto a rivestirsi, lo faccio sdraiare delicatamente sul letto come si farebbe con un bambino, perché infondo in queste condizioni un po' infantile lo è. Gli bacio dolcemente la fronte e sorride a quel contatto. Lo guardo per l'ultima volta e poi mi avvicino alla porta, ma la sua mano che afferra la mia mi ferma. <Non andare...ti prego> Le sue parole sono un sussurro a malapena udibile, ma la speranza e il bisogno di non rimanere da solo si fa sentire.

Mi sfilo la giacca e tolgo le scarpe, il letto si abbassa leggermente quando mi stendo. Gli cingo la vita con il braccio, il suo corpo è premuto contro il mio. Un calore confortante ci avvolge e ci fa rilassare. Charles si addormenta quasi subito, io rimango a fissarlo per svariate ore, il suo viso è quasi angelico. L'addome si abbassa e alza leggermente mentre tutto il resto del corpo è immobile. Vederlo così rilassato mi trasmette un senso di tranquillità che mi porta a concedermi alla braccia di Morfeo.

See you through the helmet Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora