Rossana's pov
«amo, oggi mi accompagnerai in tribunale.» dico a Martina facendo irruzione nel salotto del nostro attico a Napoli.
Siamo tornate perché avevo dei lavori da sbrigare e abbiamo approfittato delle due settimane di pausa tra una gara e l'altra.
«e perché?» mi chiede mentre lavora al prossimo articolo per Sky sport che farà uscire.
«ho un caso importantissimo. Oggi ci sarà la sentenza finale. La mia assistita è stata stuprata da un uomo, che è difeso da un ottimo avvocato, e in più il giudice è maschilista e sessista. Ripudia le donne, soprattutto se sono in carriera e non stanno a casa a pulire, cucinare e a badare ai figli.
Devo vincerlo questo processo e ho bisogno di un viso amico li dentro.»
«va bene, a che ora dobbiamo andare?»
«io devo stare lì tra due ore.»
Annuisce e si alza dal divano
«vado a fare la doccia allora.» dice e lo stesso vado a fare io.
Una volta essermi lavata tiro fuori dalla mia cabina armadio un tailleur elegante e sobrio nero con il pantalone largo, un corsetto sempre nero di pizzo e la giacca con delle piume che contornano le maniche, indosso ovviamente le mie amatissime Louboutin nere, una collana d'oro sottile ed elegante , orecchini e acconcio i capelli in uno chignon tirato, trucco leggero, spruzzo un po' di good girl di Carolina Herrera e sono pronta.
«sei pront-» dico entrando in camera di Martina ma la trovo a parlare al telefono.
«ho detto che non ne voglio sapere più niente di te, mi sono rimessa in piedi e sto vivendo la mia vita, non mi importa più di te!» e attacca
«con chi parlavi?» le chiedo ma in fondo già so la risposta.
Max..
«con Max, comunque sono pronta. possiamo andare»
Indossa un jeans largo e un blazer nero con sotto un top bianco.
Saliamo nella mia Porsche 911 turbo s nera e partiamo.
Una volta arrivate in tribunale l'aria che si respira è molto pesante, di solito amo questo posto ma oggi mi sento oppressa, chiusa in una bolla di vetro.
«ehi, ti senti bene? Non hai una bella cera»
«s-si sto bene, è solo che devo vincere questo processo a tutti i costi per lei.»
La mia migliore amica annuisce e ci dirigiamo nel mio spogliatoio dove comincio ad indossare la mia toga.
«wow, che avvocatessa» dice facendomi fare un giro su me stessa.
«non avevo mai visto una toga da vicino, sono stupita. Ti sta molto bene, ti si addice.»
«Grazie»
D'un tratto bussano alla porta
«avvocato, è permesso?» è Frank, il custode.
«certo, entri pure Frank» dico.
È un uomo sulla sessantina, con i capelli bianchi e a vecchio stampo.
«volevo solo dirle che la sua assistita è appena arrivata assieme alla sua famiglia, l'aspettano.»
Faccio un respiro profondo
«stia tranquilla, lei è un avvocato fenomenale e si ricordi sempre che io sono dalla sua parte, qualsiasi sia la sentenza finale.»
«la ringrazio»
Lui prima di uscire mi bacia la mano, come al solito.
«Monica - dico porgendo la mano alla madre della mia assistita - Alberto - faccio lo stesso con il padre - e...Isabelle...»
«avvocato, è un piacere vederla.» mi dicono
«anche per me, vado a sistemare delle cose e poi ci vediamo in aula tra qualche minuto » mi congedo e ritorno nel mio spogliatoio, mi siedo sulla panchina e faccio dei respiri profondi.
«ti va di raccontarmi di Isabelle?» mi chiede Martina sedendosi accanto a me
«è una ragazzina di 14 anni, frequenta il liceo classico, è una ragazza semplice, gentile, genuina. 9 mesi fa, mentre tornava a casa in pullman da un turno scolastico finito alle 18:30, era inverno, quindi a quell'ora già era buio, un signore cominciò a fissarla e quando lei scese alla sua fermata, lui fece la stessa cosa, l'acchiappo e la portò in un vicolo senza luci e persone e la violentò e picchiò a sangue, sfogando tutta la sua cattiveria e frustrazione su di lei.
Dopo la lasciò lì completamente nuda e insanguinata , e i genitori, una volta fatta notte inoltrata, vedendo che la figlia non tornava a casa, ne rispondeva alle chiamate e ai messaggi decisero di andare alla polizia e di rintracciare il telefono di Isabelle, e solo così la trovarono.»
Martina trasalisce ma è tempo di entrare in aula.
Mi dirigo al banco accanto alla mia assistita e l'udienza inizia.
«In piedi » comincia il giudice e tutti i presenti in aula si alzano.
Mi giro in dietro e cerco la mia migliore amica tra le persone, la scovo e lei mi sorride e mi mima con le labbra " andrà tutto bene"
Lo spero.
«invitiamo la parte lesa a testimoniare.»
«sei pronta?» chiedo sottovoce ad Isabelle e lei annuisce
«non dire nient'altro che la verità, ok?» lei si alza e va a sedersi al banco dei testimoni.
«giura di dire la verità, nient'altro che la verità?» le chiede il giudice
«lo giuro.»
«può raccontarci la dinamica dell'accaduto, signorina De Rosa?» mi alzo e comincio ad interrogarla.
« era il 17 gennaio ed erano le 18:30 di sera, io stavo tornando a casa da scuola, avevo fatto un progetto extracurricolare, mi diressi a prendere l'autobus, come ogni giorno, mi sedetti e dopo un po' notai un signore che mi fissava molto intensamente, mi mise ansia.
Arrivò la mia fermata, scesi e mi incamminai dato che il tratto a piedi che dovevo fare per arrivare a casa era di circa dieci minuti, avvisai mia madre dicendole che sarei rientrata dopo pochi minuti in modo tale che lei mettesse su la cena.
D'un tratto una follata di vento mi scompigliò i capelli e così accesi la fotocamera interna del mio cellulare per sistemarmi quando mi accorsi che lo stesso uomo dell'autobus mi stava seguendo.
Così aumentai il passo, e lo stesso fece lui, fin quando non mi raggiunse.
Mi acchiappò e mi bloccò con le braccia al muro, io gridavo aiuto ma nessuno mi sentiva, dato che abito in un paesino abbastanza remoto.
Mi aprì la bocca e ci infilò dentro una pasticca che si sciolse dopo pochi secondi.
Cominciai a vedere sfocato, la mia mente era annebbiata, mi sentii trascinare via e poi mi ritrovai in un vicolo scuro e freddo, stesa atterra, completamente nuda e sotto di lui.
Mi teneva la braccia e le gambe immobilizzate, la mia bocca voleva urlare ma non usciva voce, credo fosse uno degli effetti della droga che mi aveva fatto inghiottire.
Provai a porre resistenza, ma inutile dire che non ci riuscì.
Mi svegliai confusa qualche ora dopo, con una coperta addosso, ancora nuda e stesa atterra, con i miei genitori e i poliziotti che mi riempivano di domande.»
«obiezione, signor giudice. Potrebbe aver imaginato tutto questo.» dice l'avvocato della conto parte
«come spiega che la mia cliente era nuda, sporca, dolorante e drogata?» gli chiedo
«non so, per quanto ne so potrebbe avere un disturbo bipolare.»
«avvocato quindi lei sta sostenendo che la signorina qui presente sia bipolare e che si sia provocata delle lesioni da sola?» gli chiede il giudice facendo il finto paladino della giustizia.
«sissignore »
«ha qualche prova qui con lei?»
«nossignore, ma lo affermo poiché il mio cliente quella sera era impegnato con suo figlio, che qui e potrebbe testimoniare.»
Che stronzo.
Isabelle mi guarda impaurita , le faccio cenno che va tutto bene e viene a sedersi nella sua posizione.
«lei è?» chiede il giudice al ragazzo che si è appena seduto al baco dei testimoni.
«s-sono Francesco Romano, figlio di Leonardo Romano.»
«è qui a testimoniare a favore di suo padre?» gli chiede il giudice e il ragazzo annuisce
«giura di dire la verità, nient'altro che la verità?»
«L-l'ho g-giuro.»
«signorino Romano può confermare che la sera del 17 gennaio suo padre era a casa con lei?»
Gli chiede l'avvocato di suo padre.
«s-si, stavamo facendo dei giochi da tavolo, io, lui e mia madre.»
«obiezione signor giudice, la moglie del signor Romano, la signora Esposito , ad oggi vive con il suo nuovo compagno in Spagna, dopo la separazione con il signor Romano. » dico
«è sicuro di star affermando la verità ragazzo? - gli chiedo e lui annuisce un po' titubante - perché dal profilo social di sua madre mi risulta che ieri sera alle 17:53 era in spiaggia con le sue amiche e alle 21:35 si trovava in una delle discoteche di Ibiza.» dico passando le prove prima al giudice che all'avvocato di controparte.
«signor giudice credo che il signorino Romano stia affermando falsa testimonianza.»
«obiezione signor giudice, non ha finito di parlare.» dice accanito e arrabbiato l'avvocato .
«non c'è più nulla da aggiungere, il ragazzo non sta dicendo la verità. Sospendiamo l'udienza. Un ora di pausa.» ammette rammaricato il giudice non potendo più negare l'evidenza.Durante questa pausa c'è chi va a pranzo ma io decido di andare nella biblioteca del tribunale.
Entro e mi perdo tra gli scaffali alti almeno quattro metri, tra codici penali, norme giuridiche, principi fondamentali, rapporti civili, etico-sociali, economici e politici.
Prendo il manuale di procedura penale, mi siedo a terra e comincio a sfogliarle le pagine usurate, l'avrò letto almeno dieci volte.
«Che ci fai qui?» mi chiede Marti sedendosi a terra accanto a me.
Faccio spallucce
«come mi hai trovata?»
«non è difficile.»
«ti va di parlare?» mi chiede
«il futuro di Isabelle e di quel bastardo di Romano è chiuso nelle mie mani. Lei deve ottenere giustizia, e non sarà facile. Ma ho ancora una carta da giocare per provare la colpevolezza di Romano.»
«vincerai.»
«ne sei così sicura? » dico facendo una risata rassegnata
«sei una bravissima avvocatessa, quella ragazza ha fatto bene a sceglierti. Per non parlare del fatto che in aula li hai asfaltati tutti.»
Mi abbraccia e una volta finita la pausa torniamo in aula.
«quindi signor giudice, voglio concludere qui questo lungo e interminabile processo dicendo che non ci sono prove della violenza subita dalla signorina De Rosa.
Non ci sono referti medici, quindi ciò significa che non si è recata in ospedale.
Aggiungerei perché è mentalmente inferma e si è procurata tutti i mali da sola e hanno voluto incastrare il mio cliente solo per ottenere un risarcimento.» dice l'avvocato di Romano
«obiezione signor giudice.» dico
«obiezione accolta»
«la mia assistita quella sera si è recata in ospedale, e ci sono anche referti medici che lo potrebbero confermare, se solo non fossero spariti. So per certo, avvocato Russo, che lei e il suo cliente avete cancellato tutte le prove che confermavano che lo stupro è realmente avvenuto.» dico
«obiezione signor giudice, l'avvocatessa vuole solo denigrarmi.»
«obiezione accolta. Dichiaro questo processo archiviato per mancanza di prove.» dice il giudice colpendo con il martello e alzandosi dalla postazione.
«non ho finito, si sieda signor Giudice.» dico
«è vero tutte le prove sono svanite, ma non del tutto. - dico facendo un sorriso verso l'avvocato di controparte - una dottoressa, quella sera ha deciso di fare una copia del fascicolo.
Mi giro verso la folla e faccio un cenno alla dottoressa Riccio di avanzare e testimoniare.
Prendo i fascicoli mendici e li consegno al giudice.
La dottoressa si siede al banco dei testimoni
«lei è ?» le chiede il giudice guardandola di sottecchi
«sono la dottoressa Adriana Riccio, lavoro plesso il policlinico. Sono specializzata il ginecologia e ostetricia.»
«giura di dire la verità, nient'altro che la verità?»
«lo giuro.»
«dottoressa, può confermare che la sera del 17 gennaio all'incirca verso le ore 23 al pronto soccorso è arrivata una ragazza, 14 anni, non molteplici ferite da aggressione, disorientata, e riportava danni da stupro?» le chiedo
«confermo»
«signori della giuria, troverete tutto in questi fascicoli. Quella sera sono stati eseguiti dei test sulla signorina De Rosa, sono state trovate tracce del DNA del signor Romano sul corpo della mia assistita, quindi non solo è stato confermato lo stupro, ma nel suo organismo sono state anche trovate tracce di GHB, o meglio conosciuta come "droga dello stupro" che rende la vittima priva di sensi.
Quindi signor giudice chiedo di concludere questo lungo e interminabile processo - utilizzo le stesse parole di Russo - con la sentenza definitiva di condanna verso il Signor Romano con l'articolo 609-ter.» concludoIl giudice ormai rassegnato a non poter più negare la verità dichiara colpevole Romano e condannandolo a 12 anni di prigione, senza possibilità di replica.
«avvocato la ringraziamo per tutto quello che ha fatto per noi.» mi viene incontro abbracciandomi la signora Monica, e lo stesso fanno suo marito e sua figlia.
«è stato un piacere.»
«Rossana, posso parlarti un attimo in privato?» mi chiede Isabelle, annuisco ed entriamo nel mio spogliatoio.
Mi tolgo la toga mentre lei si siede sulla panchina.
«allora, dimmi tutto.»
Non dice niente ma corre ad abbracciarmi e scoppia a piangere.
«Grazie, grazie, grazie. Oggi per la prima volta dopo mesi non mi sono sentita sbagliata e in colpa, e solo grazie a te.»
«ehi, tu non sei sbagliata. Non è stata colpa tua quello che è successo, e mai più dovrai crederlo.
È stata solo colpa sua - dico riferendomi a Romano - e ora andrà in prigione e ti prometto che se riapriranno il caso io lo sbatterò di nuovo dentro.»
«ti voglio bene, Rossana»
«anche io ti voglio bene, Isabelle.»
«posso darti un consiglio?»
Annuisce
«accetta l'aiuto della psicologa, ti aiuterà ad uscire dal trauma in meno tempo. » le dico facendo riferimento a quando i genitori mi chiedere di convincerla ad andare in terapia.
«starò meglio?»
«starai meglio.» dico con le lacrime agli occhi.
Lei mi sorride e lascia la stanza.
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Illusion
FanfictionMartina e Rossana sono due migliori amiche che hanno in comune la passione per i motori. Hanno appena terminato l'ultimo anno di università. E vivono la loro vita, a Napoli, normalmente fin quando Martina non riceve un proposta di lavoro in formula...