3.🌷Seme di cristallo

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Non pensavo che morire sarebbe stato così pieno di luce.

Quando ero piccolo, durante la guerra, abbiamo avuto a che fare spesso con morte e distruzione, ma ciò che seguiva sempre alla luce accecante dei bombardamenti era il buio.
Buio totale, quando gli attacchi avvenivano dopo il tramonto, perché l'erogazione di elettricità veniva interrotta (a volte anche per giorni e giorni); buio parziale, quando correvamo muniti di torce nei rifugi sotterranei per scappare dal fuoco nemico (isolati così a lungo da non saper più se fuori fosse l'alba o il tramonto); e buio permanente, quando chiudevano gli occhi alle vittime straziate dalle bombe, sorprese mentre magari cercavano di fuggire e di lasciarsi l'orrore alle spalle; oppure, come la mia adorata mamma, mentre stava facendo il suo lavoro.

Curava i feriti in un ospedale da campo, costruito con urgenza per sopperire a quello bombardato volutamente dall'esercito nemico.

Mia madre era un medico, oltre che una persona splendida. E nello specifico, era una chirurga di grande precisione e talento, stimata a livello nazionale. Ciò mi ha portato a crescere inevitabilmente nel solco della sua carriera. L'idea di poter fare un giorno quello che vedevo fare a mia madre con tanta ammirazione, ovvero aiutare le persone, farle star meglio, alleviare le loro sofferenze ammetto che mi aveva conquistato all'inizio. Col tempo però ho capito di aver romanticizzato quella professione, che sarebbe stata ben più cruda e molto meno gratificante di ciò che pensavo; che sarebbe diventato difficile curare direttamente i pazienti, per via dell'uso sempre più dilagante di robot in grado di effettuare operazioni delicate.
Piano piano, quindi, il sogno di vedermi medico è diventato sempre meno mio e sempre più di mio padre.

Mi sono chiesto spesso quale fosse stata l'ultima cosa che mamma aveva visto prima di morire, o a chi fosse rivolto il suo ultimo pensiero, se sapesse che la fine era vicina o se fosse concentrata su un suo paziente. Soffermarmi a riflettere su cosa avesse provato e se avesse sofferto è lacerante ogni volta e l'unica mia misera consolazione è credere che sia stato per lei come un interruttore che si spegne all'improvviso: senza dolore, dalla luce al buio, una frazione di secondo e tutto sparisce.

Ma se ora attorno a me c'è solo luce e silenzio, o mi sono sbagliato o non sono morto.

Ho gli occhi aperti. So di averli aperti. Quantomeno socchiusi. Solo che è come non avere più la vista. Non ci sono oggetti o punti di riferimento, se mi guardo attorno.

L'unica cosa che sento è il suolo sotto di me. Devo aver perso coscienza, quando l'onda d'urto del meteorite mi ha investito e sbattuto con la schiena contro il muretto di recinzione del giardino posteriore di casa. A quel punto sono caduto a pancia in giù e se sono vivo, mi trovo ancora riverso sulla ghiaia, perché sento pungere la guancia destra, a causa dei sassolini. Inoltre, comincio ad avvertire il corpo dolorante, ora che riprendo i sensi.

Sì. Devo essere per forza ancora vivo.

Solo che non ho la certezza di essere tutto intero. Potrei essere rimasto cieco, forse non paralizzato, ma muovermi in questo momento sembra un'impresa titanica.

La Ragazza delle Peonie (Cha Eunwoo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora