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#capitolo8#

Mi sposto sul sedile per avvicinarmi a lui.
Ha ancora lo sguardo perso nel vuoto, così prendo il suo viso tra le mani e lo guardo negli occhi. Quei maledetti occhi profondi. Scuri come la notte.
Quelli che mi hanno inchiodata dal primo istante in cui si sono posati su di me.
Questi occhi che continuano a catturarmi in ogni istante,
Sono così tristi che fa male guardarli.
"Non è colpa tua, Jacob." lo rassicuro, stringendolo forte in un abbraccio.
Voglio che percepisca tutto il mio conforto, voglio che senta che in questo momento non è solo.
Voglio fare tutto quello che avrei voluto gli altri avessero fatto con me. Voglio ricambiare l'unica persona che è riuscita a capirmi e confortarmi anche senza conoscere la storia.
Rachel conosce la storia perché era lì. E non la più cercata.
Quindi è finita.
Lei non lo ha capito davvero altrimenti avrebbe notato la scintilla di dolore nei suoi occhi quando ha parlato di quella notte.
Avrebbe trovato il modo di consolarlo, ma non ci è riuscita.
Jacob mi stringe forte a sé e sento le sue spalle rilassarsi e tirarmi sulle sue gambe.
"Grazie per averlo detto, anche se non è così."
Un sorriso triste spunta sulle sue labbra.
So che queste mie parole non allevieranno il suo senso di colpa. Ci vorrà ancora del tempo, ma io sono qui e voglio solo farlo stare meglio.
Lo stringo più forte a me, la mia testa nascosta nel suo collo e la sua barbetta che solletica il mio.
Lo sento posare dei piccoli baci sul mio collo, risalire su e..
"Fermati Jacob, sarà meglio salire."
"Speravo lo dicessi."
Mi trascina giù dall'auto e tirandomi per mano arriviamo all'ingresso.
Di colpo comprendo la sua apprensione nel farmi girare tutta sola di notte.
È per via di quello che è successo ad Hanna.
Lui aveva paura che potesse succedermi qualcosa.
Che stupida sono stata ad andarmene in quel modo dalla festa, senza sapere da quale parte andare.
Dio, quella povera ragazza.
Quella bellissima, solare e splendida donna ha subito un torto che non si può spiegare.
Io non riesco nemmeno ad immaginarlo.
Appena varcata la soglia di casa corro a chiudermi in bagno.
Dio, per fortuna mi sono ricordata di aver vomitato.
Devo lavarmi i denti. Bleh.
Faccio per prendere lo spazzolino, bloccandomi quando ne vedo due.
Uno è blu, l'altro rosso. E ora quale sarà il suo?
Vengo illuminata da una conversazione.
"Mi piace questo maglione blu. È il mio colore preferito."
"Hai un colore preferito? Come i bambini?"
Non trattenne un sorriso.
"Esatto. Maglioni, camicie, spazzolino, il soffitto della mia vecchia stanza e tanto altro."
Sorrido, mentre prendo lo spazzolino blu e me lo porto alle labbra.

Trovo Jacob sdraiato sul suo letto, immobile e bellissimo.
"Ehi, dormi già?"
Solleva la testa per guardarmi mentre tolgo le scarpe e mi arrampico sul letto.
mi distendo al suo fianco.
"Ti va di chiacchierare un po'?" chiede.
"Non è quello che facciamo la maggior parte del tempo?" domando, mentre mi accoccolo tra le sue braccia.
"Già. Voglio parlare di te. Ti va di dirmi qualcosa che ancora non so?"
Sollevo il capo per guardarlo negli occhi. Mi fa un sorriso incoraggiante.
Capisco subito che si riferisce alle mie cicatrici.
 "Per questo hai condiviso con me il tuo passato? Perché vorresti conoscere il mio?"
Scuote la testa e mi accarezza la guancia.
"No, piccola, ma vorrei conoscerti meglio, vorrei che ti fidassi abbastanza di me da raccontare la tua storia."
Rimugino un po' sulle sue parole.
La mia storia.
Vuole solo conoscere una parte della mia vita.
Posso concedergli qualche possibilità.
Fa male ma glielo devo.
So che quel periodo ha segnato la mia vita, il mio modo di essere. So che non è solo qualcosa che mi è successo, ma fa parte di me adesso.
"Okay. Ho avuto un incidente qualche anno fa. Un incidente in auto, causato dalla neve. Sono morte due persone. Ecco perché ho queste cicatrici."
Il mio corpo trema al solo ricordo.
Sento la presa farsi più forte, quasi a stritolarmi, ma non mi oppongo.
Sentire il suo calore mi fa bene al cuore.
Sento che è vivo.
Sento che è qui con me.
Sento il suo cuore battere, il suo respiro forte.
Sei qui, Jacob. Qui con me.
Prendo la sua mano e la porto dietro la testa, facendo percorrere lentamente con l'indice la cicatrice che mi divide la testa.
Sgrana gli occhi, non aspettandosi di trovarci qualcosa di quel genere.
È irregolare e lunga più di dieci centimetri. Non ho ancora compreso come abbia fatto a rompermi il retro della testa.
Sono sicura che lui non l'abbia mai notata perché l'unico modo di individuarla è sapere esattamente dove si trova. In quella zona mi hanno rasato la testa e, quando sono ricresciuti, i capelli si sono triplicati.
"Non chiedermi di più, Jacob. Non sono ancora pronta"
"Mi dispiace, piccola" mormora, le labbra sulla mia fronte, la mano tra i miei capelli.
"Dispiace a me per quella scenata. A volte mi disconnetto dalla realtà e tendo a fuggire." lo dico con la bocca premuta contro il suo petto. Non mi risponde ma mi bacia la testa e la sua presa diventa ancora più salda se possibile.
Restiamo così a lungo, sento il respiro di Jacob farsi regolare, le sue dita scorrono lentamente sul mio braccio.
È ancora sveglio.
In quel momento mi colpisce un pensiero.
Non ha menzionato la cicatrice. Non è stato quella notte.
Alzo il viso per chiederglielo ma vedo il suo volto rilassato, gli occhi chiusi. Non è il momento giusto. I pensieri sono così tanti adesso.
I miei e i suoi. Ne abbiamo di tempo per parlarne.
Abbiamo ancora tempo per stare insieme.
Stringo più forte Jacob e crollo in un sogno senza incubi.

Per ora, per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora