L'ultima notte

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Un refolo di vento, come un messaggero discreto, smuove le foglie del grande albero sotto cui la figura esile di Teresina ha trovato riparo. Sopra di lei, come a vegliarla, un manto di velluto blu tempestato di puntini luminosi avvolge la campagna silente. 

La mano si apre delicatamente, come un fiore dai petali appassiti.
Sul suo palmo giace immobile la lucciola, la sua piccola lanterna spenta come una stella cadente, dopo aver illuminato l'ultima notte.
Sul suo volto solcato da un intreccio di rughe si legge una storia di vita semplice, fatta di poche parole ma di tanto amore e dedizione per le persone che l'hanno accolta in questa casa immersa tra i campi. 

 Una vita vissuta lavorando dall'alba al tramonto, senza mai un lamento.
Qualche rimprovero bonario per Anselmo, come una madre burbera ma sempre pronta al perdono e al conforto.
Ha visto crescere e diventare uomo Tonino, accompagnandolo con il suo sguardo amorevole in ogni passo del suo cammino.
Lacrime commosse per il matrimonio della prediletta Rosa, nel giorno più felice della sua vita.
Ha vissuto lo strazio di Agnese mentre perdeva la vita portandosi via il suo piccolo.
E ancora lacrime per Alessandro, l'eroe di guerra.
Ha assistito con angoscia il matrimonio tormentato di Anselmo e Giovanna e seppellito con loro la piccola Anna. È stata accanto ad Anselmo nei suoi ultimi giorni di vita e, ancora prima, ha dato l'ultimo saluto a suo padre Giuseppe.

 I grilli cessano improvvisamente il loro frinire monotono, lasciando spazio a un silenzio profondo, quasi rispettoso. 

Teresina mia, ora è tempo di riposo. Sono la tua creatrice. Ti ho amata come una nonna di carne e respiro, e tu, davvero, mi hai donato tanto. È giunto il momento dei saluti, ti lascio andare con immensa gratitudine e un dolore che va oltre la fantasia. Buon viaggio, donna d'altri tempi. Grazie di tutto.

Scivola in un sonno profondo, sereno, avvolta da una luce speciale, tutta per lei. Il capo appena inclinato di lato, le mani abbandonate sul grembo in un gesto di pacata resa alla pace di una nottesenza tempo. Senza un'alba. La luna, come un faro benevolo, illumina il suo volto quieto, quasi a custodire il suo sonno eterno.

La brezza serale si insinua nella cucina, mescolandosi all'invitante aroma del brodo vegetale che Teresina aveva preparato per la loro semplice cena. Patate e carote lesse sono già pronte sulla tavola, accanto a delle uova sode. Rosa si avvicina alla piattaia. Ferma ogni gesto, come impietrita dalle sensazioni. Alla quiete, al calore intenso che emana la campagna in certe sere d'estate è abituata. Al canto dei grilli e all'abbaiare dei cani nelle case sparse tra i campi è abituata. Ma perché, allora, questo insolito silenzio? Si domanda con un turbamento che le si infrange in gola.

– Leone, di cosa mi volevi parlare? - Chiede, mentre sistema le fondine in tavola cercando di allontanare la cupezza dipinta sul volto. 

Leone le si avvicina da dietro, la blocca teneramente cingendola con le braccia attorno alla vita. Appoggia delicatamente le labbra sul collo burroso. Le vorrebbe raccontare di quel signore distinto che gli aveva portato la bicicletta da aggiustare. Delle sensazioni che aveva provato come se lo conoscesse da tempo. Le avrebbe anche voluto parlare della delusione per il mancato ritiro del mezzo, a cui si era dedicato per effettuare un lavoro eccellente per non deludere quel cliente facoltoso. In una serata normale le avrebbe raccontato del caldo soffocante della cità, e di quanto stanno bene loro, a vivere in campagna. Ma tutto questo, alla luce della notizia appena ricevuta, è passato in secondo ordine. 

– Sono così felice - le sussurra all'orecchio, con un tono pieno di gioia – Ancora non ci credo che sei incinta, e che tra un po' nascerà il nostro primo figlio.

Rosa inclina la testa sulla spalla di suo marito. Una risata smuove l'aria.

– Tra un po'? – dice ridendo. – Leone, ma per fare un figlio ci vogliono nove mesi! A me sembra un'eternità... E sono solo due mesi che... insomma, che non vedo...

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