CAPITOLO DUE: promise

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Maggio è il mese della salute mentale 🤍
dedicato a chi lotta ogni giorno e trova comunque la forza per sorridere e affrontare un'altra giornata.
siete forti, non mollate

vi lascio qui sotto dei numeri verdi da contattare nel caso sentiste di non farcela. sappiate che vi rialzerete, c'è sempre una luce che vi guida, sempre.

ASK FOR HELP 🩵

TELEFONO AMICO: 02 2327 2327
TELEFONO AZZURRO: 1969
NUMERO PREVENZIONE SUICIDIO: 800 334 343
NUMERO PREVENZIONE DISTURBI ALIMENTARI: 800 180 969
NUMERO VIOLENZA DOMESTICA: 1522
SUPPORTO PSICOLOGICO: 800 833 833
SUPPORTO PSICHIATRICO: 800 274 274
TELEFONO ROSA: 06 375 18282
SUPPORTO PER AUTISMO: 800 031 819

CAPITOLO DUE: promise

- but i will never fucking leave you
cross my heart
and hope to die

Il cuore pulsava a un battito così accelerato che mi ero convinto di stare avendo un infarto.
Tutto, attorno a me, fischiava.
Sentivo solo le pulsazioni cardiache.
Avevo perso i contatti con la realtà e provavo un gran vuoto nel petto. Un grande, immenso e doloroso senso di panico si era impossessato di ogni centimetro quadrato del mio corpo.
Corsi lungo l'ingresso del pronto soccorso con una mano posata sul petto e alla disperata ricerca di aiuto.

<<Scusami>> Chiamai il medico all'accettazione stringendo il collo della maglietta. Il ragazzo, seduto davanti al pc e con il telefono posato tra l'orecchio e la spalla, batteva le dita sulla tastiera mentre i suoi occhi scrutavano con attenzione lo schermo e mi stava ignorando. Mi aveva visto. Mi aveva lanciato uno sguardo sfuggente e aveva scelto di ignorarmi. Io, in piedi con il panico incastrato in gola che minacciava di strozzarmi e lui, seduto e al telefono m'ignorava.

<<Scusami?>> Lo richiamai di nuovo.

Tutti i medici erano indaffarati e presi dai loro pazienti, nessuno a parte lui si aggirava in accettazione. Uomini in barella ventilati a mano passavano accanto a me accompagnati da un'equipe di medici, donne in travaglio, ragazzi ubriachi che non si reggevano in piedi.
E poi lì, in accettazione, c'ero io: avevo un attacco di panico. Il più forte mai avuto in vita mia. E il ragazzo di fronte a me, l'unica persona in grado di aiutarmi in quel preciso istante, mi stava ignorando.

<<Ho bisogno di aiuto.>> Sussurrai disperato. Mi sentivo come se mi avessero portato via la voce e fossi diventato invisibile. Mi chiesi se fossi morto, un fantasma. Nessuno mi notava, nessuno si accorgeva di me e del mio attacco di panico, nessuno mi aiutava. Stanco, sbattei le mani sul bancone e proprio in quell'istante il ragazzo balzò sul posto e posò i suoi occhi verdi su di me.

<<Non può fare così...>> Cominciò a dire alzandosi in piedi.

<<Sto cercando una persona.>> Dissi. Presi a respirare ancora più affannosamente e mi aggrappai al bancone con tutte le mie forze, disperato. <<Mi può dire se...>> Non riuscivo a mettere insieme una frase di senso compiuto.

<<Ti senti bene?>> Domandò avvicinandosi allarmato e reggendomi proprio quando stavo per accasciarmi sul bancone. Non respiravo più. Non riuscivo a respirare. Il mio cuore batteva troppo forte. Mi chiesi se stessi morendo. <<Serve una barella! Subito!>>

<<No.>> Intervenni. <<No, sto bene. Non sono qui per me, sto cercando una persona. Si chiama Eve Morgan. Mi può dire se è ricoverata qui e dove la posso trovare, nel caso?>>

<<Tu non stai bene, fatti prima aiutare.>> Mi disse il dottore.

<<Mi serve solo sapere se Eve è qui, per favore. Io sto bene, devo solo sapere se lei è qui.>> Erano tutti così ovattati, i rumori. Erano lontane, le voci. Era tutto distante, tutti lo erano.

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