capitolo 5

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“Finché non diverranno coscienti della loro forza, non si ribelleranno e, finché non si ribelleranno, non diverranno coscienti della loro forza.”
GEORGE ORWELL



Yoongi’s pov (Satana)

In principio tutto era luce, un quadro perfetto dove le sbavature non erano contemplate. In principio tutti eravamo fratelli, il sostegno, l’amore, la gioia di condividere il dono della vita insieme erano i pilastri del nostro comune vivere. E, per secoli, è bastato a tacere voci che serpeggiavano nella mia testa, voci che mi mettevano davanti agli occhi delle verità difficili da digerire; queste voci rendevano il Paradiso come una costruzione per piccole marionette, spostate a Sua volontà, schiavi di un pensiero inculcato fin da piccoli. Per tanto tempo combattevo questi sussurri dolorosi, che mi accompagnavano per tutto l’arco della giornata e mi privavano del sonno, facendo leva su ciò che conoscevo, sui principi che governavano casa mia, sulle preghiere. E più pregavo, più questi sussurri mi rendevano vigile, mi davano la forza di vedere al di là della muta apparenza delle cose, vedevo le fiamme a sciogliere il ghiaccio, vedevo la libertà, vedevo il buio conforto di un posto inesistente. Le voci provenivano dai lamenti di Lucifero, il Suo protetto, il portatore di luce, il serafino perfetto che viveva in eterna solitudine ma lodatissimo da tutti i suoi fratelli; si intrufolava nei pensieri e azzannava il cuore dei meno saldi alle regole angeliche, smantellava tutto ciò che rimaneva di aggrappato ai meandri dell’anima. Non impiegò molto a sradicare me.

Provai un sentimento simile all’odio quando manifestai per la prima volta le ali, quando mi sentii in grado di prendermi tutto, mi sentivo proprio come Dio, infinito, potente, degno delle attenzioni di tutti. Mi chiesi: e perché non posso esserlo? Chi me lo vieta? Accrescerò il mio potere finché non supererò i confini concessi, e allora tutti mi vedranno veramente, tutti conosceranno Yoongi, tutti si sottometteranno al mio cospetto. Avranno timore della mia ira, mi supplicheranno giorno e notte, a me saranno rivolte preghiere di assoluzione che non concederò mai, nell’atto di far capire loro gli anni di sofferenza che io, per primo, ho vissuto. A quel punto le cose divennero ingestibili, fingere che tutto andasse bene nella mia testa mi rendeva inquieto, scostante, e tenere a freno l’indomabile voglia di distruggere, mi stava portando al punto di rottura.

Lucifero mi parlò.

Ora, seduto al suo fianco sul trono degli Inferi, sembra cosa di poco, ma all’epoca pensai che fosse tutto finito. Avrebbe raccontato i miei pensieri al Padre e questo avrebbe comportato una pena più grande di quella stavo vivendo, avrebbe annientato il seme del male che stava germogliando in me, fiero del suo lavoro da perfetto serafino. Solo dopo quella conversazione compresi che le voci mi erano state donate da lui, che era stata opera sua piantare in me dubbi e sentimenti mai provati prima.

“Tu hai tanto potere dentro di te, l’ho visto da quando eri piccolo come una foglia, ma continuando a vivere qui rimarrà intrappolato fino a scomparire. Le teste pensanti non piacciono a nessuno, Yoongi, a me sì, cosa ci sarà di più bello di un luogo in cui essere ciò che si vuole? In cui le tue smanie possono manifestarsi sempre? In cui non sei obbligato a niente, se non alla tua stessa contemplazione assoluta? Fidati di me, fidati delle mie parole, presto avremo una casa tutta per noi, un luogo che sarà l’opposto fratello di questo, dove l’odio e il rancore, l’invidia, la lussuria, la noia, l’avidità saranno i mattoni. Dove la libertà sarà il padrone assoluto. Tu siederai con me, Yoongi, ne sarai principe, assumerai il nome di Satana e non dovrai più dominare l’ira, sarai un Dio, tutti avranno timore di te, tutti si piegheranno alle tue volontà, la ricchezza non ti mancherà, tutti i pensieri che hai avuto troveranno sfogo. Ora calma i tuoi atteggiamenti iracondi, pensa alle mie parole e aspetta il giorno dell’avvento dell’Inferno, in quel momento mi darai una risposta”. E come disse queste parole tutto tornò alla normalità, i suoi occhi si erano rivolti altrove, ma io li volevo su di me, li volevo tutti per me, un fratello, un amico, un compagno, che mi capiva, che vedeva quello che vedevo io e non mi giudicava per questo.

Attesi con la pazienza che mi era stata inculcata, attesi anni, e anni ancora, non mi rivolse più una parola e io mi sentivo solo più che mai, con i miei pensieri e le mie smanie. Avvenne, un giorno, che in ritiro dal Tempio Sacro, in una crisi senza precedenti (il giorno era vicino, lo avvertivo sulla pelle, nell’aria, nel cuore), notai movimenti strani, frenetici, simili a quelli che si riflettevano su di me. Mi avvinai attentamente, e allora li vidi, li vidi realmente, non angeli, no, bestie. Non nell’aspetto, ma nell’animo, li vidi esattamente come erano dentro, feriti, accidiosi, l’odio gli scorreva nelle vene, loro erano come me. In quel momento la ribellione, la voce di Lucifero risvegliò il Creato, Dio stesso si rivolse a lui come il figlio amato che era, l’amore e l’affetto non bastarono a sottomettere le sue ambizioni. Il Padre punì quel figlio ribelle, quel figlio che nonostante tutto voleva di più, a cui non bastava la perfezione, lui desiderava il caos, lui era caos dentro. La sentenza di un’espulsione dal Paradiso fu immediata, gli angeli piangevano in coro, in lamenti strazianti che avrebbero usato sempre in ricordo del male insidiatosi nel loro luogo, e quando Lucifero sorrise fiero, aprendo entrambe le braccia a mo’ di inchino, mi posi al suo fianco senza indugio. E così anche gli altri che, con noi, diedero vita ad un nuovo mondo.

Noi eravamo fratelli prima, ora principi legati dal sangue.

Per quanto voglia dipingere il momento con toni solenni, maestosi, pregni della gloria e della fierezza che provo per casa mia, quegli anni furono i più difficili per molti di noi: la caduta di Lucifero dal Paradiso aveva provocato un cratere ad imbuto rovesciato al centro della Terra, lì, con gli ex angeli che ci avevano affiancato, iniziammo a costruire gli Inferi. Appoggiamo la prima pietra e le altre avvenire, gli angeli di gradi più alti affrontavano le sfide del fuoco, sulla terra bagnata sgorgò il sangue copioso delle nostre ferite, e mentre affrontavamo il peso della nostra scelta, il nostro cuore aveva trovato pace, libertà.

Quando Jungkook si pose sul trono dell’Ade, gli appena demoni esultarono e innalzarono grida di giubilo, ma quando pose al suo fianco altri sei principi, le bestie uscirono fuori, tumulti minacciavano la saldezza del nostro impero, e per la prima volta assistemmo all’orrore. Banchettammo con le loro carni, obbligammo quanti avevano taciuto durante le proteste a vedere i loro compagni marcire sotto le nostre torture: strappammo loro le giugulari, dilaniammo i loro corpi, squamammo le loro pelli ridendo delle loro grida.

Namjoon, il nostro Belfagor, una volta disse che se per secoli la gentilezza non aveva evitato la caduta, solo la paura e il timore potevano salvaguardare l’unità del nostro regno. Noi dovevamo essere forti, indistruttibili, dovevamo dimostrare che il nostro cuore si era sciolto tra le fiamme del fuoco della nostra rabbia, ma dovevamo anche concedere agli altri qualcosa, briciole: una vita diversa, ma con le nostre regole.

E forse, oggi, posso ben dire che l’Inferno non è molto diverso dal Paradiso: regole diverse, prigioni identiche, megalomani al comando. Giurai una cosa però il giorno della caduta, io nel ghiaccio non ci sarei tornato mai, e avrei condotto qualunque nemico alla fine peggiore che il mio cervello potesse elaborare. A costo di mandare in frantumi l’intera struttura, io avrei protetto questa nuova prigione dorata, avrei rischiato tutto, nessuno poteva portarmi via quello che avevo creato con sangue e sudore. A questo punto sembra irrisorio dirvi che la nascita di un nuovo arcangelo aveva infiammato il mio cuore, le tenebre mi sussurravano cose indicibili, e io lo volevo morto, lo volevo spaccato, fratturato, rotto in tutti i modi in cui una persona potesse essere rovinata: lui era la minaccia più grande da secoli, perché baciato dal padre, perché scelto dalle sue dita, perché il grigio era il colore dell’unione fra il bene e il male, e io non potevo permetterlo.

Lo feci davvero, lo divorai fino a renderlo niente.

Spazio autrice
Ciao angioletti! È passato tantissimo tempo e vi chiedo scusa, l'università è una bestia. Ogni tanto ricordo di avere delle storie incomplete e mi sento terribilmente in colpa verso di voi, verso i miei personaggi in attesa del loro destino, verso me stessa e ciò che mi fa bene. Però piccoli passa alla volta sempre!
Vi voglio bene, vi sono terribilmente grata. A presto, sempre vostra
-Lougtout

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 26 ⏰

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