Un invito aperto

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My Lucifer is lonely

Standing there, killing time

Can't commit to anything but a crime

Peter's on vacation, an open invitation

Animals, evidence

Pearly gates look more like a picket fence

Once you get inside 'em

Got friends but can't invite them

-Billie Eilish , All the good girls go to hell

CASSANDRA

Il tetto di casa mia mi è sempre piaciuto, di notte è freddo quasi gelido ma adoro la sensazione di intorpidimento delle ossa. Amo sentire la neve congelare la mia mano e il mio corpo, il respiro farsi più pesante e gli occhi chiudersi appena. Sdraiata su una superficie ruvida e bianca ricoperta di neve osservo la notte calata su Québec. Le stelle brillano nel buio ed era un susseguirsi di sogni perduti. Mia madre me lo diceva sempre "Ei Cassie le vedi le stelle? Non sono altro che sogni delle persone andati perduti per ritrovare la propria strada e realizzarsi". Non lo so se ci credo o meno, ma dopotutto io credo sempre alla mia mamma. La mia ancora.

Il timone di questa nave ora c'è l'ha lei io sono una semplice passeggera.

"Cassie!"

Chiudo gli occhi beandomi di quei piccoli secondi fra le urla di mia mamma.

"Cassandra scendi giù!"

Ispiro ed espiro. La finestra della sua stanza è aperta la sua voce è più vicino e alla prossima chiamata so bene che potrebbe salire per controllare se respiri  ancora. Così mi alzo e mi dirigo a passo svelto verso la sua finestra. Cercando di non cadere, verso un lungo marciapiedi ai nostri piedi, entro dalla finestra e ritrovo il suo sguardo arrabbiato su di me.

"Quante volte te l'ho detto Cassie! Potresti cadere! Farti male bambina mia"

"Sto bene mamma", ed era vero?.

"Non è questo il punto. Non salire mai più, si gela la fuori" il suo francese è interrotto da singhiozzi e piccoli sbuffi mentre si rigira il grembiule da una parte e dall'altra per toglierselo. Le prendo le mani con calma e mentre lei si rifiuta di lanciarmi un'altra occhiata io l'aiuto a  togliersi di dosso questa stupida divisa da casalinga disperata.

Io e mia mamma viviamo in un'insolita casetta, le strade sono sempre buie e i lampioni sembrano accettare questa condizione, la gente che ci vive è  inquieta e non manca mai a ricordarti in quale parte del mondo vivi. O meglio quale parte tu occupi nella scala sociale, e noi siamo piuttosto basse.

"I signori vogliono la colazione alle sei domani mattina, le loro bambine devono partire per una gita quindi si alzano prima"

Sbuffo accasciandomi sul letto che condividiamo.

"Domani ho un compito di matematica, volevo ripassare la mattina non servire a dei ricchi del cazzo che si possono permettere riscaldamento e acqua a sufficienza"

"Non ricominciare Cassie, te ne prego"

Si dirige in quel piccolo bagno che a stento possono entrarci una doccia, un cesso e un lavandino. Assurdo. Tutto questo è assurdo. Lavoro qualche volta con mia mamma e la scuola pubblica non è affatto male se non si contavano i topi nei bagni, i riscaldamenti rotti da anni e a malapena del cibo caldo da mettere sotto ai denti. Ma non mi lamento più di tanto, è bello nel suo piccolo.

Ho le mie amicizie e il mio ragazzo che puzza di soldi e ricchezza a quantità.

Mia madre è la governante di casa Stane, si occupa di tutto: cucinare, pulire, portare a spasso il cane e qualche volta anche educare quelle piccole stronzette delle loro figlie. Io mi tengo giusto un po' di tempo per uscire con miei amici ma per il resto la mia giornata inizia a scuola e finisce in quella casa a badare a due persone totalmente disinteressate a muovere gli arti e prendersi anche solo da bere.

Mia madre esce dal bagno e si sdraiai accanto a me, è una serata piuttosto gelida per essere solo a settembre ma a me non crea problemi. Anzi.

Mi tolgo la felpa dalla testa e la poso sopra la mia mamma, i suoi occhi sono chiusi e la sua bocca trema.

"Cassie avrai freddo"

"Dormi mamma io sto bene lo sai"

Ci addormentiamo abbracciate ma verso le tre di notte mi sveglio.

Ho  fame ma se mangiassi quello che vi è nel frigo probabilmente finirei tutto quindi cerco del ghiaccio, me lo metto in bocca e attendo di non sentire più nulla. Mentre torno in camera nostra il mio sguardo cade su una lettera. A dir la verità assomiglia molto ad un contratto di lavoro difatti al fondo riconosco subito la firma elegante di mia madre. Incuriosita inizio a leggere questo invito aperto.

"Contratto di lavoro per la signora..."

I miei occhi seguono tutte quelle parole di amore e apprensione, più che un contratto di lavoro sembra una lettera ad un amante perduto.

"...se accetterà alloggerà direttamente in casa nostra e a sua figlia riserveremo il privilegio di poter frequentare l'Istituto Maria Canales insieme a nostro figlio, Victor Wilkinson. Potrà usufruire di una stanza tutta per sé e..."

No. No e poi no. Chiaro?

Trasferirci non è di certo all'ordine del giorno ma questo? Vivere in una casa che non sentirei  mia, avere costantemente fame di umiliazione e occhi che bruciano sulla nostra vita. Preferisco  morire di freddo e miseria che sottomettermi ad una vita controllata.

Strappo quel pezzo di carta e lo libero nel cielo mattutino lasciandolo volare via da me, da noi.

Diverse ore dopo mentre mi dirigo a scuola.

Noto appena il mio ragazzo appoggiato al cancello pieno di ruggine e sporcizia, fuma distrattamente una sigaretta e si guarda continuamente intorno come se aspettasse un qualcosa di miracoloso.

"Ei bel tipo", grido di rimando con un sorriso stampato in viso. Lui ricambia freddamente e quando mi prende le mie mani nelle sue tremano.

"Cassandra dobbiamo parlare"

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