Due

467 108 37
                                    

Mike

Michael non sapeva se la decisione che aveva preso avrebbe portato qualcosa di nuovo, sicuramente avrebbe cambiato la sua vita.

Se in bene o in peggio, non gli importava.

Era stufo della vita che aveva fatto fino ad ora, Perth gli andava troppo larga, l'Australia era troppo larga.

Voleva ritentare a vivere in un posto piccolo, rinchiuso in uno enorme.

L'America era sicuramente un posto enorme e Annapolis, la piccola cittadina nel Maryland dove stava andando a vivere, era perfetta per uno come lui.

A dire la verità, nemmeno lui sapeva com'era uno come lui.

In quel preciso momento della sua vita, Michael sapeva all'incirca quattro cose.

La più importante per lui, era sapere chi era: il suo nome, il suo cognome e la sua età; Michael Clifford, diciotto anni, nato a novembre e questo ti diceva tutto, uno che era nato a novembre, doveva per forza nascere malinconico, insomma a novembre c'è freddo e tutti stanno a casa ad aspettare soltanto che arrivi natale.

Michael si sentiva malinconico, non ne sapeva nemmeno il motivo, ma si sentiva come se fosse l'unica persona in quel mondo a cui avevano incorporato il dolore iniettandogliene nelle vene.

Era troppo sensibile, ci rimaneva male anche per le cose che non succedevano a lui, piangeva spesso, perché lo trovava un buono sfogo e poi si cuciva a pelle la sua corazza.

Si tingeva i capelli di colori diversi, aveva fatto un paio di tatuaggi e il piercing e aveva provato a dare l'aria di uno forte.

Le persone non lo avevano mai capito, Michael.

A scuola era un emarginato con un amico al massimo, era quello a cui facevano lo sgambetto e che chiamavano frocio o senza lingua perché rimaneva sempre zitto.

Era rimasto chiuso nella sua stanza cinque anni della sua vita, suonando la sua chitarra e ascoltando la musica, lui era troppo strano per piacere alle persone e ormai a Perth era classificato come l'asociale di turno, quindi un nuovo inizio era quello che gli serviva.

Un nuovo colore di capelli, il nero, perché si sentiva completamente nero in quel periodo; una nuova playlist per accompagnare quel lunghissimo viaggio, una playlist con un sacco di buona musica , che era quello che gli piaceva.

Un lavoro, quello lo aveva trovato su internet tramite un annuncio, avrebbe lavorato in un negozio di musica e quello per lui era il massimo, aveva trovato anche una casa la vicino.
Era piccola ma a lui bastava il necessario, non aveva mai chiesto molto.

Nessuno lì sapeva chi fosse, avrebbe sul serio potuto ricominciare da capo e avere una vita migliore , pensava di meritarselo quello.

In America non conosceva nessuno, ma il proprietario del negozio dove sarebbe andato a lavorare, gli aveva offerto di andarlo a prendere in aeroporto e Karen, sua madre si era tranquillizzata sapendolo.

Ma quando Michael aveva preso la sua valigia ed era andato vero l'uscita, aveva iniziato ad avere paura.

Come avrebbe fatto a riconoscere l'uomo che sarebbe dovuto andare a prenderlo?

E se non si era presentato?

Michael aveva iniziato a sentire il panico attraversargli ogni organo del corpo.

Scrutava le persone, muovendo gli occhi come fossero due palline da Ping pong, fino a quando la sua attenzione non venne catturata da un uomo.
Sui quaranta, poco più basso di Michael , con un largo sorriso simpatico e un cartello nero con una scritta bianca.

SpacesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora