Sette

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Prossimo capitolo a 4 commenti.

Zoe

Fissava la punta rovinata delle Converse nere che aveva ai piedi e tamburellava le dita piccole sui jeans scuri.

Non le era mai piaciuto andare a scuola, non le era mai piaciuto il modo in cui le persone diventavano importanti solo se rispondevano a un certo tipo di stereotipo.

Dovevi essere alta, bionda e magra per piacere ai ragazzi e figo, palestrato e senza cervello per essere un mito, rispettato, giocatore di football.

Dopo questa categoria di persone che facevo già gruppo tra di loro, c'erano quelli che li facevano da spalla.

Eterni secondo posto.

E sembrava proprio che essere la migliore amica della più figa della scuola, fosse l'aspirazione di un sacco di ragazze adolescenti.

Zoe non faceva parte di nessuna di quelle categorie, aveva due amici che tra parentesi, erano entrambi due emarginati.

E che probabilmente sarebbero usciti di testa non appena scoperto che improvvisamente lei, la ragazza che aveva giurato che mai sarebbe uscita con un montato ragazzo di Annapolis, in realtà, aveva cominciato a vedersi con un ragazzo.

Che poi, Michael non era nemmeno di Annapolis, era nato in Australia, era cresciuto in un altro mondo.

Michael era tutto tranne un montato, quindi Zoe non aveva in alcun modo infranto il giuramento che aveva fatto.

Non era nemmeno così sicura che venisse considerato 'il classico figo'.

Lei trovava Michael di una bellezza che lasciava senza fiato, se veniva capita.

Ma le persone non sono mai davvero brave ad apprezzare le cose belle, anche quando le perdono capiscono solo in parte cosa avevano.

Così Zoe non sapeva come spiegare Michael ai suoi amici.

Non sapeva come dire loro il modo in cui lui la faceva sentire quando la guardava, così disperata e succube delle cose che le labbra di lui potevano dire.

E pensava al modo in cui i suoi occhi fossero verdi in maniera quasi imbarazzante, quasi surreale.

Ed era così persa a sperare che lui fosse reale, che aveva dimenticato di rendere reale se stessa, che quasi perdeva lucidità.

Quindi no, non sapeva come spiegarlo Michael.

« Zoe! »l'aveva chiamata Toby allungando la E.

« Hey, Tob, Sierra» aveva sorriso lei.

Sierra l'aveva abbracciata e poi aveva sorriso, complice di qualcosa che Zoe non sapeva.

Toby e Sierra erano due personaggi abbastanza surreali.

Lui era abbastanza alto, spalle larghe, ciuffo all'insù, occhiali e occhi blu.

Lei praticamente anoressica, ma di costituzione giurava, capelli viola lunghissimi e vestiti strappati, il suo classico era una minigonna scozzese e calze al ginocchio.

« Non ci vediamo da praticamente quattro giorni! Dove sei sparita? Eri sempre occupata a fare altro » la fissava Toby.

Lei non sapeva cosa dire, era sempre stata abituata a non avere niente di così importante da raccontare.

Le cose che prima per lei erano importanti da far sapere a Toby e Sierra erano le canzoni belle che scopriva e che potevano condividere, i film imperdibili e i libri sensazionali.

Non era preparata a qualcosa come Michael.

«Umh, ero con Michael »

« Michael? E chi è Michael? » aveva chiesto Sierra.

Cosa doveva rispondere? Michael per lei non era solo un ragazzo, era di più, ma non di più nel senso che lo amava a cose del genere, era di più perché si sentiva capita in un modo spaventoso.

Così non aveva risposto, aveva chiuso il suo armadietto e aveva seminato i suoi amici, uscendo dalla scuola.

Il cuore le batteva così forte e sentiva i polmoni bruciare mentre camminava speditamente verso un posto sconosciuto e sentiva gli occhi bruciare e le veniva da piangere ma non sapeva nemmeno il motivo.

E mentre sentiva il petto pulsare, si ricordava delle risate, quelle del pomeriggio prima, seduta a gambe incrociate sul letto di Michael, mentre spacchettavano le sue cose e ascoltavano la musica sparandola a mille in tutta la casa.

Si ricordava delle loro mani che ogni tanto si sfioravano ma che avevano paura di toccarsi, dei loro sguardi che si legavano e dell'aria che mancava.

Lui non l'aveva baciata o cose del genere, ma il soltanto stargli così vicino le faceva mancare il respiro ed era come se le servisse il doppio dell'aria per respirare sul serio.

I polpacci le bruciavano e il corpo la pregava di rallentare e di fermarsi un secondo per riposare.

E alla fine lei lo aveva fatto.

Aveva chiuso gli occhi e preso enormi respiri e il suo corpo si era velocemente ristabilizzato.

Poi lo aveva visto.

Dall'altra parte della strada, con una busta della spesa, che la fissava e sembrava che i suoi occhi verdi fossero più grandi e inghiottissero quelli di lei.

Michael aveva tirato su un sorriso e l'aveva salutata con la mano, poggiando la busta della spesa accanto a se.

E improvvisamente era come se Zoe si fosse svegliata all'improvviso, come se in quelle ore in cui non si erano visti non aveva fatto che sperare di vederlo spuntare da qualche parte, solo per un secondo, solo per sbaglio.

E adesso che si era resa conto che Michael era reale, anche lei era tornata ad esserlo.

Aveva sorriso e gli era andata vicino, allargando il suo sorriso ogni passo che faceva.

« Ultraviolence » gli aveva detto.

Lui aveva sbattuto le palpebre, guardandola con stupore per poi sorridere di nuovo.

« La seconda canzone è Ultraviolence » aveva detto lei.

Perché anche se non sapeva perché, quando le avevano chiesto di Michael, quella era la prima cosa a cui aveva pensato.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 03, 2015 ⏰

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