Capitolo 26

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Quella sera, mentre ci stavamo preparando per una cena organizzata dalla Ferrari, Isa non la smettava di ridere mentre le raccontavo quello che era successo dentro il box.
«Non ci credo! Siete rimasti li dentro chiusi e... Non evete fatto niente!?»
Ed ecco che un'altra risata invase la stanza mentre cercavo a fatica di chiudere la zip del vestito.
«Non succederà niente tra noi...»
Dal nervoso per poco non mi feci saltare un unghia mentre provavo pe l'ennesima volta ad afferrare la cerniera.
Lei trattenne un'altra risata e poi mi si avvicinó da dietro.
«Stasera, magari, sarà proprio lui e sflilartelo»
Disse dopo aver alzato la cerniera. Io mi sentii le guance bollire.
«Isabel! Per favore è già abbastanza difficile così!»
Lei afferró la mia e la sua borsetta e poi mi condusse fino alla porta.
«Ci hai mai pensato che magari a volte complichi le cose inutilmente soltanto perché ci rimurgini troppo?»
Canzonó retoricamente. Non che avesse tutti i torti...

Una volta arrivate al piccolo gala che avevano organizzato i dirigenti, mi sentii una minuscola briciola che stava per essere spazzata via. La sala era enorme, ed erano presenti almeno una miriade di persone degli alti piani della Ferrari e non solo. Tutti eleganti e con portamenti invidiabili ai reali d'Inghilterra.
Ci ritrovammo a fare slalom tra la gente, finché non avvistammo Carlos con il suo completo scuro elegante.
«Ecco le mie principesse!»
Disse salutando me con un bacio sulla guancia per poi afferrare Isa per il fianco e baciarla. Io, nonostante fossi a mia volta innamorata del loro amore mi voltai. Avevano bisogno della loro privacy, anche se dentro quella sala c'era un bel po' di casino.
«Sei un po' in ritardo, mon frere»
Per un secondo il respiro mi mancò quando accanto a me sentii Charles sussurrarmi all'orecchio.
«Direi che sono perfettamente in orario, hai mai pensato che magari sei tu in anticipo?»
Sorrise alzando un sopracciglio.
«Può darsi... O forse ero solo impaziente di finire la nostra conversazione»
Le guance mi andarono a fuoco.
«Perché invece non mi dici se hai avuto problemi con gli ingegneri stammattina, mon frere
Lui mi fece l'occhiolino.
«Nessun problema, mon amour»
Al 'Mon amour' probabilemnte diventai di mille colori, fortuna, o forse sarebbe stato meglio dire sfortuna, subito dopo mio padre si avvicinó a noi.
«Buonasera ragazzi»
Disse senza però degnarmi di uno sguardo.
«Ci sono gli ingegneri che vorrebbero parlare con te di tutto ciò che riguarda i problemi che ha avuto la macchina»
Charles lo guardó serio.
«Va bene»
Io abbassai lo sguardo e mio padre prese a camminare verso di loro. Charles però fece solo un passo e poi si voltó di nuovo verso di me.
«Voglio Cecilia con me»
Mio padre si fermó e ci scrutó come una bambola assassina.
«Cosa?»
Io spalancai gli occhi.
Questa non me l'aspettavo...
«Penso che tu abbia sentito»
Lui fece quella solita espressione che rivolgeva sia a me che a Carlos quando qualcosa che facevamo lo infastidiva a tal punto da sentirsi scavalcato. Era un guaio quando si sentiva così. Significavano giorni di mutismo selettivo, non che a quel punto non fossi abituata considerando che non mi parlava per più di cinque minuti da quando avevo iniziato a lavorare per la Ferrari.
«Se vuoi un parere aggiuntivo e non professionale, portala pure, non mi interessa»
Lui continuó a camminare e Charles contrasse la mascella. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che stava per scoppiare.
Lo seguii ma prima che sorpassassimo uno degli archi che erano presenti nella sala gli afferrai un braccio.
«Grazie, ma davvero, non importa»
Il suo sguardo duro mi travolse.
«Invece si, mon frere. Se tu non dai valore a quello che fai, come puoi credere che tuo padre capisca quanto vali?»
Quelle parole fecero breccia. Con lui era così, non serviva parlare, avrebbe capito anche solo con uno sguardo ciò che provavo. Ed era proprio quello che stava facendo.
Questa sensazione iniziava a darmi un fastidio strano: la mia mente mi faceva notare quanto fosse irritante ma tutto il resto trovava questa complicità estramemente attraente.
Arrivammo davanti a tutti gli ingegneri che, in quanto tali, non staccavano la spina nemmeno quando il loro lavoro non era richiesto. Mi resi subito conto di come molti di loro stessero facendo commenti inutili sono per riempire il vuoto  ( e dare aria alla bocca, per intendersi), per farsi vedere davanti al team principal e davanti al direttore tecnico nonché mio padre.
«Abbiamo già constatato che il problema derivi dal DRS, non ci sono dubbi»
Continuavano a ripetere. Andrea mi scoccó un'occhiata. Mi stava letteralmente incitando a parlare ma io cercai di fare finta di nulla e spostai lo sguardo altrove. Tutto questo finché mio padre inaspettatamente non interruppe la discussione.
«Che cosa c'è, Cecilia? Ti stiamo annoiando?»
Probabilmente diventai viola dall'imbarazzo. Charles se ne accorse e mi sfioró il braccio nudo con la sua giacca.
«No. Stavo ascoltando»
Riesco a malapena a dire.
Ma perché cavolo mi blocco quando mio padre mi ammonisce!? Non sono più una bambina, e lui non può stordirmi soltanto pecrhe usa quel suo tono autoritario.
«Non sembrava. Guardavi altrove o è una mia impressione?»
Gli occhi di tutti continuarono a rimanere piantati su di me.
«Stavo ascoltando... Mi ero soltanto voltata un attimo... Dicevate del DRS...»
Mio padre prese un respiro mentre le sue sopracciglia si corrugavano sempre di più. Sentii Charles al mio fianco fremere per dargli una risposta ma io scossi la testa e lui si fermò. Sarebbe stato solo peggio.
«Allora illuminaci con le tue supposizioni! Sono curioso, avanti»
Ed ecco che casco come una deficente.
Cosa avrei dovuto dire per non sembrare stupida? Non avevo ancora trovato il problema della macchina di Charles, e tutto ciò che avevo erano delle ipotesi, per lo più campate in aria. Eppure, ritrovarmi sotto gli occhi di tutti accese un fuoco dentro di me.
«Beh... Ho notato degli squilibri nella pancia della manoposto... Le branchie sono funzionanti ma forse la struttura deve essere più sottile su quei punti affinché l'aerodinamicità sia favorita»
Sputai quelle parole accorgendomi di quante sicurezza avevo acquisito.
Andrea mi fece un occhiolino e Charles accennó un sorriso soddisfatto. Anche questo momento di compiacimento duró poco. Mio padre scoppió a ridere sarcastico.
«Come volevasi dimostrare! Abbiamo già fatto i controlli e quello che dici
non sta in piedi. Ora che hai fatto questa figuraccia puoi anche lasciar parlare gli adulti, grazie»
Per un secondo ebbi il dubbio che il pavimento stesse crollando sotto i miei piedi. Era davvero arrivato a umiliarmi così, davanti a tutti come se nulla fosse?
Nessuno dei suoi collaboratori disse nulla così feci un passo indietro pronta ad allontanarmi. Charles non me lo permise. Mi afferró il polso e mi attiró delicatamente di nuovo al suo fiancó, nonostante mi fossi spostata solamente di poco. Mi resi conto in quel momento di quanto quel suo gesto agli occhi degli altri fosse stato quasi del tutto impercettibile.
«Non capisco per quale motivo non dobbiate ascoltare quello che Cecilia ha da dire»
Nessuno osó rispondere prima di mio padre. Lui infatti tuonó convinto contro di lui subito.
«Perché non è altro che una ragazzina alla quale piace giocare a fare l'ingnere. Mia figlia è fatta così, ora, dimmi, Charles: vuoi ascoltare i tuoi ingegneri e vincere il prossimo Gran Premio o stare dietro alle fantasie della tua PR?»
Le lacrime stavolta non si fecero attendere e la vista inizó ad appannarsi. Cercai di ricacciarle indietro. Parlava di me come fossi stata un'intralcio, una mosca che semplicemente gli stava dando fastidio.
«Cecilia è stata davvero brava nell'ultimo periodo e ha intuito soluzioni ancor prima che voi riusciste a individuare i problemi»
Ribatté sicuro Charles e mentre mio padre stava già per contrattaccare lui apri di nuovo la bocca.
«E si preferisco ascoltare i suoi consigli piuttosto che di uno che se ne sta seduto con delle cuffie e fa soltanto perdere punti a me e al team»
Con questo lasció tutti sbalorditi e senza bisogno di obbligarmi, ci allontanammo verso l'uscita, mentre avevamo gli occhi di tutta la sala addosso.
Durante quel percorso cerai di individuare Carlos e Isa ma non ci verso di intercettarli in quel casino.
Una volta fuori riempii i miei polmoni di aria.
«Ho bisogno della mia macchina, adesso, perfavore»
Disse a uno dei parcheggiatori.
«Charles»
Lo chiamai mentre il signore si allontanava per recuperare la sua Ferrari.
Lui si giró verso di me ancora molto teso, e conoscendolo sapevo che di lì a poco mi avrebbe sgridato per non essermi fatta valere, così lo fermai.
«Grazie per avermi difesa»
Con questo lui mi sfioró una ciocca di capelli e ma la mise dietro l'orecchio.
«Cazzo Cecilia, sei così brillante, non farti dire queste cose né da tuo padre né da nessun altro, mi hai capito?»
Annuii convinta. Era ora di smetterla di lasciare ai miei genitori il potere di demoralizzarmi e condizionarmi.
«Mi sa che l'unico ingnere che mi è rimasto, o con cui almeno posso parlare, sia tu a giudicare da come mi hanno guardato tutti»
Quasi scoppiai a ridere per il suo tono.
«Allo4a direi che sei messo male»
Provai a sdrammatizzare.
Una volta arrivata la macchina andammo via. Lui guidò piano ma comunque percepii il suo nervosismo d modo in cui stringeva il volante.
Solo quando ci fermammo davanti al vialetto di casa sua mi accorsi di non aver minimamente pensato a dove stessimo andando. Lui si accorse del mio sguardo sorpreso quando scesi dall'auto.
«Se non vuoi stare qui andiamo via, ma ti giuro, non ho alcun intenzione deprorevole»
Il brivido intenso che mi obbligó a deglutire diceva tutt'altro su cosa avrei voluto fare io. Accennai un sorriso guardandolo nel buio.
«Quindi mi hai portato qui per...»
Aprì la porta di casa sua (una villa abbastanza lussuosa, anche già da fuori, con un prato inglese da far invidia alla casa di un giardiniere) e misi un piede dentro.
«Perché non venivi qui da troppo tempo»
Quando notai il pianoforte in mezzo al salotto mi accorsi di quanto la sua affermazione fosse vera. Da quando Charles possiede un pianoforte? E domanda ancora più ovvia, da quanto lo sa suonare?
«Non sapevo suonassi»
Dissi sorpresa.
Lui abbassó lo sguardo e sorrise.
«Dall'anno scorso. Mi serviva qualcosa per staccare, poi è diventata una nuova passione»
Andai verso lo sgabello in pelle e mi sedetti mentre lui accendeva più luci.
«Wow... Non lo sapevo»
Lui si avvkcinó sedendosi nello spazio libero accanto a me.
«Non ci siamo detti tante cose, per tanto tempo»
Disse con un velo di malinconia nella voce. Ci avvicinammo senza volerlo. Così prima di cadere troppo in tentazione tirai fuori il mio tono ironico.
«Adesso caro mon frere, voglio sentire qualcosa»
Scosse la testa. Mentre un lampo di divertimento si illuminó tra le sue iridi verdi.
«Non sono molto bravo e lo sai che non mi piace non esserlo...»
Cercó di trovare una scusa sorridendo maliziosamente. Risultato: avevo i brividi fino alla punta dei capelli.
«Ah ah... Sei bravo in tutto. Smettila di fingere di non essere eccezionale anche in questo»
La mia affermazione si trasformò in un doppio senso colossale, e mentre sparavo che restasse tale solamente nella mia testa la sua espressione mi fece capire quanto invece lui avesse percepito i miei pensieri.
«Va bene...Ma tu dopo fai una cosa per me»
Rimasi con la bocca semiaperta come un'idiota.
«Lo prendo come un si...»
Con questo prese a suonare una melodia. Era triste, malinconica e allo stesso tempo speranzosa con il suo ritmo incalzante. Socchiusi gli occhi istintivamente e mi venne in mente tutto. Noi che giocavamo da piccoli, Charles che mi faceva l'occhiolino dal casco prima di una gara di Kart, e poi Gabriel.
Lui che ci insegnava guidare e che lo faceva mentre una luce d'orgoglio brillava nei suoi occhi scuri. Ricordo quanto fosse fiero di me, ma soprattutto di Carlos e Charles...
Le lasciai scendere senza trattenerle.
Quando le sue dite toccarono le ultime note, riaprii gli occhi.
«Non volevo farti piangere...»
Sorrisi. Lui Alzó una mano verso il mio viso e asciugò una lacrima.
«È stato...bellissimo...»
Le sue fossette si fecero strada tra le sue guance.
«L'ho scritta pensando a quando eravamo piccoli...E eravamo ancora amici...»
Ritornammo seri e lui si avvicinó di nuovo a me, seppur lentamente.
«Adesso devi pagare...»
Disse avvicinandosi ancora e ritrovandosi a un soffio dalle mie labbra.
«E se non volessi farlo...»
Lo provocai.
«Troppo tardi, mon frere»
Con questo senza più aspettare le sue labbra si scontrarono con le mie...

SPAZIO AUTRICE:

CIAO! Allora so che vorreste strozzarmi...Ho interrotto questo capitolo così perché voglio farvi una domanda: Vorreste una scena spicy? Perché non so se sono effettivamente in grado di scriverla...però ci posso provare, che ne dite? (Comunque è una domanda un po' stupida perché la mia intenzione era quella di scriverla, però voglio sapere se secondo voi ci sta o meno)
Ovviamente mi scuso per l'assenza, ma diciamo che i 40° gradi percepiti all'ombra delle ultime settimane mi hanno distrutta.
Io vi adoro, e vi ringrazio per tutto sia qui che su Tik tok!

Vostra,

- Kat

Into You - Charles Leclerc Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora