Capitolo 1

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Adesso lo ammazzo.
Pensai subito appena poggiai i piedi a terra dopo essermi rigirata nel letto.
Quella notte non avevo dormito affatto per l'ansia del mio primo giorno di lavoro, e proprio quando avevo preso un po' di sonno, nonostante fosse già mattina, ecco che mio fratello aveva deciso di organizzare un party nella mia cucina.
Mi diressi verso il soggiorno.
Ero già pronta a sgridarlo quando, aprendo la porta, mi resi conto che non era da solo. Rimasi per un secondo stordita dalla sua presenza.
«Buongiorno sorellina»
Mi salutò Carlos.
«Bounjour mon amour»
Disse il suo antipatico amico lanciandomi un sorrisetto.
«Non mi chiamare mai più 'mon amour'»
Risposi disgustata. Non lo sopportavo, e ne ero certa: lui non sopportava  me. Ci conoscevamo fin da piccoli, e anche se all'inizio sembravamo andare d'accordo le cose erano cambiate con l'arrivo dell'adolescenza. Purtroppo, però, lui continuava a essere il migliore amico di mio fratello e per giunta il suo team mate alla Ferrari.
«Lo sai che sei proprio carina con gli orsetti addosso? Ti fanno sembrare quasi una persona dolce e gentile»
D'istinto mi osservai il pijama. Non era mia intenzione farmi vedere da lui con gli orsetti stampati sulla maglietta, ma ormai che c'ero tanto valeva contrattaccare, dargliela vinta non era un'opzione.
«Tu invece lo sai che sei proprio divertente? Vestito di rosso di prima mattina sembri un teletabis»
«Okayyyy...»
Ci interruppe Carlos cercando di calmare le acque. Lui strinse gli occhi lanciandomi un sorrisetto strafottente e io decisi di ignorarlo.
«Bounjour»
Disse la mia migliore amica sbadigliando, mentre si sedeva su una sedia vicino a me.
«'Giorno»
La salutai cercando di dimenticarmi del battibecco con Charles. Tanto era una cosa consueta per noi due. Lui e mio fratello venivano qui a fare colazione ogni mattina, ci insultavamo a vicenda, e, successivamente, ognuno andava a farsi i cavoli suoi. Con la piccola differenza che da quel giorno mi sarei ritrovata con loro a lavorare. Quando mi avevano preso alla Ferrari ero entusiasta ma consapevole che avrei visto Charles più spesso, come se il fatto che fosse il migliore amico di mio fratello non mi obbligasse a frequentarlo già abbastanza.
«Pronta Cecy?»
Mi chiese Isabel mentre io bevevo il caffè che intanto Carlos mi aveva preparato.
«Si. Sono un po' in ansia, però sono pronta»
Sentii lo sguardo di Charles addosso, ma non mi girai. Sapevo che se lo avessi fatto si sarebbe messo a dire qualche cattiveria.
«Andrà tutto bene, sorellina»
Mi disse Carlos, gli sorrisi mentre notavo come lo sguardo di Isabel si era poggiato su di lui.
«Vieni con noi, alla fine?»
Mi chiese poi, attirando l'attenzione di Charles che nel frattempo si era distratto a guardare il suo telefono.
«No. Mi accompagna Isa»
Lui sorrise. Sapeva bene il perché di quella mia scelta. Mio padre mi aveva assillato giorni prima dandomi della 'bambina immatura' ancora incapace di comprendere il lavoro che stava dietro ogni pilota. Io ero consapevole dei miei limiti, ma nonostante ciò, non volevo precludermi la possibilità di lavorare finalmente nel posto che io definivo da sempre 'casa'. Volevo fare finta di essere indipendente, e l'unico modo per iniziare bene era quello di arrivare da sola, o meglio con Isabel, dato che la mia patente non la vedevo nemmeno con il binocolo.
«Va bene. Noi andiamo allora»
Salutai Carlos con un bacio sulla guancia.
«A me non me lo dai un bacetto, mon frere? »
Charles mi si paro' davanti e io lo spintonai.
«A te al massimo do una sberla, che ne dici 'mon frere'?»
Risposi imitandolo. Nei suoi occhi passo' un lampo di divertimento.
Isabel ci guardava mentre tratteneva una risata.
«Charles! Se rimani li ancora per qualche secondo ti arriva davvero una sberla, te lo dico per esperienza personale!»
Lo richiamo' Carlos dalla porta.
Alzo' le sopracciaglia mostrando mi i suoi occhi verdi, e mi sorrise, mentre io invece alzavo gli occhi al cielo.
«Ci vediamo al lavoro, mon frere»
Disse infine anche lui prima di sparire dietro la porta.
«Cavolo...»
Esordì la mia migliore amica una volta che la porta si chiuse.
«Siete incredibili»
Sentenzio' ridendo.
«Sembrate cane e gatto, eppure mi ricordo che da piccoli non eravate proprio così...»
Continuò lei marcando la sua erre moscia.
«Hai ragione. Da piccoli non mi ricordavo nemmeno come pronunciare il suo nome quindi...»
«Lo sapevi già bene il suo nome, eccome se lo sapevi»
Aggiunse, sincera come sempre.
«Grazie di avermelo ricordato. Adesso, invece, dimmi un po' cos'erano quegli occhietti dolci che facevi a Carlos... »
Sorrisi quando mi accorsi di aver fatto centro. Le sue guance era diventate visibilmente rosse, e la cosa era ancora più evidente dato il contrasto con la sua pelle chiara.
«Nessun occhietto dolce. Forse vedevi i tuoi riflessi in quelli di Charles»
Risi.
«Si si... Aventi dimmi cosa succede con mio fratello... »
Ammiccai curiosa.
«Per il momento nulla...»
Ammise lei abbassando lo sguardo.
«Tu e il mio fratellone... Approvo!»
Affermai continuando a ridere.
«Rallenta Chica... Carlos non mi ha mai nemmeno guardata»
«Si potrebbe rimediare»
Risposi mentre guardavo la sua perfezione. Bionda, occhi azzurri e quell'adorabile accento francese, non come quello di Charles, antipatico e da signorino so tutto io...
«Signora Leclerc, sveglia! Ti si legge proprio in faccia quando pensi a lui»
Le lanciai il tovagliolo.
«Non dire mai più una cosa del genere. Potrebbe venirmi l'orticaria»
Lei rise di nuovo. Era il momento di scappare da quella conversazione.
«Vado a farmi la doccia che è già tardi!»
Annuii mentre finiva di bere il suo cappuccino.
Mi diressi in bagno e chiusi la porta.
Una doccia per scacciare via quell'antipatico di Charles dalla mia testa, si, è proprio questo che ci vuole. Pensai mentre mi spogliavo. Entrai in doccia, aprii il getto ed ecco che una scia di acqua congelata mi invase la schiena.
«Ah!»
Urlai prima di uscire dalla doccia infreddolita, presi l'accappatoio, e mi accordi di un post-it giallo attaccato sopra lo specchio.

'Bourjour mon amour... Stamattina ho finito l'acqua calda! Ma la doccia fredda fa bene alla pelle...ci vediamo a lavoro!'
Charles

Stropicciai il post-it con la mano.
La mia ira stava crescendo talmente tanto che la doccia fredda era niente in confronto a quello che gli avrei voluto fare in quel momento.
«Tutto ok? Ho sentito che...»
Isabel aprì la porta e si bloccò non appena mi vide zuppa e infreddolita nell'accappatoio.
«Charles?»
Annuii chiudendo gli occhi e stringendo la mascella.
«Chiamo Gianluca»
Disse ridendo.
Gianluca era un nostro amico e coinquilino che abitava nell'appartamento sotto al nostro, e da sempre era l'unico in grado di sistemare la caldaia quando si bloccava.
Mentre pensavo in quanti modi poterla fare pagare a Charles mi asciugai velocemente e mi diressi verso la centrale della caldaia, la aprii e poi rimasi imbambolata, sentendomi talmente tanto inutile da iniziare a pensare a quanto io fossi stata idiota a ritenermi anche solo per un momento adatta a un lavoro alla Ferrari. Era assurdo come, in quei giorni, a ogni minimo problema iniziavo a pentirmi di aver accettato di lavorare in Formula 1.
Iniziai a pensare a mia madre e a mio padre, e al modo in cui avevano reagito quando avevo detto loro della mia assunzione. La reazione di mia madre era stata prevedibile. Anche il solo colore rosso la irritava, il che era riconducibile al modo in cui i miei genitori si erano lasciati. Mio padre non riusciva a stare tanto a casa a causa del lavoro, e mia madre aveva sempre odiato le macchine, motivo per il quale non avevo molte possibilità con lei.
Mio padre era la mia unica speranza. Credevo che sarebbe stato orgoglioso di me, e invece reagì dicendomi, con una calma tagliente, quanto secondo lui fossi ancora una bambina, non capace di comprendere la responsabilità che comportava un lavoro in Ferrari. Da quel giorno in poi non eravamo riusciti più a stare in una stanza senza litigare per più di due minuti.
L'unico, a parte Isabel, a sostenermi era stato Carlos. Era felice del fatto che iniziassimo a lavorare insieme, e io stessa non vedevo l'ora di rendermi utile e non essere più soltanto una spettatrice del suo lavoro.
«Gianluca sta venendo con la sua cassetta degli attrezzi...A cosa stai pensando?»
Isabel mi riportò alla realtà.
«A... Tutto. Ne vale davvero la pena?»
Incrocio' le braccia.
«Saresti stupida a pensarlo anche solo per un secondo. Mi hai capita?»
Gli occhi mi diventarono lucidi. Odiavo sentirmi così... fuori posto.
«Lo sai che non amo queste cose, ma... Non è che...»
Lei mi Sorrise.
«Viene qua stupide»
Mi strinse forte mentre una lacrima mi scendeva sulla guancia, dopo tanto tempo che le trattenevo per non dover piangere davanti agli altri. Ci mancava solo che piangersi davanti a mio padre, così da confermare la sua teoria della bambina incapace.
«Torno dopo piccioncine se avete bisogno di privacy»
Ci sciolsimo dall'abbraccio.
«Scemo»
Lo spinsi scherzosamente dal braccio. Mentre mi asciugavo una lacrima.
«È tutto ok?»
Mi chiese aggrottando le sopracciglia.
Lui si era rivelato un ottimo amico negli ultimi tempi e capiva subito se qualcosa non andava, anche se in quel momento non è che ci fosse molto da capire dati i miei occhi rossi.
«Si... I soliti dubbi, ma niente di ché»
Sorrisi e lui fece lo stesso. Mentre si abbassava per guardare il quadro della caldaia mi rivolse uno sguardo veloce.
«L'unica cosa di cui devi avere paura è che ti potresti innamorare di uno di quei bei ragazzi, e dimenticarti di me»
Sorrisi di nuovo, mentre invece Isabel lo squadrava in modo strano.
Mi lanciò uno sguardo inequivocabile mentre mimava le parole 'È cotto di te'. Io scossi la testa ma lei, cocciuta, rivolse lo sguardo verso il cielo. 
Io e Gianluca eravamo amici e queste battute le facevamo sempre, nessuno dei due aveva mai pensato fino a quel momento a qualcosa di più.
«Tranquillo non c'è nessun rischio»
Dissi scherzando a mia volta. Mi passarono per la mente tutti i piloti e la maggior parte erano come fratelli. Eravamo tutti cresciuti insieme, ovviamente tutti tranne Charles. Lui per me era solo il ragazzo che puntualmente si divertiva a mettermi i bastoni fra le ruote.
«Da adesso ti chiamerò Ferrari girl»
Mi disse infine facendomi l'occhiolino.
«Ci vorrà molto?»
Chiese Isabel con una smorfia di preoccupazione.
Ci fu un momento di silenzio e poi sentimmo un rumore, e l'acqua inizio a uscire da un tubo.
«Mettetevi comode ragazze... Maranello dovrà aspettare»

Into You - Charles Leclerc Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora