🔪ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 𝔬𝔱𝔱𝔬🔪

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𝒫ℴ𝓋: ℛℯ𝓰𝓃ℴ 𝒹𝒾 𝒩𝒶𝓅ℴ𝓁𝒾

Ormai non andavamo più da nessuna parte, niente vacanzette carine in famiglia.
Se andavamo era solo a Cuma per gli oracoli, perchè papà non capiva che destino dovevano prendere i suoi figli.
Mamma invece aveva iniziato a trattarci meglio, se nom era per quegli sbalzi nervosi che Roma le faceva venire, era arrivata a squarciare la schiena a Regno, le si vedevano le ossa piccina...

Lì a Cuma stavamo qualche mese, tre in tutto, poichè gli oracoli erano diventati lenti.
La sibilla diceva che il dio Apollo si faceva sempre meno sentire con il cristianesimo che si faceva più comune.
«Questa stupida indovina. L'unica ragione per cui si fanno sibille è per giacere con Febo lo dico io»
«Solo perchè ciò che visionano non ti arriva subito non vuol dire che non fanno il loro lavoro. Anzi forse è la profezia il problema...» gli rispose mamma.
Eravamo tutti fuori dalla grotta della sibilla.
I miei fratelli giocavano, io ero lì con i miei genitori, a discutere.
«Padre.. se posso esprimere parola, forse è qualcosa che la sibilla preferirebbe non-»
Ed è a quel punto, che tutta bianca, pallida, magrolina ma immensa nel suo potere, con il peplo sul viso, la Sibilla Cumana, splendida davvero, con i suoi capelli bruni e gli occhi grandi.
«Allora? Finalmente un oracolo buono?» Roma alzò la voce.
«Se per buono, Roma, intendete che finalmente sia comprensibile allora si. Ma se vi riferite buono di bontà, allora mi dispiace contraddirla mio signore» Disse lei, io li guardai, mia madre mi accarezzò una spalla.
«Parli allora sorella mia» disse proprio mia madre, lei considerava tutte le donne proprie sorelle e figlie.
«Febo vede poveri bambini, povere anime, vagare sole per vie sconosciute. Guidati dai fratelli più grandi e cresciuti proprio da loro e diventare nazioni molto tardi. Vedo la morte di ognuno di loro, nessuna morte gloriosa, nessuno muore da generale, nessuno muore da re o regina...tranne uno. È un maschio, ma non è chiaro in realtà.»
Papà guardò lei, mia madre e infine me e i miei fratelli. «Cosa mi sai dire di lui» mi prese per il colletto della toga.
«ROMA!» mamma sembrava quasi cacciare i denti.
«Stai zitta! Non vedi come sei una cagna, come lo difendi il tuo cucciolo. Su Sibilla, dimmi cosa vedi di lui!» mi chinò la testa tirandomi i capelli.
«...» La sibilla mi guardò. «Vedo...Vedo un giovane molto amato, da...oh» si fermò.
«Cosa?»
«mi correggo, un giovane che molto ama, quasi mai è corrisposto e, dei miei, che hai dentro ragazzo? Questi tormenti.. ma un uomo allegro, che canta, che balla....ma la morte lo segue, vi segue tutti.»
Mi lasciò i capelli con forza, sentii la testa sbattere sui ciottoli.
«E di lei che vedi?» prese Regno in braccio, delicatamente, era il suo gioiello, gli avevano detto che era la sua erede e lui la trattava come una bambolina.
«Vedo..» si fermò la sibilla, spalancando gli occhi e indietreggiando «..oh. Dei miei, povera creatura.. questo spirito che hai dentro, chi lo ha rinchiuso in te?» guardò la piccola negli occhi. «Portatela lontana da me!.. Via via! Portatrice di sciagure è quella bambina!»
La guardai, con ormai il sangue sulla fronte, la donna corse all'interno della grotta.

Papà si inginocchiò davanti a mamma, per, come si soleva, "baciarle le ginocchia".
«Strega, cosa hai fatto, a maledirmi così?!»
«Nulla Roma! Non ho fatto nulla!.. Dovresti ben saperlo che è stat tua sorella a maledirti e quanto una maga potente ella sia» lei lo calciò via, prendendo Regno tra le braccia e abbracciandomi forte. «Venite bambini, andiamo a casa»
Ci condusse tutti a quella che era ormai una casa vacanze, sul lago d'Averno.
Mi asciugò il sangue dalla fronte e mi diede un bacio sulla ferita.
«Perdonami, bambino mio, se perdo le staffe. Quell'uomo non mi da pace»
«Va tutto bene mamma. Su di me ha ragione..»
«Non osare dargli retta in alcun modo.» tirò leggermente il mio braccio.
Mi zittii, non volevo farla arrabbiare.
«Va con i tuoi fratelli» ordinò solamente.

Uscii di casa, stavano giocando sulle rive, tranne Regno, che era troppo piccola e non sapeva nuotare.
Solo quando mi voltai verso casa, vidi di nuovo quella "donna" dal manto purpureo, cambiare nuovamente forma, in quell'uomo zoppo; ma zompettò via.
Andai da mia sorella.
«Perchè non chiedi a qualcuno di rimanere qui con te? O di tenerti la mano?» le chiesi, sedendomi di fianco a lei..
La guardai, aveva solo quattro anni e dopo Sicilie era la più bella bambina che avessi mai visto, come tutte le mie sorelle certo, ma questa era bellezza divina.
Aveva due occhioni color del miele che riflettevano il sole, i boccoli naturali, che ondeggiavano con cura e le guance soffici e rosee.
«...Perchè tu invece non vai con loro?»
«Perchè non voglio che stai sola.»
«Mh..»
«...» sorrisi e la presi in braccio «Pronta?»
Rimase in silenzio, poi sorrise e mi abbracciò «Andiamo!»

Mi tolsi la toga per non bagnarla, mettendola su un piccolo pontile, insieme a quella di Regno. Che si strinse a me mentre la tenevo in braccio.
«Sai che è fredda vero?»
«Si!»
«Quindi sei pronta?»
«Sii!»
«Sicura sicura?»
«Siiii andiamo!»
iniziai piano piano a immergermi arrivando solo a qualche metro dalla riva così che l'acqua mi arrivasse al petto.
«È freddaaa» disse, stringesi ancora per cercare calore.
«Eh già» ridacchiai.
Improvvisamente entrambi sentimmo uno schizzo enorme addosso, mi voltai di scatto e sentii abbaiare.
«Maria no-» iniziò a leccarmi il viso.
«Maria nuota meglio di me» disse Regno.
Scoppiai a ridere.

Eravamo entrambi dal lato opposto di casa nostra, così che non ci avrebbero disturbato, misi una mano sul ventre di Regno e la guidavo piano piano.
«Sto nuotando!»
«Ma che brava!»
La ripresi tra le braccia, dandole dei piccoli baci sulle guance.
«Napoli?»
«Si?»
«Tu mi vuoi bene?»
«Certo, perchè questa domanda?»
«...Non lo so. Sento come se gli altri non mi vogliano.»
«...» la abbracciai sempre di più. Ero arrabbiato, arrabbiato che pensava questo e che glielo avevano fatto pensare. «Tesoro, certo che ti vogliono bene anche gli altri»
«Allora perchè la sibilla è corsa via?»
«Perchè ha visto qualcosa nella nostra famiglia che non le piaceva..»
«Ma era rivolta a me»
«...Si perchè tu sei l'erede di papà»
«Ma sei tu il più grande»
«Certo ma.. papà ed io non andiamo d'accordo.»
«Mh...»

Appoggiai Regno sul pontile.
«Vestiti» le dissi, calmo.
«Ok»
Mi imersi, per bagnarmi anche i capelli, poi risalii sedendomi accanto a lei. Anche io mi rivestii.
«Piaciuta la nuotata?»
«Tantissimo. Facciamo anche domani?»
«Prometti che mi aiuti a lavare Maria domani?»
«...Ok-»
«Va bene allora»
Ci fu per un momento un fruscio anormale tra le foglie, Maria era vicina a me, non poteva essere lei. Mi alzai.
«Mh?» Regno mi guardò.
Io osservai per un attimo dietro le frasche, nulla...
Poi guardai meglio, sentii qualcosa.. no, qualcuno, saltarmi addosso.
Era un ragazzo di poco più piccolo, aveva gli occhi scuri, i capelli lunghi e lisci e un po' di barbetta, ma era relativamente poca, giusto un baffetto.
Era più robusto e più alto di me, aveva un pugnale tra le mani, ed era sporco di terra; lo calciai un paio di volte, non gli avevo fatto granchè, ma poi, un po' per paura, un po' inconciamente, provando a spingerlo, il mio corpo divento bollente, tanto che gli feci un impronta permanente sul petto.
Maria gli saltò addosso appena si alzò da ma.
«Maria! No!» la presi, allontanandola.
Il ragazzo corse via, di nuovo tra le foglie, Maria lo aveva morso, però lei non mordeva forte, si era infilata solo il suo braccio in bocca e lo aveva leggermente sfiorato.

𝒫ℴ𝓋: 𝒯ℯ𝓇𝓏𝒶 𝓅ℯ𝓇𝓈ℴ𝓃𝒶

Napoli, verso tarda sera, era nuovamente solo, si ritrovava a passeghiare spesso per quello che era "il posto in cui è caduto Icaro" o meglio, era fuori al tempio di Apollo, costruito da Dedalo stesso, per la morte del figlio Icaro.
Si sedette lì, ammirando il cielo, mentre il sole tramonatava. Guardò quella che era "la bocca degli inferi", così cantava Virgilio del lago Cumano nell'Eneide.

Si ritrovò stranamente a pensare a quel ragazzo, che era, probabilmente l'unico ad aver provato ad ucciderlo, senza prima molestarlo in qualche modo. Aveva la pelle un po' abbronzata, era molto simile a Nehir, ma non ci voleva pensare a lui, ci stava ancora profondamente male.
Il malpelo improvvisamente vide un baglioere dall'antro della sibilla.
Si avvicinò davvero molto poco, rimase fuori, emtrare sarebbe stato come profanare un tempio.
Sentiva la sibilla parlare, da sola, con se stessa. Non era una sorpresa, ma faceva un po' ridere.

La donna si lamentava di quanto Roma avesse addirittura provato a sedurla per cambiare la profezia della piccina.
Ma tutti i suoi tentativi furono vani, era così stupido da pensare che le profezie potessero essere cambiate.
«Voleva davvero ingannare Febo e le moire?»
si chiese scherzosamente il ragazzo.
Poi continuò ad ascoltare, la donna diceva che stava invecchiando e che presto un'altra ragazza e un nuovo veggente avrebbero dovuto prendere il suo posto.
Chiese dunque a Febo di scegliere, scaraventò una luce, un incantesimo verso l'uscita che colpì Napoli in pieno.
«L'hai già trovato?..È qui fuori? Ci stava spiando»
e ad udire ciò, Napoli si mise a correre, corse e corse fino a casa, sperando che la sibilla non lo seguisse.
Entrò dalla finestra di camera sua, si sedette sul letto, ansimando.
«...dei miei...» poi l'urlo di suo padre gli fece perdere la calma.
«NAPOLI!»

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𝑨𝒏𝒈𝒐𝒍𝒐 𝑨𝒖𝒕𝒐𝒓𝒆

𝑬𝒕 𝒗𝒐𝒊𝒍𝒂̀🐧

🎴~𝔖𝔬 𝔱𝔥𝔦𝔰 𝔦𝔰 𝔩𝔬𝔳𝔢?~🎴{𝑖𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎𝑛 𝑐ℎ}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora