Capitolo 12

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"Non posso dirtelo - ma tu lo senti -

né tu puoi dirlo a me."

—Emily Dickinson

Baciami.

Elias non esitò. Le sue labbra trovarono le mie in un impeto di desiderio. Erano morbide come le avevo immaginate, ma non c'era traccia di dolcezza nel modo in cui mi stava baciando. Si impossessò della mia bocca e io lo lasciai fare, con il cuore in gola. Il calore si propagò in tutto il mio corpo, da quel contatto. La sua lingua si scontrò con la mia, stuzzicandomi e giocando con maestria. Mi aveva preso il viso tra le mani e io mi ero aggrappata al suo collo, avvicinando il busto al suo. La sua pelle bruciava sotto al mio tocco e mi permisi di esplorarla senza scrupoli. Godetti del suo collo largo e delle spalle tese, e scivolai con foga sulla muscolatura allungata e attiva delle braccia. Il nostro bacio si stava facendo disperato, e quando gli morsi il labbro inferiore, Elias arrotolò una mano intorno ai miei capelli lunghi e li tirò indietro dalla nuca. Inclinai a forza la testa, ma quel dolore mi provocò solo un'altra scossa di piacere.

Ci guardammo. I suoi occhi color mogano erano pericolosi. Bellissimi e pericolosi, come ogni parte di lui. I miei, blu com il mare in tempesta, li sentivo ancora pieni di lacrime. Mi domandai cosa ci vedesse dentro.

«Troppo» rispose ai pensieri nella mia mente. Non mi agitai, però, perché in quel momento averlo nella testa non mi faceva paura. Anzi, il senso di calore continuava a invadermi da dentro e non ero mai stata così bene in vita mia.

«Non fermarti» implorai. Mi vergognai del mio desiderio, ma le sue pupille si dilatarono e il suo corpo si schiacciò nuovamente al mio. Percepii la sua erezione a contatto con il mio addome. Deglutii.

Che cosa sto facendo?

«Smettila di pensare, piccola.» Anche senza suono, la sua voce era bassa e roca. «Mi distrai sempre con i tuoi mille dubbi.»

Si abbassò sul mio collo e baciò ogni lembo di pelle. Mi stava ancora tirando indietro i capelli, tenendomi immobile e a sua disposizione. Quando mi abbassò la spallina del vestito, lasciando libero un seno, fremetti. Si fermò con la bocca che mi sfioravano il capezzolo inturgidito, facendomi scappare un gemito di frustrazione.

«Implorami ancora.» Un altro sussurro provocante nella mia testa.

«Perché? Ti sei già preso la mia dignità entrandomi nella mente. Non posso nemmeno nascondere quanto ti voglio e vuoi pure che io ti implori ancora?» Non desideravo altro che averlo dentro di me, nella testa e nel corpo.

«È proprio perché mi sei dentro che so ciò che desideri.» Sfiorò il capezzolo con il pollice, per poi strofinarselo tra le dita. Il mio corpo si tese.

«Sei tu che sei nella mia testa, non io.»

«Ne sei sicura? Questa volta il contatto l'hai cercato tu. Io ti ho solo lasciato accesso. Mi hai raggiunto tu nella mia mente. Le tue istruzioni sono molto chiare, piccola.»

«Non è vero» ansimai, mentre mi massaggiava il seno. Mi tirò giù anche l'altra spallina, lasciandomi il busto scoperto. Il mio immaginario volava ai cento all'ora e pensava ai mille modi in cui avrei potuto godere sotto alle sue mani.

Lo guardai di nuovo negli occhi, desiderando che facesse qualsiasi cosa con me, e rividi uno degli sguardi che anche suo fratello mi rivolgeva. Quando mi studiavano il viso, avevano la stessa espressione. Spalancai le labbra, sentendomi subito in colpa. Avrei voluto sparire dalla faccia della Terra. Mi staccai da lui, schiacciandomi contro il muro per interrompere quel contatto e mi coprii i seni con le braccia.

CAILLEACH - Tra passione e vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora