Capitolo 13

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"Porto con me le ferite di tutte le battaglie che ho evitato."

—Fernando Pessoa

Non mi parlò. Non si mosse. Rimasi a piangere disperata, desiderando tutto e niente insieme. Avevo bisogno di un abbraccio. Non mi meritavo nemmeno di respirare. Volevo morire. Ma c'era forse punizione peggiore di tenermi in vita con le mani sporche di sangue?

Quando i miei pensieri fluirono in mezzo al dolore e si chiesero come fosse possibile, Elias si sedette accanto a me. La sua mano sfiorò il mio viso, e una serie di immagini mi invasero la mente.

Era il mio stesso ricordo. Di me ed Aine alla scogliera. Le davo la mia sciarpa, le promettevo che ne avrei finalmente sentito il calore. I miei passi sulla roccia, il vento sferzante a scompigliarmi i capelli. La salita nel faro, l'incontro con la ragazza. Ora che la osservavo di nuovo, notavo la somiglianza con Elias. Mi sembrò avesse lo stesso nasino di Nick, con la punta all'insù.

«Sei giovane.» Ero proprio io che parlavo. «Avrai sì e no l'età di mia sorella. Che cosa ci fai qui?»

«Sono Margaret» la sua voce era ferma e sicura.

«Margaret doveva essere maggiorenne. Mi hai mentito, per messaggio.» Mi strinsi le braccia al petto, dubbiosa sul da farsi.

«Non importa. Voglio i tuoi poteri.»

Aggrottai le sopracciglia. «Sei giovane. Potresti manifestarli di qui a qualche anno. Vieni da una famiglia di non magici?»

«Non sono affari tuoi.»

«Lo sono, invece. Non voglio avere problemi. Questo incontro doveva essere diverso» feci qualche passo indietro, risoluta.

«Anche tu sei giovane. Non sei maggiorenne nemmeno tu, vero?»

Serrai le labbra. La ragazzina mi guardava, severa, determinata. Venne verso di me.

«Ho bisogno dei tuoi poteri. Gli accordi erano questi: ci troviamo al faro e mi passi la tua magia. Siamo qui. Non puoi tirarti indietro, ora.»

Arretrando ancora, mi scontrai con il muro. Lo spazio era così piccolo che mi stava facendo soffocare.

«Non so come funziona, di preciso. Non l'ho mai fatto prima. È meglio annullare tutto.»

«No! Ne ho bisogno!» La ragazza mi aggredì e il senso di paura si fece sempre più forte. Il mio potere reagì d'istinto. Quando mi toccò, la mia pelle divenne luce e la tempesta ruggì attorno al faro. Un vento aggressivo entrò dalla piccola finestrella, graffiandoci il viso. Margaret urlò. Mi stava stringendo le spalle. Poi, il freddo la raggiunse. Il suo corpo si riversò a terra. Gridai. Gridai ancora. E ancora, e ancora.

La visione del mio ricordo, all'improvviso, subì una lieve scossa. Non stavo più rivivendo ciò che era successo, stavo... osservando ciò che era venuto dopo. Ero all'interno del faro, ma non dentro al mio corpo. E in quello spazio angusto non c'era più nessuno.

Aine mi aveva raggiunta subito, alle mie grida, e mi aveva trascinata fuori di forza. Eravamo scappate insieme, corse via, inciampando sulla roccia a picco sull'oceano. Mi sarei buttata, se Aine non mi avesse tenuta salda per mano. Mi ero guardata indietro così tante volte, ma non avevo visto alcuna persona entrare nel faro.

Ora, invece, stavo guardando un ragazzo uscire con foga dalla scala a chiocciola.

«Margaret!» chiamò. Riconobbi la voce di Elias. Il dolore che provai mi mozzò il respiro. I miei polmoni si strinsero così forte che per un istante non vidi più nulla.

Elias prese in braccio la ragazza. Sua sorella.

Avevo ucciso sua sorella.

«Che hai fatto, Marg? Che hai fatto?» Elias pianse sul suo corpo, la pelle assiderata, gli occhi vitrei ancora spalancati.

CAILLEACH - Tra passione e vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora