Capitolo 15

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"Ma il mio corpo era come un'arpa e le parole e i gesti di lei come dita sulle sue corde."

—James Joyce

Le nostre ginocchia si sfioravano. Ed ero fin troppo consapevole del millimetro che mancava perché si toccassero. Non c'erano dubbi: la conversazione con Elias aveva un poco diminuito il peso del macigno che mi portavo sul cuore. Non potevo scagionarmi, però, perché mi sarei sempre ritenuta responsabile dell'accaduto e non avrei mai addossato colpe a una ragazzina che non conoscevo e non avevo alcun diritto di giudicare. Avevo sbagliato, punto. Avevo perso il controllo. Punto. E la responsabilità di quello era solo e soltanto mia.

Le cose non sarebbero mai cambiate, nemmeno con le dichiarazioni di Elias, ma finché eravamo io e lui nella mia stanza, forse avrei potuto tornare a respirare. Almeno un pochino. C'erano ancora molte cose da capire e da elaborare. Potevo accettare l'attrazione che ci palpitava attorno, dopo tutto ciò che Elias mi aveva fatto passare in quelle prime settimane alla Sean? Certo, l'avevo pregato io stessa di uccidermi, e pensavo ancora di meritarmelo. Ma lui aveva giocato con me senza scrupoli, e solo dopo mi aveva parlato del ruolo che avevo inconsapevolmente avuto nella sua vita.

Potevo mettere da parte il fatto che aveva varcato i miei confini mentali senza chiedermi il permesso? Tutto ciò che aveva visto e sentito entrando nella mia mente... non l'avrei condiviso con lui, in una situazione normale. Ma d'altra parte, io ero la prima a non essere normale.

Non dimenticavo chi fosse suo fratello, poi. Nick era stato il mio primo amico in quel campus e, per la prima volta, mi aveva fatto battere il cuore per qualcosa che non fosse legato all'ansia, agli attacchi di panico, al mio passato. Mi aveva vista, accolta, accettata. Il nostro legame si intensificava di giorno in giorno e io...

Io avevo baciato entrambi. L'assurdo era che gli avevo rovinato la vita molto prima di cedere alle loro labbra.

Mi ero così persa nelle mie valutazioni, che mi sfuggì una risatina amara, piena di disprezzo per me stessa. Elias allora serrò la mascella. Non riuscii a interpretare il lampo fugace che comparve nei suoi occhi. Forse era stato dovuto al pensiero del mio bacio con Nick.

L'idea che potesse essere geloso mi balenò nella mente, e mi ricordò gli ultimi sviluppi nella relazione con suo fratello. Il modo in cui Nicola iniziava a dimostrare a chi ci circondava che eravamo qualcosa di più, anche se non avevamo ancora definito nulla. Mi domandai come avrebbe reagito, se avesse saputo ciò che stava accadendo tra me e suo fratello. Se anche avessimo sorvolato sul nostro bacio, considerandolo solo un errore, come si poteva eludere il contatto perenne che avevamo io ed Elias?

Elias, come minimo, aveva preso parte a tutte le mie personali considerazioni, in quei secondi di silenzio. Dal modo in cui studiava il mio volto, sembrava stesse cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. O la mia.

I suoi occhi viaggiarono sulla mia bocca, si soffermarono sulla linea del mio collo e poi scesero sul resto del corpo. Il suo palmo si fece strada sul ginocchio che stava sfiorando il suo. Mi accarezzò per qualche istante con il pollice, poi si avventurò sulla mia coscia e mi strinse la carne.

Nella mia mente, si riversò un ricordo del mio corpo mezzo nudo. Un ricordo che però non era mio. Elias mi stava spogliando dal vestito che Rajah aveva creato per me, in occasione della seconda festa nel bosco. L'aveva fatto con delicatezza, dopo avermi riportata nella mia stanza, ancora senza sensi. Non mi aveva toccata più del dovuto, ma aveva osservato con ammirazione ogni parte di me, mentre non perdeva tempo e mi rivestiva subito.

Prendere parte al suo ricordo mi fece venire i brividi. Non per il fatto in sé, che mi metteva comunque in imbarazzo, ma per le emozioni che percepivo di conseguenza. Elias mi aveva desiderata. In un modo così carnale e totalizzante da spaventarmi più delle sue minacce di morte.

CAILLEACH - Tra passione e vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora