capitolo 5

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Arrivò Mario  che mi disse che dovevamo parlare, come previsto mi portò fuori, Arel era su una torre nascosto, aveva un arco in mano, pronto a far fuoco.
Mario mi iniziò a parlare ma il mio cervello era spento, non potevo fare altro che pensare a ciò che voleva farmi e continuavo a chiedermi se era vero ciò che mi aveva detto Alan.

Mario: “ Ray”
Ray: “sì?”
Mario: “ti voglio bene”
Mi si scaldò il cuore e gli sorrisi.

Non feci in tempo a rispondere che Arel scagliò una freccia verso gli alberi. Li aveva avvistati.

La campana di guerra suonò e lì tornai alla realtà.
Mario si allontanò scioccato, nel mentre i miei cavalieri andarono a l’attacco verso i ragazzini e le loro forze armate.

Ray: “ti do la possibilità di scappare, i tuoi amici considerali morti”
Mario: “sei un bastardo, uno schifoso bastardo!”

Mi spinse.

Mario: “fatti una domanda se mamma non ti ha mai voluto, se tuo padre ti ha abbandonato e se fai ribrezzo a tutti! Sei un fottuto mostro!”

Lo presi per i polsi.

Ray: “mamma ha sempre e solo voluto bene a te, ora ascoltami attentamente. Ti sto dando la possibilità di vivere, corri via io ti copro da qualche eventuale attacco, non voglio ucciderti ma se resti ancora qui…”

Ci fissammo, il discorso con lui mi distrasse così tanto da non rendermi conto dello squarcio che mi aveva procurato uno dei suoi cavalieri.
Lasciai andare Mario, presi la mia spada e lottai.
Lottai come un mostro assetato di sangue e vendetta, il tempo non fu a mio favore, iniziò a diluviare ma sicuramente non sarà la pioggia ad uccidermi. Uccisi tutti i nemici sul mio cammino, ignorai completamente la mia ferita sulla schiena, che a causa dell’adrenalina non sentivo più il dolore.
Ero completamente sporco di sangue,  a terra c’erano solo corpi morti, ormai il verde del prato non esisteva più.

Buttai la spada a terra e gridai, gridai come un dannato, sentivo di stare per esplodere per quante emozioni provai in così poco tempo.
Presi a calci la spada e mandai tutto a quel paese, avevo vinto ma dentro di me sentivo di aver perso tutto, avevo perso il mio fratellino.

Abele mi si avvicinò e mi strinse a sé, mi dimenai, non volevo niente e nessuno in torno.
Ma lui non si fece problemi a tenermi, mi strinse forte mentre io piangevo e lì fu la prima volta che sentii un minimo di compassione nella sua voce, era leggermente tremante e mi disse un qualcosa di così tanto significativo e dolce che mi fece solo piangere di più.

Abele: “lo sai che ci tengo a te?”

Ricambiai il suo abbraccio.

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