8. Compleanno

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Nell'abitazione di Oren, immersa nella foresta, il frusciare delle foglie sulle pareti era l'unico suono che interrompeva il silenzio. La luce dei fiori creava figure danzanti sulle pareti, creando un'atmosfera fatata ma inquietante. Shamsa si agitava nervosamente, incapace di trovare pace. Diana, seduta accanto a lei, guardava guardava davanti a se con occhi persi nei ricordi.

"Non posso fare a meno di pensare a Rohan e agli altri," disse Shamsa, la voce tremante mentre si stringeva le mani. "Come staranno? Saranno riusciti a mettersi in salvo?"

Diana, con lo sguardo fisso a terra, scosse lentamente la testa. "Non lo so, Shamsa. Ogni volta che ci penso... Eravamo così felici, così al sicuro... e ora siamo qui."

Shamsa si sedette su una sedia di legno, gli occhi pieni di lacrime. "Rohan era così coraggioso. Ha cercato di proteggerci. Ma adesso..." La sua voce si spezzò mentre si copriva il volto con le mani. "Non posso sopportare l'idea che gli sia successo qualcosa."

Diana si avvicinò a Shamsa e le mise una mano sulla spalla, cercando di infonderle un po' di conforto. "Non sei la sola. Anch'io sono terrorizzata. Mamma... cosa starà facendo? Ci staranno cercando?"

Shamsa alzò lo sguardo, le lacrime che le scorrevano sul viso come piccole perle di dolore. "Riusciremo a tornare? O resteremo bloccate qui per sempre? Questo posto... è così diverso, voglio solo tornare, ma..."

Diana annuì, il tono della sua voce tremante. "Lo so, Shamsa. Anch'io ho paura. Ogni rumore nella foresta mi fa sobbalzare. E Oren... anche se sembra volerci aiutare, non sappiamo se possiamo fidarci davvero di lui."

Shamsa prese un respiro profondo, cercando di calmarsi. "Dobbiamo resistere. Forse... forse troveremo un modo per comunicare con loro, per far sapere che siamo vive. E per sapere se Rohan e tutti gli altri, tutta la città... ecco..."

Diana annuì lentamente, trovando conforto nelle parole dell'amica. "Hai ragione. Non possiamo arrenderci. Ma cazzo, ci provo.  Ma non riesco proprio a pensare positivo."

Shamsa le prese le mani, stringendole con forza. "Siamo insieme. Siamo insieme da sempre e ce la siamo cavata sempre. C'è speranza. Dobbiamo solo continuare a lottare."

Diana sorrise debolmente, un piccolo barlume di determinazione nei suoi occhi. "La fai davvero troppo facile, Shamsa." Disse facendo un grosso respiro "Lotteremo, non ho intenzione di soccombere."

Shamsa abbracciò Diana, sentendo il calore dell'amicizia e della speranza avvolgerle entrambe. "Esatto. Non siamo sole. Finché ci siamo l'una per l'altra, ce la faremo"

Le due ragazze rimasero lì, strette in quell'abbraccio confortante, tutto sembrava lontano. In quel momento, non erano più solo prigioniere in un mondo sconosciuto, ma due anime coraggiose pronte a lottare per ritrovare la strada di casa.

Una mattina, mentre Oren preparava un infuso di erbe, Diana si avvicinò con una domanda che le frullava in testa da giorni. "Oren, ma se trovassimo un modo di tornare a casa... per farlo dovremmo usare la magia... o no?"

Oren si fermò un attimo, riflettendo. "Sinceramente, non lo so..."

"Ma... pensi che anche noi potremmo usare la magia? Voglio dire, proveniamo da un mondo senza magia, ma ora che siamo qui, è possibile per noi imparare?" Chiese Diana.

Oren rispose lentamente. "Posso percepire la vostra energia, ma non è come quella di qui."

Shamsa si avvicinò, interessata. "Cosa intendi? In che modo è diversa?"

Oren guardò Diana con attenzione. "L'essenza di Diana mi ricorda l'arte dell'acqua, ma... è in qualche modo diversa, più rigida forse?"

Poi si rivolse a Shamsa. "La tua essenza, Shamsa è caos, non riesco a capire. Assomiglia al fuoco ma... È come per Diana, avverto in voi qualcosa che conosco... ma non riconosco."

"Cosa significa tutto questo?" chiese Shamsa, la curiosità nei suoi occhi.

"La magia non è solo studio. Credo che voi abbiate il potenziale per usare l'arte, ma non riesco a comprendere la vostra essenza," spiegò Oren. "L'uso dell'arte è un a forma di comprensione e di connessione con la propria essenza, con se stessi. Dovete trovare la vostra forma di espressione per scoprirlo."

Diana rifletté su quelle parole. "In che senso? Intendi tipo non so, meditare?" chiese confusa osservando Oren che rispose con un cenno d'assenso. "Io ho sempre tenuto un diario. Scrivere è sempre stato un modo per esprimermi, per capire meglio me stessa. Potrebbe andare bene?"

Shamsa annuì, un sorriso illuminò il suo volto. "Per me è facile. Disegnare. Quando disegno, mi sento davvero me stessa."

Oren sorrise. "Non è una cosa che si impara in un giorno. E non basterà questo. Richiede tempo, pazienza e pratica. Questi però, sono ottimi indizi. Vi consiglio di seguirli."

Quella sera, dopo una giornata di tentativi e riflessioni sulla magia, Shamsa e Diana si ritrovarono sedute accanto al fuoco. Shamsa osservava rapita la luce delle fiamme, "Caos...?" Si chiese senza darsi risposta.

Le due ragazze rimasero in silenzio per un momento, ciascuna persa nei propri pensieri. Poi Shamsa parlò di nuovo, più lentamente questa volta, come se stesse cercando di dare voce a qualcosa di molto profondo.

"Diana... c'è qualcosa che mi turba. Ti ricordi quella notte dei nostri dieci anni?"

Diana distolse lo sguardo dal fuoco e guardò Shamsa, sorpresa. "Quale notte, Shamsa?"

"Quella notte dei nostri compleanni," disse Shamsa, la voce tremante. "Quando abbiamo visto quelle creature di fumo nei nostri sogni. Ti ricordi?"

Diana annuì, il viso che si faceva pallido al ricordo. "Sì, mi ricordo. Ci hanno punite per un infinità di tempo. Ora che ci penso però sembrava così reale. Quelle figure di fumo... erano spaventose."

"Esatto," continuò Shamsa, stringendo le mani lo sguardo illuminato dalla scoperta. "E ci siamo svegliate in mezzo alla strada, lontane da casa. Nessuno ci ha creduto quando dicevamo che non eravamo scappate di casa. Col tempo, anche noi ci siamo convinte di aver mentito."

Diana sospirò profondamente. "Sì, abbiamo raccontato quella storia così tante volte che alla fine eravamo convinte che fosse una bugia. Ma adesso, guardando tutto quello che ci è successo qui... non ne sono più così sicura."

Shamsa annuì, lottando per trovare le parole giuste. "Cosa succederebbe se quella notte non fosse stata una bugia? Se fosse stata una visione di questo mondo? Quelle creature di fumo... sembrano troppo simili per essere una coincidenza."

Diana guardò Shamsa, l'incredulità e la comprensione che si mescolavano nel suo sguardo. "Vuoi dire che quella notte, quando avevamo dieci anni, era tutto reale? Che non stavamo sognando?"

"Non lo so," rispose Shamsa, la voce un misto di paura e speranza. "Ma e se fosse stata una visione di questo mondo? Un segnale di quello che ci sarebbe accaduto? Quelle creature di fumo... sembrano troppo simili per essere una coincidenza."

Diana rifletté su quelle parole, la confusione e il dubbio nei suoi occhi. "Forse hai ragione. Forse c'è qualcosa che ci riguarda in questo mondo."

"Pensaci, Diana," disse Shamsa, la voce che si faceva più sicura. "Da quella notte abbiamo iniziato a scrivere il nostro fumetto insieme. È come se, inconsciamente, avessimo cercato di dare un senso a quello che era successo."

Diana si lasciò andare a un sospiro profondo. "Shamsa, se è davvero così, allora dobbiamo scoprire cosa sta succedendo. Dobbiamo capire perché siamo qui e come possiamo tornare a casa."

Shamsa annuì, determinazione nei suoi occhi. 

Diana prese la mano di Shamsa. "Insieme, Shamsa. Come sempre."

Shamsa annuì, trovando conforto nel calore della mano dell'amica. Il crepitio del fuoco riempiva l'aria, e pian piano, scese il silenzio tra di loro. Tornarono a perdersi nei propri pensieri, riflettendo su tutto ciò che avevano appena detto e realizzato. 

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