13. Jawhar'kala

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Ogni passo che avvicinava il gruppo alla città sembrava allontanarla, come un miraggio inarrivabile. Una forza crescente sembrava impedire loro di raggiungere l'ingresso della città deserta. Elara allungò il braccio, segnando ai prigionieri di fermarsi, mentre Aidan continuò ad avanzare.

All'ingresso della città, Aidan si fermò e si tagliò il palmo della mano. Il sangue che ne fuoriusciva venne soffiato e prese fuoco mentre Aidan sussurrava: "Siamo stati invitati." Il sangue, trasformato in fumo, fluttuò verso la città e, in un istante, l'aspetto di Jawhar'kala mutò. La città apparve piena di vita, molteplici suoni riempirono l'aria. La forza che rendeva difficile l'avvicinamento svanì e finalmente la città gli apparve vicina.

Entrarono nella città, camminando lungo strade di pietra nera. I negozi erano pieni di merci, e le persone osservavano con curiosità e sospetto il gruppo di prigionieri. C'era qualcosa nell'aria: una tensione palpabile, sguardi furtivi e volti segnati dalla preoccupazione. Guardie armate pattugliavano le strade, il loro passo fermo e vigile.

"Guardate," sussurrò Shamsa. "Questa città sembra vivere in uno stato di allerta."

"Dobbiamo essere cauti," rispose Diana, scrutando i volti tesi dei passanti.

Prima di dirigersi verso la casa di Jaeih, il gruppo si fermò al mercato. Era tradizione portare un dono alla sacerdotessa se si desiderava farle domande. 

"Ora dobbiamo scegliere un dono appropriato per Jaeih," disse Elara, conducendo il gruppo tra le bancarelle. "È importante mostrare rispetto."

Si fermarono davanti a una bancarella che esponeva splendide stoffe ricamate con fili d'oro. "Queste sono perfette," disse Elara girandosi verso il padre.

Aidan annuì, osservando attentamente le stoffe. "Sono di ottima qualità. Saranno un dono degno."

Scelsero una stoffa particolarmente elaborata, con intricati disegni floreali, e la impacchettarono con cura. Con il dono in mano, Elara Aidan e Lorcan condussero i prigionieri verso il tempio della sacerdotessa, Jaeih. 

Avvicinandosi all'oasi, videro in lontananza il maestoso tempio che si ergeva sopra il centro dell'oasi stessa, Diana si avvicinò a Shamsa e sussurrò: "Non ce la faccio più. Siamo sballottate da un punto all'altro senza poter scegliere, senza sapere, senza capire."

Shamsa annuì, lo sguardo preoccupato. "Anch'io ho paura. E se quello che ha detto Elara è vero, se potessimo impazzire..."

Diana sospirò profondamente, passandosi il dito tra la corda ed il collo. "E non possiamo nemmeno provare a scappare."

Oren le osservò con gentilezza, posando una mano rassicurante sulla spalla di Shamsa. "Capisco le vostre paure," disse con voce ferma ma gentile. "La situazione è difficile, ma non siete sole. Non permetterò che vi accada nulla di male."

Diana si girò verso Oren, i suoi occhi pieni di sospetto. "Come fai ad essere sempre calmo?" chiese.

Il gruppo raggiunse il bordo dell'oasi, dove l'acqua scorreva dolcemente e davanti a loro, una scalinata sospesa nel vuoto, conduceva direttamente alla porta del tempio.

"Non ho mai visto nulla di simile," sussurrò Shamsa con voce tremante, osservando il tempio: della stessa pietra della città, si ergeva sospeso in aria al centro dell'oasi. La struttura aveva una forma allungata e ovale.

"Non posso crederci," mormorò Diana, incredula, compiendo il primo passo dietro Aidan ed Elara. Contro ogni legge della fisica, i singoli ripiani neri, sospesi in aria, riuscivano a sorreggere il loro peso.

Varcarono la soglia e, all'interno, furono accolti da due figure longilinee, avvolte in veli neri di seta che fluttuavano silenziosamente ad ogni movimento. Le figure li guidarono attraverso corridoi illuminati da lanterne che emanavano una luce soffusa e tremolante, fino alla stanza della sacerdotessa. 

La stanza era arredata con mobili intagliati in legno scuro, arricchiti da intricati dettagli dorati. Al centro della stanza, vicino a una sfera di cristallo che sembrava contenere universo intero, vi era una donna anziana. Le sue rughe profonde raccontavano una vita vissuta, ma i suoi occhi vivaci e penetranti mostravano una saggezza senza tempo. Indossava una tunica nera con ricami dorati ed aveva lunghi capelli bianchi intrecciati con fili d'oro che riflettevano la luce proveniente dalla sfera. 

Aidan si fece avanti e, con un gesto rispettoso, presentò il dono a Jaeih. "Sacerdotessa, vi portiamo questo dono come segno di rispetto e per chiedere il vostro consiglio."

Jaeih accettò il dono con un leggero sorriso. "Benvenuti," disse Jaeih con una voce ferma ma gentile. "Cosa vi porta qui?"

Aidan si avvicinò e iniziò a spiegare la situazione. "Jaeih, li abbiamo trovati nella foresta. Questo..." disse indicando Oren, "dice di averle trovate nude dopo aver sigillato un'Ardensia nel nostro mondo. Mentre le ragazze dicono di essere stati attaccate a loro volta da un'Ardensia, ma in un altro mondo, un mondo senza magia..."

Jaeih lo interruppe con un gesto deciso. "Lui non è solo questo..." disse, fissando Oren. "Vi porgo i miei saluti, Whenua." Le sue parole erano cariche di rispetto e una leggera critica. Poi si inchinò leggermente rivolta ad Oren. "Ho avuto l'onore di conoscere la vostra precedente incarnazione."

Aidan, Lorcan ed Elara raggelarono, rendendosi conto di quello che avevano fatto. "Whenua? Una prima anima?" sussurrò Lorcan, visibilmente sconvolto.

"Perché non ce l'hai detto?" chiese Elara, la voce tremante. 

Oren alzò le spalle, un leggero sorriso sulle labbra. "Non ci avrei guadagnato nulla," rispose con un tono che, pur non essendo apertamente interessato, lasciava intuire una certa praticità.

Jaeih si voltò verso Oren. "Non avresti dovuto essere catturato. Meriti rispetto e libertà." Poi, rivolgendosi ad Aidan, aggiunse: "Sei stato sconsiderato a portarlo qui in questo modo."

Oren, con un tono pacato, rispose: "Non ho rancore, Jaeih. È un piacere conoscerti di nuovo."

L'atmosfera nella stanza era carica di tensione. Shamsa e Diana, non riuscendo ancora a capire cosa stesse succedendo, osservarono Oren, lo sguardo misto di sospetto e curiosità.

Jaeih si tranquillizzò grazie alle parole di Oren. Rivolgendosi a lui, chiese: "Per quale ragione siete giunti a chiedere il mio consiglio?"

Oren raccontò la storia delle ragazze. "Le ho trovate nella foresta, nude e disorientate. Hanno detto di essere state attaccate da un'Ardensia, ma nel loro mondo, dove sostengono non esista la magia. Nonostante tutto, sono sopravvissute."

Aidan, con rinnovato rispetto e fiducia, aggiunse: "L'attacco che le ragazze hanno subito è simile a quello che ha colpito mia moglie. Forse, sacerdotessa, voi potreste capire come mai su di loro non ha avuto gli stessi effetti devastanti che ha avuto su di lei."

Jaeih osservò attentamente le ragazze, i suoi occhi brillanti di curiosità e saggezza. L'aria nella stanza era carica di un profumo leggero e dolce, quasi etereo. "È una questione complessa," disse infine. "La loro anima mi è così familiare, ma non saprei proprio comprenderla." 

Oren intervenne. "Anch'io ho provato la stessa sensazione, Jaeih. Le loro anime sembrano... diverse."

Jaeih annuì, riflettendo. "Forse potremmo utilizzare del Komir."

Oren scosse la testa, il timore evidente nei suoi occhi. "È pericoloso. Non sappiamo se le loro anime reagiranno allo stesso modo di quelle che conosciamo."

Jaeih, senza perdere la calma, prese una ciotolina contenente della polvere nera. "Capisco le tue preoccupazioni," rispose con voce pacata, "ma se vi servono risposte, questo è quello che posso fare per voi."

Oren sospirò profondamente, la sua resistenza vacillava. "Deve esserci un altro modo..." disse infine, con l'espressione ancora titubante. "Non sappiamo nemmeno se le loro anime sono in grado di affrontare il viaggio!"

A quel punto, Elara, senza attendere ulteriori discussioni, prese l'iniziativa. Lo sguardo determinato ed un singolo schiocco di dita. La polvere si accese, "Scopriamolo," esclamò con voce ferma. Agitando le mani con destrezza, fece fluire il fumo che ne fuoriusciva verso le ragazze.

"No, aspetta!" gridò Oren, cercando di fermarla, il panico che traspariva dalla sua voce. Ma era troppo tardi. Il fumo avvolse rapidamente Diana e Shamsa, penetrando nei loro sensi e immergendole in un abbraccio di calore e straniamento.

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