La seconda leggenda

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L'albero crebbe sempre di più, la piccola conca divenne l'oceano. Le fiamme, spostate dal vento, si mescolaron con la terra.

Kalima e Samet desideraron di poter visitare quel mondo. Compresero amaramente che quel mondo da loro creato fosse loro precluso. Ostinati, tentaron di creare rappresentanti dalla loro stessa essenza.

Kalima generò un'anima, ma questa, priva di meta, vagò per il mondo incapace di trovare alcun luogo.

Samet, invece, creò un corpo, un contenitore immobile di potenziale inespresso, una storia senza protagonista.

La curiosità di Kalima e Samet si fece sempre più intensa. Più il mondo rimaneva loro precluso, maggiore era il desiderio di esplorarlo. Fu questa sete condivisa a spingerli a collaborare. Kalima plasmò un'altra anima e la donò a Samet, affinché animasse il fato che egli aveva creato. Samet, a sua volta, offrì a Kalima ed alla sua prima anima un fato, dando loro uno scopo.

Da questa unione nacquero i primi esseri, esseri che incarnavano le forze primordiali dei loro creatori. Jiwa, la prima anima, divenne l'emissaria di Kalima, mentre Samay, l'anima del primo fato, rappresentava Samet. Furono loro i primi dei molti.

Uniti, generarono quattro figli, e con ogni nuova vita, due nuovi doni: un'anima e un fato.

E fu insieme a loro ed il loro fato presero coscienza anche i frutti di Kalima e Samet.

I figli però non avevano la stessa connessione con le forze primordiali dei loro genitori, non potevano sfruttare quelle energie, e come il fuoco, l'aria, la terra e l'acqua furono generati da Samet e Kalima, così fu che i figli di Jiwa e Samay entrarono in connessione con essi.

Poiché nulla esiste senza il suo opposto, i primi figli nacquero insieme. Whenua ed Ea, incarnazioni della terra e dell'aria, vennero alla luce abbracciati, in perfetto equilibrio. I figli minori, Oku e Jarana, come invece l'acqua ed il fuoco, invece, non potevano stare insieme.

Fu così che Jiwa e Samay, nel tentativo di farli comprendere, intonarono la prima preghiera. Kalima, rispondendo alla supplica, donò ai mari la stessa profondità dell'anima, oscura e misteriosa. Samet, invece, conferì al fuoco la luce accecante del tempo.

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