CAPITOLO 55 - LA VOCE DELL'ACQUA

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Gabor tornò al campo base pochi giorni dopo. La sua spedizione non era andata a buon fine. Aveva fiutato il passaggio di Nemiah alla capanna, ma di lui neanche l'ombra. Aveva seguito la sua traccia fino alle porte del Regno di Tenebra, poi era tornato indietro. Non avrebbe mai varcato quel portale da solo.

«Ho trovato qualcosa poco lontano dalla capanna. I resti di una lanterna di carta» rivelò quello.

Naya trasalì, non sapeva cosa pensare. Era impossibile fosse una coincidenza, eppure tutto ciò andava oltre ogni logica.

«Non ha senso» mormorò inquieta.

«Quella notte cosa vi siete detti prima che accendesse la lanterna?» chiese l'amico.

«È stata solo un sogno».

«Ciò che ho visto dimostra il contrario» ribatté quello. «Potrebbe aver preso la decisione di rimettersi in viaggio dopo il vostro incontro e per conoscere le sue intenzioni dobbiamo capire cosa gli è passato per la testa quella notte».

«Mi ha detto che non ha mai voluto farmi del male e poi ..» iniziò confusa, cercando di ricordare. Quello le fece un cenno del capo, spronandola a riflettere ancora. «Mi ha chiesto se fossi venuta per restare...».

«E tu che gli hai detto?».

«Non gli ho risposto» rispose titubante. «O forse si, io credo di aver annuito, ma poi lui mi ha chiesto per quanto tempo sarei rimasta, ha provato a sfiorarmi la mano e io l'ho respinto.. Gabor è solo un sogno».

Lo sguardo del ragazzo parlava chiaro, era convinto che ci fosse del vero. Naya si allontanò per non dover affrontare una scomoda verità.

«Dove stai andando?» chiese rincorrendola.

«Vuoi forse farmi capire che è colpa mia se è andato a suicidarsi nel Regno di Tenebra?»

«Hey» disse poggiandole le mani sulle spalle con fare rassicurante. «Togliti dalla testa questa idea, non ho mai detto una cosa simile».

«L'hai pensato».

«Cerco solo di capire».

«Che altro motivo avrebbe per attraversare il varco?» chiese spazientita alzando la voce. «È innamorato di me e io l'ho respinto, l'ho umiliato. Io sapevo cosa provava, cosa aveva passato e l'ho colpito dove fa più male».

«Ti proibisco di provare questo senso di colpa, Nemiah è responsabile delle sue azioni. Non ne puoi nulla se non sa gestire le sue emozioni».

«Voglio che tu mi dica che è stato solo un sogno» gli ordinò a denti stretti. Gabor la guardò senza aprire bocca. «Dillo».

«La verità prima o poi va affrontata».

Naya si sentì tradita, scrollò il capo e si allontanò abbattuta. Sarebbe stata dura lasciar andare l'ennesimo senso di colpa.

«Non puoi salvare chi non vuole essere salvato» urlò quello.

Quella notte successe qualcosa che la mise ancora più in subbuglio. Ammettere che quell'episodio di cui aveva parlato con Gabor quel pomeriggio fosse vero era già inconcepibile, ma dopo il suo ultimo incubo ancora di più. Era così difficile aggrapparsi alla razionalità, perché tutto appariva così reale.

Le fiaccole disposte sul muro della cella proiettavano singolari ombre sulle pareti di pietra grigia.

Sei soldati senza volto accerchiavano un prigioniero. Un osso duro a detta di molti. Nonostante le botte e le minacce blaterava da almeno due giorni di conoscere i segreti della resistenza di Herken e affermava che i suoi uomini li avrebbero spifferati in giro, se non gli avessero dato modo di discutere con il Generale della Tetra Armata.

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