CAPITOLO 64 - UN RITUALE

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La nebbia iniziò a dissolversi.

Nonostante le palpebre pesanti e la testa che pulsava, Naya aprì gli occhi e intravide il viso di Nemiah. Era al sicuro tra le sue braccia.

«Va tutto bene» la rassicurò, carezzandole il viso.

Non c'era bisogno di sforzarsi di ricordare, le immagini erano ancora chiare nella sua memoria. Macabri dettagli si affollavano nella sua mente.

Si liberò dall'abbraccio del ragazzo che la scrutava con espressione preoccupata e si guardò attorno. Era di nuovo nelle cucine del castello.

Con una rapida occhiata si controllò i palmi delle mani. Non c'era traccia di sangue, era ancora viva.

Il cuore le batteva forte nel petto come impazzito.

«Naya».

«Tata Odile, è stata lei» disse tremante.

«È un vecchio castello pericolante».

«Vuole farci del male».

Il ragazzo scrollò il capo e si avvicinò cautamente, prendendole le mani per arrestare il tremore, mentre lei continuava a vagare con lo sguardo come se qualcosa fosse in agguato in qualche angolo della stanza. Ogni ombra pareva una minaccia.

«Non ci riuscirà» disse quello convinto, abbassando il capo e riuscendo finalmente a stabilire il contatto visivo. «Abbiamo aspettato così tanto per ritrovarci. Non mi fermerò davanti a nulla, brucerò il mondo prima che quella strega possa separarci».

«C-cosa?».

Era come se fosse ancora intrappolata in un incubo. C'era ferocia nei suoi occhi.

«Posso farlo, lei lo sa. Posso sfidare le leggi della natura e piegarla al mio volere se necessario» dichiarò, facendola rabbrividire all'idea di una tale follia.

«Avevi detto che non volevi vendetta, avevi detto...» disse sconcertata.

«Cosa proponi allora? Parole? Buone intenzioni?» chiese amaro, interrompendola. «A volte bisogna essere pronti a sacrificare tutto per proteggere chi si ama e io sono disposto a fare qualunque cosa per proteggerti, anche a costo di perdere la mia umanità o almeno quel poco che mi rimane» aggiunse toccando il suo ciondolo. «Non è vendetta, voglio che ci lasci in pace».

Naya fu incapace di reagire, voleva la stessa cosa, ma il confine tra proteggere e distruggere sembrava sottile.

«Se questo viaggio ti scuote a tal punto forse dovremmo tornare indietro» disse lui fermo.

Fu in quel preciso momento che la ragazza decise di tenere per sé la sua visione. Non avrebbe corso il rischio di mandare all'aria quella missione. Doveva trovare quella pietra, ora ne era in gioco la sorte del mondo.

Nemiah si alzò e fece qualche passo verso il focolare. Accese il fuoco e rimase qualche secondo a fissare le fiammelle, danzanti come le sue emozioni contrastanti. Quando si voltò la ragazza era coricata sul suo giaciglio e gli dava le spalle. Sospirò si avvicinò, si distese accanto a lei e le carezzò il braccio con la punta delle dita per richiamare la sua attenzione.

«Voglio solo riposare» disse lei mesta, anticipandolo.

«Hai visto le cicatrici che ho sui polsi» esordì con voce spezzata. «Un animale va trattato come un animale, me lo ripeteva senza sosta».

La sua voce era bassa, la sua era una dolorosa confessione che veniva dal profondo.

«Sono rimasto legato per mesi in una grotta, al buio, circondato da un silenzio assordante. Una notte ho capito che non ero più in grado di subire tutto ciò, andava oltre il limite della mia sopportazione. Ero pronto a morire pur di essere libero. Ho provato a farmi esplodere, invocando quel fuoco che mi bruciava dentro. Non ci sono riuscito, ho semplicemente fuso il metallo delle mie catene, ustionandomi fino all'osso, ma sono uscito da quella prigione. Volevo scappare, lo volevo davvero, ma sono rimasto seduto a gambe incrociate davanti alla grotta ad aspettarla».

The Night Drowns in Dawn Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora