CAPITOLO 66 - PIETRA DI LUNA

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Nemiah abbandonò le pesanti bisacce da viaggio sotto un albero e nascose due pugnali negli stivali, preparandosi a un eventuale corpo a corpo.

Naya lo osservò sistemare le sue due inseparabili asce da combattimento alla cintola e nasconderle sotto l'ampia camicia bianca. Un brivido le percorse la schiena. Se Tata Odile avesse voluto fargli del male, quelle armi non avrebbero potuto nulla contro il suo potere.

«Un consiglio?» chiese lui avvicinandosi e guardandola dritta negli occhi. «Un giorno una ragazza mi ha detto che quelli come me creano caos ovunque vadano».

«Cerca di essere prudente e non fidarti di Ador, il capo villaggio».

Non aveva dimenticato l'avvertimento dell'amico, dietro la sua apparenza gioviale si celava un potenziale nemico.

«Forse posso ritrovare Cavallogabor, perché ti riporti a casa».

«Smettila di chiamarlo così» disse lei, alzando gli occhi al cielo. «Me ne starò qui buona buona a scegliere un nuovo nome per quella povera bestia che ridicolizzi ogni volta».

«Se non dovessi tornare...».

«Credevo che discorsi simili fossero proibiti».

«Prima di tutto tornerai al campo base, mi piangerai a lungo, molto a lungo. Potresti diventare una guida spirituale per la comunità, una di quelle che fanno voto di castità» iniziò serio, mentre lei aggrottava la fronte. «Potresti dedicare la tua vita alla cura di un tempio isolato, frequentato solo da vecchi pastori di passaggio».

Cercava di mascherare il malumore dietro l'ironia, non riusciva a immaginare di lasciarla lì da sola e non sapeva cosa l'avrebbe aspettato al di là del ponte, ma sapeva quanto lei tenesse a quella missione. Non poteva deluderla.

«Fila» reagì lei, dandogli un pugno all'altezza della spalla.

Usava a sua volta un tono leggero come scudo contro l'angoscia che le serrava il cuore in una morsa.

Lui le sorrise e le diede un bacio sulla fronte.

«La verità è che non voglio che tu pianga troppo a lungo se qualcosa dovesse andare storto. Ci sono momenti che valgono una vita intera e ciò che abbiamo vissuto da quando ci siamo ritrovati forse non lo merito nemmeno, ma so che ne custodirò gelosamente il ricordo fino all'ultimo respiro. Se per te è lo stesso, sono certo che ti darà la voglia di continuare ad amare la vita in ogni sua forma. Meriti la bellezza che il mondo ha da offrirti».

Le sue parole erano pesanti e dolci, un pugno e una carezza in pieno volto.

«Perché dici queste cose?» chiese lei.

La sua mano si allungò verso di lui, senza trovare il coraggio di sfiorarlo. La abbassò e afferrò con forza la stoffa della camicia per resistere all'impulso.

«Lontano dai guai, ragazzina» terminò lui, abbozzando un ultimo sorriso prima di voltarsi.

Naya lo osservò avvicinarsi alla riva, quelle parole suonavano come un addio. Avrebbe voluto corrergli incontro o gridargli di tornare indietro, perché ogni passo che lo allontanava da lei scavava una voragine nel suo petto, ma non poteva. Tata Odile l'aveva avvertita.

Aveva paura che quella traversata fosse una trappola e che sarebbe caduto in acqua da un momento all'altro. Trattenne il fiato, mentre il ragazzo faceva il primo passo verso il vuoto e strabuzzò gli occhi incredula vedendolo sparire nel nulla, circondato da un leggero bagliore.

Tirò un sospiro di sollievo e si sedette sulla sponda, nonostante il caldo, per scrutare la riva opposta, nella speranza di scorgerlo, ma di lui non c'era traccia.

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