La paura scorre nelle mie vene, non so neanche dove sto andando, proseguo dritto fino a quando mi blocco, c'è un rumore in lontananza, si fa sempre più forte ad ogni piccolo passo, seguo il suono, convinto che mi porti a qualcosa.
continuo imperterrito a camminare, mi autoconvinco che sia la cosa giusta da fare, ora il suono lo sento bene, è una melodia, sembra una canzone, potrebbe essere giunta la fine, magari ce l'ho fatta.
Tutto d' un tratto il corridoio si illumina, e mi ritrovo di fronte ad una porta, la musica proviene per forza da lì, il rumore inizia ad essere assordante, Apro la porta convinto di avercela fatta, ma mi ritrovo in uno di quei posti che la mia mente non riesce a ricordare. Ha un aspetto familiare ma non saprei dire se è un posto che ho già visto in passato.
una luce soffusa tendente al rosso illumina la stanza , ci sono un sacco di persone, non ci sono ragazzi sono tutti anziani, riesco a distinguere solo pochi volti, il mio cervello è annebbiato da ogni tipo di pensiero immaginabile.
provo ad urlare per catturare l'attenzione dei presenti ma ogni sforzo sembra invano, non mi sentono, o forse non mi calcolano. Non è una situazione nuova nella mia vita e sono abituato a non essere ascoltato ma questo mi sembra quasi esagerato. Mi incammino verso il bancone dove vedo un posto stranamente libero proprio dritto di fronte a me, mi siedo ma per un po' di tempo non arriva nessuno, inizio a pensare che forse le persone non mi vedano, non ne ho idea, intanto mi guardo intorno, vedo un orologio che segna le 18.45 ma non so se dare valore a questa cosa perché la stanza non ha né vetri né finestre e per quanto mi riguarda potrebbe essere tranquillamente qualsiasi altro orario. Vedo una ragazza dall'altra parte del bancone, è molto bella, mi chiede se voglio qualcosa da bere ma inizialmente non comprendo e taccio per un paio di secondi, la situazione inizia a farsi particolare quando il suo tono di voce si alza e mi ri urla in faccia la frase che mi ha appena detto, la guardo stranito e nel mentre tutto il locale guarda nella mia direzione, per un secondo mi si gela il sangue e le rispondo in modo timido con un "no grazie", sono completamente a disagio, sento gli occhi di tutti puntati verso di me e intanto la barista mi sta ancora fissando. Mi guardo intorno in cerca di una via di fuga e vedo un corridoio con la classica scritta Exit che si trova in ogni luogo pubblico, mi alzo lentamente e vado verso esso ma vedo che anche tutti gli altri intorno si stanno alzando, aumento il passo e mi ritrovo all'inizio del corridoio ma di fronte a me vedo la barista che mi aspetta davanti alla porta. Alla mia destra vedo una porta, ci entro e mi ritrovo nel bagno del locale, cerco di chiudere la porta con la schiena sperando che tutto passi, la gente inizia a sbattere contro la porta, e come se fossi in un film horror le persone cercano di accoltellarmi attraverso la porta, se mi stacco dalla porta mi uccideranno, ma mi uccideranno anche se resto attaccato, sono in panico, di fianco a me un coltello rimane incastrato nella porta, cerco di sfilarlo e ce la faccio, non che io sappia usarlo ma almeno ho un modo per difendermi, sono stremato e i colpi sulla porta si fanno sempre più forti.
Ho un'idea, mi nascondo dietro la porta e aspetto che la aprano, la prima ad entrare è la barista, che non mi ha visto, e in un modo un po' goffo riesco a prenderla da dietro e a puntarle il coltello alla gola, sono più spaventato di lei ma questo loro non lo sanno, tutti gli altri entrano lentamente ma riesco ad allontanarli grazie alla barista che avevo preso in ostaggio.
Esco lentamente dal bagno sempre tenendo la ragazza per il collo, facci lenti passi indietro che mi fanno sembrare il corridoio infinito, arrivo fino alla porta d'uscita, la spingo, lascio andare la ragazza verso il corridoio, lei si gira e mi guarda, vedo la paura attraverso i suoi occhi, ma penso che i miei occhi trasmettessero lo stesso sentimento, e nel mentre cado a terra la porta di fronte a me si chiude, buio.
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La stanza
Short StoryQuesto breve racconto parla di un ragazzo che rivive e riaffronta i suoi sensi di colpa all'interno di stanze, dove questi suoi tormenti vengono riproposti in loop.