Primi segni: coincidenze o semplicemente destino?

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L' ora di latino é appena finita e, appena la professoressa ci permette di lasciare l' aula con solo 20 minuti di ritardo in via del tutto eccezionale, io mi fiondo in corridoio.

Uscita dalla classe prendo un respiro profondo, consapevole che di lì a poco mi sarei dovuta dirigere verso la fantomatica aula citata nel bigliettino. Decido che la cosa migliore da fare è cercare di placare la mia innata curiosità alimentata dal mio spiccato sesto senso che mi ha sempre intimorito non poco per la sua strana precisione.

Comprendo all' istante che l' unico modo per calmarmi é la musica: quella magica espressione di sé stessi, capace di rilassarti e di tradurre ciò che provi e che pensi in note. Colei che riesce sempre a creare armonia e ordine anche fra ciò che ritengo una delle cose più complicate che esistano: i miei pensieri.

Così quando le prime note della mia canzone preferita scaturiscono dal mio MP4 mi concedo un secondo di riflessione e di riposo per rimettere in ordine le idee.

Mentre inizio ad incamminarsi verso l' aula maledetta sento qualcosa, forse qualcuno, che mi chiama; un semplice ammasso di sospiri e voci, un sussurrare di parole mai dette.

Questa sinfonica cacofonia di suoni mi attira come una calamita verso di sé con un' inesorabile potenza espressa solo nel leggero rancore che quelle voci sembrano riservarmi.

Prendo a camminare con la testa che pulsa e il mio sesto senso che freme come impazzito; ma ben presto mi accorgo che non sono io a guidare le mie gambe, bensì quell' insieme di voci ipnotiche che sono capaci di gridarmi di seguirle semplicemente sibilando le loro ambigue intenzioni nei miei confronti.

Non capisco dove sto andando, sono persa in un limbo: tutti i contorni delle cose e delle persone intorno a me si sfocano fino quasi a scomparire: tutto si limita ad essere un' ombra, una sfumatura di ciò che un tempo era.

Improvvisamente mi accorgo di essere entrata in una stanza che, presumo, si trovi all' interno della scuola. Le voci qui sono più forti e spaventosamente ipnotiche.

Due mani possenti mi afferrano le spalle sostenendomi e mi girano verso il volto di un individuo. Tutto si fa più chiaro appena vedo quel viso: i contorni degli oggetti ritornano perfettamente visibili e io posso finalmente osservare la persona che mi ha riportato alla realtà:

Sam.

Cosa ci fa lui qui? Perché ha quella faccia preoccupata? E come sono arrivata in infermeria?
Capisco che le mie domande a raffica indicano che sono tornata me stessa e che sono fin troppo lucida.

" Alice stai bene ?"mi chiede lui preoccupato.

"S- si ... o almeno credo"

"Cos' è successo? Ti ho vista che barcollavi nell' ingresso così ti ho portato in infermeria.... Ti vedo confusa." esclama lui con un improvviso strano accento nella voce, credo dovuto alla preoccupazione.
Lui che si preoccupa per me?  Da quando?!

"In realtà non ne ho idea..." rispondo io mentre faccio per alzarmi dal lettino su cui evidentemente ero sdraiata e uscire da li.

Sono ormai in piedi quando noto in piccolo specchio appeso alla parete, così osservo attentamente il mio riflesso perché mi sembro diversa: le mie iridi sono diventate completamente verdi! Non é un verde naturale, é troppo ... intenso.

I miei capelli sono troppo scuri: non li ho mai avuti talmente castani da sembrare neri.
Ora posso dirmi veramente confusa.

Mi giro verso Sam in cerca di spiegazioni ma non lo trovo, non é più dietro di me come lo era tre secondi fa. Come è possibile che qualcuno sa talmente veloce?!

Decido, in un moto di improvvisa e rara intelligenza, di accertarmi dell' ora per capire quanto sia rimasta priva di sensi: sono le dodici.

Non ci voglio credere: sono capace di arrivare in ritardo anche in una situazione come questa?!

Corro nell' aula 14 sperando di trovarci l' autore del biglietto anche se ho uno spaventoso ritardo; ma non c'è nessuno.

Scoraggiata faccio per girarmi ed uscire dalla porta, quando mi accorgo di un particolare che non avevo notato: una rosa bianca, di una purezza inimmaginabile, sembra osservarmi mentre é dolcemente adagiata sulla cattedra. Mi avvicinò e scorgo un piccolo foglietto di carta che recita:

Ti aspetterò sempre, dovessi aspettare in eterno.
15.30, Central Cafè

Rapido, conciso ed elegante, ma ciò che proprio non riesco a spiegarmi e l' anonimato.

É inquietante: come faceva l' autore del biglietto a sapere che la rosa bianca é il mio fiore preferito? E soprattutto: é una coincidenza anche il fatto che il Central Cafè sia il luogo dove ci siamo incontrati io e Sam quella mattina che ormai sembra così lontana nel tempo?





Peccato che io non creda nelle coincidenze.

Luce nell' oscuritáDove le storie prendono vita. Scoprilo ora