In quel conflitto persi mio padre. Me ne resi conto tardi della realta dei fatti, celati dentro la dolce menzogna per la quale papà era partito per una terra lontana. La mia mente da perspicace bambina infondo forse aveva capito, ma l'accettazione era troppo per un infante di otto anni. Processai l'amara verità con il tempo, la verità che non l'avrei mai più rivisto, che era morto.
Mamma ce la mise tutta per crescere me e le mie sorelle nella maniera che lei riteneva la migliore, per sfornare delle signorine con i fiocchi, eppure era una donna tanto intelligente quanto strettamente opportunista, non ha mai voluto rinunciare a la vita da nobile.
crebbi con la consapevolezza che la vita di agi che tanto mi ha viziato non sarebbe mai più ritornata e seppur non conoscessi propriamente cosa fossero i debiti sapevo che ne eravamo pieni dopo la morte di papà, e che questi, come la tosse, non si possono nascondere.
l'opulenta società nobiliare però non si contenne dal viziarmi ancora, seppur non come prima della guerra; mi crebbe insegnandomi dai buoni le cose buone ma anche dagli zoppi a zoppicare.
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Non pensavo che avrei mai sorriso per le stesse lettere che anni fa mi fecero singhiozzare, e per quanto mi sforzo, non riuscirò mai a leggerle come se fosse la prima volta.
Più leggo, più la mia mente ravvivida ricordi troppo sperduti. Ricordi che io stessa in un primo momento mi ero tenuta stretta con tutte le mie forze, per poi rinchiuderli nei meandri più remoti e reconditi della mia allora confusa mente.
Ripongo con pacatezza le lettere nel cassetto della scrivania, non cessando però, il flusso costante di pensieri che sembrano essersi impadroniti della mia psiche, e che portano ad una familiare testa di capelli scuri e fossette pronunciate.
Ma per quanto perdermi nei ricordi sia un'opzione alquanto allettante, il frettoloso coniglio che è in me non fa altro che ricordarmi di adempiere ai miei compiti. Purtroppo non sono nata con il dono della puntualità o del pragmatismo, al contrario di mia sorella maggiore Lia.
Così, con faccia sbattuta e muovimenti frettolosi, ripongo nel bauletto allungato di mamma fazzoletto, ventaglio, qualche soldo è un copri spalle abbinato ad un abito da cocktail a tubino che mi arriva alle ginocchia, di una semplicità che dubito mamma approvi a pieni voti.
Cerco di rimediare al mio ritardo scendendo due scalini alla volta, terminando con una temibile slittata lungo il corridoio che porta all'ingresso della lussuosa villetta di famiglia.
<Dio mio Eva, se hai intenzione di uscire con quei capelli sappi che non sei mia sorella> Mi accoglie calorosamente Lia dall'alto, lanciandomi uno sguardo giocoso prima di concentrare nuovamente lo sguardo su quella figura snella e folti riccioli biondi riflessa sullo specchio posto proprio a fianco del portone d'ingresso. Ha solo quattro anni in più di me, ma decisamente la sorella che rimembra con più nostalgia un passato di estrema lussuosita.
La sua vanità non mi ha mai dato fastidio, al contrario l'ho sempre vista come uno spunto da cui avrei dovuto attingere. La guardò dal basso mentre, seduta sul parquet, mi infilo le mie ballerine rosa con eleganza mancata, prima di sollevarmi e coprire la sua figura riflessa allo specchio con la mia.
<allora sistemali tu se proprio ci tieni> la stuzzico, portando i miei capelli castani dietro la schiena con un movimenti fluido, mettendoglieli a disposizione.
<accetto solo se sposti quel dannato sacco che tu chiami borsa a sinistra, non è educato tenerla a destra> Mi ammonisce nuovamente, iniziando ugualmente a pettinarmi i capelli lisci con le dita essendo munita di fretta ma non di una spazzola, mentre obbedisco al suo ordine.
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Le lettere dal mare
Storie d'amoreSono passati due anni dalla fine della guerra, ma le ferite che ha causato sono ancora fresche. Geneviève è una giovane di nobili origini e sembra condurre una vita ideale, se non fosse che, dopo la morte del padre, la sua famiglia si trova in una s...