ᴘʀᴏɪʙɪᴛᴏ

480 27 5
                                    

"Vorrei mettere le dita nella tua corrente
Per convincermi che è vero che non sento niente
Quando provo a avvicinarmi ai tuoi grandi occhi neri
Vorrei farti un buco in testa per guardarti nei pensieri"

Le parole di Marco Mengoni rimbombavano nelle sue orecchie tramite le cuffie rosse che aveva collegato al telefono quel pomeriggio stesso.

Simone era distrutto nel suo pigiama grigio, anche se più corretto dire nella sua tuta grigia, rannicchiato su sé stesso nel suo letto.

Quello che profumava dannatamente di Manuel, che sembrava ancora riscaldato dal calore di Manuel. Perché tra di loro era Manuel quello che riscaldava sempre le mani o i piedi di un Simone sempre raffreddato in inverno.

Aveva finito gli allenamenti ed era tornato a casa. Al suo rientro era tutto silenzioso ed era strano, fin troppo strano e aveva trovato la casa deserta.

Non era deserta perché non c'era nessuno, anzi c'erano nonna Virginia e c'era suo padre. Era deserta perché in quella stanza, in quella casa non c'era più traccia di Manuel.

Non c'erano i suoi vestiti sparsi per la camera, soprattutto buttati sulla scrivania o sulla sua sedia girevole che avevano acquistato qualche mese prima, mettendola accanto a quella blu di Simone, per starsene comodi in due per studiare il pomeriggio.

Non c'erano il tabacco, l'accendino o il grinder grigio con la scritta Amsterdam al di sopra, che avevano comprato alla gita scolastica qualche mese prima, sulla scrivania. Anzi quest'ultima era pulita, immacolata, senza pezzi di tabacco sparsi per la superficie blu.

Non c'era lo spazzolino verde in bagno dentro al bicchiere accanto al lavabo, non c'era il dentifricio preferito di Manuel perché non sia mai che usi qualcosa che non sia il colgate. Non c'era nemmeno il bagnoschiuma preferito del più grande, quello che profumava dannatamente di cocco e che faceva girar la testa a Simone quando gli passava accanto e lasciava quella scia di profumo ad inebriargli i pensieri.

La brandina accanto al letto di Simone non c'era, era stata riposta al suo posto.

E non c'era una foto attaccata al muro, la preferita del più grande: quella dove entrambi erano seduti sul bordo della piscina, schiena contro schiena, una canna tra le mani di Manuel che la passava a Simone e quest'ultimo che lo guardava con il volto illuminato dal bagliore del flash, che rendevano ancora più belli quegli occhioni da bambi che si ritrovava.

Non c'era più nessuna traccia del maggiore in quella camera, tranne per due cose: una canotta rossa da basket e un biglietto. La canotta rossa, la preferita di Manuel ed un biglietto dove spiccava la sua calligrafia così disordinata che ormai Simone sapeva decifrare alla perfezione.

«Apri l'email appena puoi.
- M».

E Simone l'aveva aperta l'email, che poi chi manda email ai giorni d'oggi?

Aprì l'email e ci trovò una nuova email in entrata da parte di Manuel.

«from: manuel.ferro1@gmail.com

Oi Simò..
sto cercando de mette giù qualcosa mentre te mi stai dormendo accanto, non puoi immaginare la fatica che ho fatto per alzarmi e non farti sveglià.. che me pari n'cucciolo e me sentirei 'no stronzo a svegliarte.
Mi sto già dileguando (nun me prende in giro per il lessico eh, rimani te er perfettone).
Simò penso che ormai te ne sei accorto che ho eliminato ogni traccia de me in quella casa e mi immagino la rabbia, la tristezza, che c'hai sul viso ora.. probabilmente me stai pure a tirà e peggio bestemmie dietro e so sicuro che me le merito tutte.
Ma io sto partendo co Nicola, stiamo andando a Tokyo e probabilmente quando leggerai sta roba, starò già sull'aereo pronto pe andà lì.. che poi me so chiesto, che ce vai a fa Manuè? Nun ce sta a carbonara, nun ce sta a Roma.. nun ce sta Simone e qua me so dato na risposta.

PROIBITO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora