Capitolo Terzo

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Nei giorni seguenti continuai a sentire qualcosa di strano agitarsi intorno a me e la faccenda iniziava a preoccuparmi. Le mie fantasie non sarebbero rimaste tali, ora tutto si faceva più concreto. Ne parlai spesso con Mary affrontando più volte la teoria dello spirito. Nonostante quel timore iniziale, mi faceva sempre più piacere avere una presenza attorno a me anche se continuavo a domandarmi cosa potesse trovarci uno spirito di tanto divertente nel mio stile di vita.
Spesso agivo come se qualcuno mi stesse osservando e dovessi assumere un atteggiamento più ospitale e gentile. Parlavo da sola o mi mettevo a disegnare, provando a raffigurare il genere di fantasma che immaginavo. Era senza volto, lo lasciavo sempre così, privo di una qualsiasi espressione; nessun taglio degli occhi o altro mi soddisfaceva. Mi ripetevo sempre che era diverso, che stavo sbagliando qualcosa e come non riuscivo a dare un nome a quello strano essere che mi circondava non ero nemmeno in grado di dargli un volto. Abbandonavo la matita sul tavolo o mi precipitavo a cancellare tutto, temendo che riuscisse a vedere i miei scarabocchi. A volte me lo immaginavo addirittura mentre ripeteva Mi prendi in giro? Cosa combini? Non mi assomiglia per niente!
Conoscere un fantasma, seppur vanitoso, sarebbe stata la svolta decisiva che tanto aspettavo nella mia vita. Sarei anche diventata famosa, avrei scritto un libro o sarei finita sui giornali.
No, non ero impazzita, c'era davvero qualcosa e ormai mi sentivo osservata ogni singolo secondo.
Ogni volta che mi coricavo sentivo qualcosa di caldo intorno a me e, nel caso mi voltassi dalla parte opposta, quella strana sensazione spariva. Avvertivo come un respiro delicato e caldo sul mio volto, delle braccia che si allacciavano alla mia vita con dolcezza, nonostante l'aria iniziasse subito a mancarmi e il cuore martellasse nel petto senza volersi fermare.
Mary continua a sostenere che questi fossero sintomi da innamoramento, ma io non ci credevo più di tanto. Come facevo a innamorarmi di qualcosa che non avevo mai visto, di un senza volto?
Forse provavo solo una sorta di simpatia per quella povera anima che mi tormentava, sarebbe stato carino sollevargli un po' il morale, donargli un po' di felicità come fanno i bambini negli ospizi.
Dopotutto ero l'unica che riusciva a sentirla o a sentirlo. Chissà com'era il suo aspetto, come mai si trovava qui, quanti anni aveva, com'era morto, se aveva qualche missione da compiere sulla terra... No, basta. Stavo seriamente impazzendo. Interessata a qualcosa che forse nemmeno esisteva?
Le ragazzine si vantavano, ripetevano di amare una persona che avrebbero incontrato solo comprando un biglietto per un concerto ed io? Io correvo dietro a una strana folata di vento che riusciva a scombussolarmi.
Per ritornare con i piedi per terra, mi era stato incaricato di preparare la cena quella sera, i miei genitori stavano lavorando nei loro studi. Non ero per niente portata in cucina, combinavo sempre disastri e, prima o poi, avrei fatto saltare in aria la cucina. Nonostante tutto mia madre non aveva perso ancora la fiducia nelle mie capacità culinarie così mi costringeva a riprovarci ancora, divertendosi con il mio orgoglio per convincermi a impegnarmi. Indossai il grembiule e mi misi a tagliare le verdure. Cucinare era divertente nonostante tutto, aiutava a rilassarsi, a non pensare allo studio; l'A-level non mi aveva procurato troppi problemi, ero una delle migliori studentesse dell'istituto, ma lo studio riusciva a stressarmi comunque e, nonostante fossi solo all'inizio, la voglia di studiare mancava ogni giorno di più. Ero spesso fissa sui libri e mi capitava di rinunciare ad altre attività o alla ricerca della folata di vento. Il senza volto era diventato in poco tempo una delle mie priorità. Purtroppo non avevo ancora le idee molto chiare sul mio futuro da studentessa universitaria, ma avrei tanto desiderato continuare a studiare letteratura inglese, magari diventando una professoressa.
Sospirai fissando le verdure che sembravano non finire più e quel qualcosa tornò, come per vedere a che punto fossi con la cena, proprio dietro di me, ma come al solito non riuscivo a vederlo. Sempre la solita storia, per una buona volta avrei preferito ritrovarmi qualcuno davanti, naturalmente nessun individuo malintenzionato o un qualsiasi zombie, e la storia della porta mi tornava alla mente ogni volta. Sbuffai iniziando a riflettere sul da farsi, scuotendo il capo mentre l'idea insensata di iniziare a parlare con la folata di vento/spirito s'impadroniva del mio buon senso. Così feci, rendendomi ancora più ridicola. «Ciao...» dissi vergognandomi da sola della mia stupidità. «Io sono Elizabeth.»
Se davvero c'era un fantasma stava sicuramente ridendo di me. Immaginavo proprio il mio senza volto che si contorceva o si rotolava per terra. Poi, come se avessi potuto vendicarmi o nuocergli, lo immaginai con una cavità oscura al posto del volto, rabbrividendo.
«Come mai continui a perseguitarmi?» chiesi con un tono un po' più irritato, tentando di sembrare minacciosa. Non intimorivo nemmeno una folata di vento.
Aspettai ancora un po' per poi tornare a completare il mio lavoro lasciandomi sfuggire unStupida folata di vento, concludendo con un sospiro. Dopo pochi secondi sentii qualcosa stringermi il polso; mi voltai di scatto avvertendo la medesima sensazione. Mi lasciò andare immediatamente, dissolvendosi e scivolando, vigliacco com'era, sotto qualche vecchio mobile. Quello spirito doveva proprio essere uno stupido vigliacco.
Una cosa, però, continuavo a chiedermi... Se era ormai tutto passato perché continuavo ancora a sentirmi strana, col cuore che non intendeva fermarsi e le gambe che tremavano?
Nei giorni seguenti, con mia grande sorpresa, sembrò tornare tutto alla normalità... Niente più presenze, niente folate di vento o braccia immaginarie che mi cullavano la notte e il fantasma sembrava essersene andato con la stessa velocità con cui si era catapultato nella mia vita. Mi ero rattristata, credendo di essermi immaginata qualsiasi cosa; avevo perso ogni possibilità di conoscere qualcuno d'interessante. Se fosse stato tutto a causa mia? Mi sentivo decisamente offesa, un fantasma non poteva perseguitarmi e poi lasciarmi così, di punto in bianco, in bilico. Senza rendermene conto sembravo una ragazzina abbandonata dal proprio ragazzo che si lamentava e lo perseguitava con la richiesta di un po' più d'amore e attenzioni. Smisi addirittura di parlarne con Mary, la situazione sembrava essersi risolta nonostante mi chiedessi che fine avesse   fatto quando mi ritrovavo a prendere una pausa dallo studio, tirando la testa all'indietro e sospirando. A volte mi sembrava addirittura di dimenticarlo, me ne convincevo ma, magicamente, subentrava ancora quella nostalgia che andava sfumando col passare dei giorni, noiosi e pesanti. Una semplice e stupida routine che odiavo. Tutte le mie fantasie si erano dissolte come le nuvolette prodotte dal mio respiro in una di quelle giornate gelide, mentre me ne stavo rannicchiata nel mio cappotto, come se nessuno avesse potuto ferirmi là dentro... Giornate in cui rimpiangevo il fresco provocato dalla mia folata di vento. Erano già trascorse due settimane e ormai non speravo più nel ritorno dello spirito, avevo smesso di abbandonare il libro sulle ginocchia, voltarmi e andare alla ricerca di qualcosa.
Mi sentivo quasi sola senza di lui e, per quanto stupido potesse essere, avrei volentieri pianto per muoverlo a compassione e spingerlo a tornare. Piangere per il niente, decisamente da me. Oppure erano semplicemente lo stress e tutto il resto.
Nonostante tutto successe qualcosa di davvero interessante o meglio inquietante che mi aiutò a prendermi una pausa dalle continue accuse, o insulti, che rivolgevo allo spirito. Prima dell'uscita da scuola il signor Walker mi si avvicinò porgendomi un libro di letteratura. Aveva intenzione di prestarmelo credendo che potesse aiutarmi nello studio. Trovai quel gesto davvero gentile, finalmente un professore dimostrava un minimo di umanità e d'interesse nei confronti dei propri alunni. L'unica pecca furono i commenti divertiti e decisamente infantili di alcuni studenti... Sorvolando su questo, la sera, dopo aver ricevuto il libro, mi recai nella biblioteca della scuola e, solo col passare delle ore, iniziai a sospettare di essere probabilmente l'unica ragazza rimasta all'interno dell'istituto. Cosa succede quando una ragazza si ritrova sola, al buio, in una scuola? O non si verifica alcun avvenimento degno di nota oppure accade qualcosa di molto speciale.
La biblioteca era davvero immensa e vi regnava un silenzio tombale, sembrava di essere in un cimitero, anche se pensare a quel genere di luogo, in quel determinato momento, non mi avrebbe certo aiutata. Non riuscivo nemmeno a immaginare quanti libri ci fossero. Mi sedetti comunque a un tavolo, allontanando tutti quei pensieri assurdi e iniziando a studiare sui vari libri che trovai. Amavo le biblioteche, avevano sempre un'aria misteriosa ed erano caratterizzate da quell'odore inconfondibile di carta e libri di cui mi sarei riempita le narici per ore, come una droga. Lì dentro c'era davvero qualcosa di nuovo e concreto da scoprire, altro che spiriti. A volte uscivo, non sapendo cosa fare, e mi chiudevo per ore in delle librerie domandandomi se avrei mai visto un mio libro lì, in bella mostra. Probabilmente mi sarei nascosta dietro gli scaffali per vedere il volto di quelli che si sarebbero azzardarti a prenderlo in mano e sfogliarlo.
Anche in casa vi era una libreria di forma circolare, ma non era sicuramente ben fornita come quella della scuola. Ero perseguitata dalle biblioteche, più o meno.
Poco dopo, poiché le mie idee sullo spirito non mi avevano ancora abbandonata del tutto, mi alzai di scatto e iniziai a cercare tra gli scaffali libri incentrati su spiriti e presenze... Come previsto la biblioteca non ne aveva molti, più che prevedibile, visto che nessuno studente avrebbe mai consultato un libro simile. Ce n'era uno solo, dalla copertina vermiglia, abbandonato in mezzo agli altri come un dettaglio insignificante, come una conchiglia, confondibile con un banale sasso, nascosta appena dalla sabbia, proprio sul fondale. Una chiazza rossa come il sangue. Meglio di niente, pensai, dopotutto era anche abbastanza voluminoso. Lo presi e, dopo essermene ritornata al tavolo, inizia a sfogliarlo. Diversamente da quanto pensavo non ero stata l'unica ad avere avuto la stessa idea, qualcuno aveva sottolineato più volte quei testi nelle parti più significative. Altri studenti che avevano quel genere di hobby in giro per la scuola? Meraviglioso, anche se probabilmente erano così cresciuti da essersi lasciati per sempre alle spalle il portone principale dell'edificio. Il tratto era così deciso che si ripeteva sul retro della carta ormai ingiallita. O era la carta a essere troppo delicata o magari uno studente ad avere qualche rotella fuori posto o una buona dose d'ansia repressa? Eppure sulla prima pagina, immacolata, figurava in alto, un'iniziale: W. Chi abbandonerebbe il proprio libro quaggiù? Perché? Ma soprattutto... Come mai spuntava proprio così, al momento giusto, come se qualcuno avesse voluto farmelo trovare?
Andai direttamente all'indice, sfogliando le pagine con cura.
Come evocare spiriti e comunicare con altri esseri sovrannaturali. p. 249, decisamente quello che faceva al caso mio. Mi ci vollero fin troppi minuti per trovarla e, solo con un po' più d'attenzione, capii perché mi era risultato così difficile rintracciarla. Stranamente non era a causa delle pagine spesse, difficili da sfogliare, ma quella che cercavo era stata semplicemente strappata. Sbuffai, sembrava davvero che qualcosa o qualcuno tentasse di mettermi i bastoni tra le ruote. Di farmi abboccare per poi lasciarmi così, senza niente di concreto tra le mani. Ultimamente tutto e tutti avevano preso l'abitudine di darmi false speranze.
Richiusi il libro delusa e bastò quel leggero tonfo, quasi impercettibile, provocato dalla colluttazione della carta, a riportarmi alla realtà, in quella biblioteca buia e fredda, da sola. Rabbrividii e mi guardai furtivamente intorno, sussultando col cuore in gola e stringendomi nel cappotto. Se la porta non si fosse aperta? Se qualcuno si fosse nascosto dietro uno di quegli scaffali? Chi aveva evidenziato quel libro, ma soprattutto chi aveva strappato quella pagina?
Sentii un altro brivido percorrermi la schiena, come degli artigli che mi strappavano la camicia, scivolando sulla spina dorsale, come delle labbra fredde e gelide che sfioravano la pelle e iniziai a leggere ad alta voce la pagina successiva, dove era riportato un incantesimo simile. Gesto azzardato, ma si trattava esclusivamente di spiriti, che forse nemmeno esistevano; cosa avrebbero potuto farmi?
Alzai giusto in tempo gli occhi dalla pagina per accorgermi della porta che, velocemente, si era aperta e richiusa come se qualcuno fosse appena uscito o entrato. Se c'era uno spirito lì era stato così poco riflessivo da non scomodarsi nemmeno a preoccuparsi della mia reazione o semplicemente banale se credeva di potermi intimidire con questo genere di scherzi. Nonostante continuassi a schernirlo, mi attraversò improvvisamente un terrore tale che, abbandonando in uno scatto di viltà il libro sul tavolo, mi precipitai verso la porta, lasciando cadere a terra quello del professor Walker che si era aperto proprio sulla prima pagina, lasciando intravedere una... W? Come quella del libro? Dell'altro libro? Cosa significava tutto questo?
Mi voltai un'ultima volta a osservarlo... Quasi sembrava rimproverarmi e implorarmi di riportarlo al proprio posto. Ebbe la meglio e fui costretta a recuperarlo e sistemarlo nella sua postazione originaria, per poi fuggire, finalmente, alla velocità della luce. Troppo coraggio ed emozioni in un solo giorno. Il sole era ormai tramontato lasciando spazio a un cielo scuro, come un antro profondo e immenso, senza luna né stelle, coperte da nuvoloni ancora più scuri e gonfi. Probabilmente l'istituto era già stato chiuso e l'idea di dover dormire in un corridoio non mi piaceva affatto.
Iniziai a correre, in un altro scatto di terrore, come se avessi avuto ancora una qualche possibilità di salvarmi, guardando spesso fuori dalle finestre che mi circondavano e che permettevano alla fioca luce che penetrava di riflettersi sul pavimento. Tutta quell'ansia e quella paura sarebbero riuscite a farmi piangere come una bambina da un momento all'altro, come se i singhiozzi e le lacrime avessero potuto allontanare un qualche spirito, impietosendolo. Ora almeno avrei potuto atteggiarmi da donna vissuta: rimanere al buio, di notte, in una scuola, amici miei, non è per niente piacevole.
Presi a farmi luce col cellulare, nonostante si stesse scaricando la batteria, provando a chiamare qualcuno; quella scuola era ancora più terrificante e tetra al buio e ogni istante mi sembrava di intravedere qualche ombra che sfuggiva ad ogni passo, come intimorita, come se tutto si stesse prostrando ai miei piedi con fare fasullo, per poi tornare ad attaccarmi, una volta voltate le spalle. Quel pavimento non appariva più come vetro o uno specchio, ma come una voragine scura e fredda.
Che i fantasmi avessero potuto avere paura di me? Magari ce n'erano più di quanti immaginassi, ovunque. Nei negozi, nei parchi, nelle scuole. In quel momento rivalutai il mio spirito e l'unica cosa che volevo era averlo nuovamente con me... Mi sarei sentita protetta da tutti quegli altri spiriti malvagi. Insomma, quale spirito buono, con un briciolo di compassione, mi avrebbe lasciata laggiù tutta sola, a morire dalla paura? Lo immaginavo già a combattere contro tutti gli altri, solo per me. «Dove sei quando ho bisogno di te?» sibilai in preda al panico, come per pregarlo di tornare da me, sperando con tutta me stessa che ascoltasse le mie preghiere invece di comportarsi come un bambino immaturo e presuntuoso, torturandomi le mani temendo che il cellulare mi sfuggisse di mano da un momento all'altro, come una saponetta. Magari sarebbe stato carino dargli un nome. Non al mio cellulare/saponetta, al fantasma ovviamente. L'avrei sentito più vicino.
Vidi l'uscita in lontananza e iniziai a correre, come un uomo che, in mezzo al deserto, scorge una sorgente d'acqua, con il risultato di inciampare e cadere addosso al preside che era spuntato, quasi magicamente, lì davanti a me. Come un fantasma, appunto.
Non credevo avrei dimenticato tanto presto il timore che m'incussero i suoi occhi grigi come il vetro che, a causa della fiamma della candela-chi andava più in giro brandendo una candela?- avevano acquistato lo stesso colore dell'oro. S'infiammarono tutto a un tratto come un tizzone ardente mentre la sua figura austera mi sovrastava come una statua, come una montagna insormontabile.
«Cosa fa lei a quest'ora signorina... Signorina Winsor!?» chiese squadrandomi da capo a piedi. La sua voce era gelida, proprio come i suoi occhi, e tagliente come un vetro rotto su cui avevo appena camminato a piedi nudi.
Ovviamente si era accorto della mia condizione psicologica instabile e del mio buon senso che iniziava a vacillare; avrei dovuto sfoderare la migliore delle risposte per giustificarmi. Mi aveva in pugno, decisamente, e il fatto che ricordasse perfino il mio cognome non volgeva a mio favore. Era molto più alto di me, fin troppo, e nonostante gli anni e i capelli ormai bianchi che gli ricadevano sugli occhi sembrava molto più giovane di quanto non fosse, capace ancora di farsi rispettare. Si aggiustò la cravatta, come obbedendo a un automatismo, nonostante non ce ne fosse bisogno, guardandomi con aria di rimprovero. Ero nei guai, ma non come quando mia madre mi sorprendeva a sgraffignare la cioccolata dalla credenza.
«Ero qui per studiare, ho fatto troppo tardi e...»
M'interruppe con un cenno della mano, volgendo lo sguardo in direzione del portone, come per dirmi di tacere o come se, semplicemente, non gliene importasse più di tanto. Troppa calma per qualcuno che sorprende una studentessa al buio in giro per la scuola, anche se, a pensarci bene, si trovava più o meno nella mia stessa situazione.
«Questa volta la perdono signorina Winsor, ma mi auguro che non accada mai più...» affermò serio, accompagnandomi verso l'uscita, ancora più incurante di mio padre. Odiavo essere così poco considerata. Da mio padre, dallo spirito e dal preside. Forse erano gli uomini ad avere questo genere di problema, anche se lo spirito poteva benissimo essere una ragazza.
A ripensarci mi allontanò sbrigativo, fin troppo, come per nascondere qualcosa o come se volesse sbarazzarsi di me il prima possibile. Una persona normale avrebbe optato per la seconda opzione, ma probabilmente non ero quel genere di persona. Avevo sentito il signor Walker raccontare quanto odiasse il preside Hughes a un suo collega e qualcuno mi aveva riferito che i due discutevano spesso e, solo grazie alla fama, il professore di letteratura inglese non era stato ancora mandato via.
Forse essere la studentessa preferita di Walker non mi avrebbe messo in una buona situazione, ma quel giorno mi convinsi di quanto fosse davvero strano il preside e la fiducia nel professore mi aveva fatto accantonare la famosa W che ancora restava un mistero.
Mary non la pensava allo stesso modo purtroppo, stravedeva. completamente per il preside Hughes. Credevo seriamente che ogni tanto, segretamente, gli morisse dietro.

Note dell'autrice:
Ciao a tutti quelli che stanno seguendo la mia storia, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e spero che la lettura vi stia piacendo :) se volete potete visitare la mia pagina di autrice su Facebook dove parlo del romanzo e dei miei lavori futuri: https://www.facebook.com/AngeliqueKyriakehttps://www.facebook.com/AngeliqueKyriake

~AngeliqueKyriake

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