Capitolo 1: Fuoco

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(~Sigmund Freud
«L'Es è assolutamente amorale, l'Io si sforza di essere morale, il Super-io può diventare ipermorale, e quindi crudele quanto solo l'Es può esserlo»)

“Svegliati”
Disse il mio Es al mio Super-io.

Alzai la testa da terra.

“Sono sveglio”
Rispose il Super-io.

Mi ritrovai in una selva di tenebra, con il volto avvolto nell’umido fogliame e il corpo trafitto, immerso, nella fredda notte. Mirai alla Luna, Madre di stelle e di morti, che mi fissava con sguardo severo celata nelle fronde degli hyperion (alte sequoie sempreverdi da un fusto gigante, possono raggiungere i 120 metri di altezza, sono tpiche del Continente di Ras).

“Ho paura”
Pianse il Super-io, lamentandosi.

Ahimè, mi è difficile descrivere com'era quella foresta, selvaggia, inestricabile e tremenda, tale che al solo pensiero fa tornare la paura.

“Prega”
Intervenne la Fede.

Pregare privato del Sole, Padre di Gaia e di vivi, quale facezia andava raccontando la Fede.

“Rimembra”
Intercedette l’Intelletto, il frutto del Sapere e forgiato dalla cara e onniscia scienza.

Non sono in grado di spiegare come vi sia entrato, tanto ero pieno di sonno nel momento in cui lasciai la giusta strada.

“…”
Silenzio, simbolo di riflessione.

Quale sentiero si rivelava il più giusto da intraprendere?

“Riformula”.
L’Intelletto.

Quale sentiero stavo intraprendendo?

“Preoccupati”.
Urlarono l’Es, il Super-Io, la Fede e l’Intelletto.

Una questione più profonda sorse nella mia mente: chi ero io? Chi ero? Ero me stesso, sì, ma chi era l'Io? Uomo o donna? Nessun ricordo, solo il vuoto. Ero vecchio o giovane? Padre o madre? Avevo figli? Nulla. Ricordavo che la Luna era la Madre delle stelle e dei defunti, ma non il mio nome.
Quale facezia andava raccontando la mia mente.

“...”
Silenzio, simbolo di solitudine.

Finalmente le voci dell’Es, del Super-Io, della Fede e dell’Intelletto mi abbandonarono. Ero solo, nelle fauci dalla paura. Solo nell’eterna notte di morte. Solo nella notte d’inverno, dove il sonno sa di eterno. La mente era un tumulto di quesiti privi di risposte. Dove mi trovavo? Il Continente di Ras, un labirinto di foreste di hyperion, non rivelava la mia ubicazione. Eppure, conoscevo ogni dettaglio della geografia, ma il mio nome sfuggiva. Quale arcano incanto mi aveva colpito? Sebbene solo una locuzione, nessun uomo padroneggia la magia. Forse un banale urto mi aveva confuso. Divertente riflettere sul passato quando ora abbraccio la Verità. Or dunque, un'irresistibile necessità di muovermi mi avvolse, bramavo trovare qualcuno, su cui riversare lacrime e interrogativi. Procedetti per qualche minuto verso est, mi correggo, nord-ovest. Mentre avanzavo, presi coscienza delle numerose ferite e bruciature che deturpavano il mio corpo esile, il corpo di un uomo. Mi lamentai, udii la mia voce, sconosciuta e straniera. Era davvero mia? Optai per il silenzio. I miei abiti semplici e logori irritavano le bruciature, ma erano la mia unica difesa contro il freddo della notte. Tra i miei pantaloni trovai anche un misero coltellino da brigante, ormai corroso dal tempo. Raggiunsi un colle. Man mano che avanzavo in quella direzione, percepivo sempre più intensamente un odore acre di bruciato nell'aria, accompagnato dal crepitio delle fiamme e da un rumore sinistro di scoppi. Una sensazione terribile si insinuava in me. L'aria spezzò il mio fiato. Dal colle, davanti ai miei occhi si stese la capitale, Rasah, luogo d'incontro per esploratori e avventurieri da ogni angolo del mondo, attratti dalla sua bellezza e dalle sue molteplici offerte. Almeno un tempo era così, prima che i diversi abitanti dei 5 Continenti iniziarono a confliggersi vicendevolmente. Rasah, la città delle cento mura, sede del Palazzo della Fede, dimora dei Quattro custodi del potere e della saggezza, e del Tempio di Rasah, unico, almeno nel Continente di Ras, santuario dedicato all'onniscente e solo Dio, il Sole, chiamato dai mortali Rasah. Rasah, cuore pulsante di Ras, città di mercanti e cittadini... che ora ardeva. Rasah, la città inespugnabile, protetta dalla più imponente difesa nel Continente di Ras, era preda di un fuoco devastante. Ero preso dal terrore, immobile di fronte alla vista. Mi resi conto di trovarmi sul monte Ignis, antico vulcano spento che circondava la città, adagiata nel suo cratere. Da lì udii risuonare dalle mura lontane, risate orribili. Risate che si mescolavano a pianti e urla spaventose. Perché riuscivo a sentire rumori così lontane? L’ho avrei capito nel tempo. Nel cuore della città, scorsi una figura dalla forma non umana, ma mostruosa, alta quanto il possente Tempio di Rasah. Lontano da lei, vidi un uomo, appena fuori dall'ultima delle cento mura che circondavano la capitale. Come potevo vederlo? Indossava un turbante nero, alto come le stesse mura, che raggiungevano i venticinque metri. Chi era costui? La paura mi prese di nuovo. Nella mia mente, voci lontane cominciarono ad aumentare.
Le voci parlavano. Le voci dicevano. Parlavano e dicevano sussurrando:

ᚾᛟᚾ ᛖ× ᛗᛟᚱᛏᛟ ᚲᛟ× ᚲᚺᛖ ᛁᚾ ᛖᛏᚱᚾᛟ ᛈᚢᛟ× ᚨᛏᛏᛖᚾᛞᛖᚱᛖ, ᛖ ᚲᛟᛚ ᛈᚨᛊᛊᚨᚱ ᛞᛁ ᛊᛏᚱᚨᚾᛁ ᛖᛟᚾᛁ, ᚨᚾᚲᚺᛖ ᛚᚨ ᛗᛟᚱᛏᛖ ᛈᚢᛟ× ᛗᛟᚱᛁᚱᛖ.

Sussurri che nella mia mente risuonavano come urla. Lingue ignote, che mi facevan tremare alla sola idea del loro significato.

ᚠᚢᛟᚲᛟ ᚲᚺᛖ ᛞᛁᚢᚨᛗᛈᚨ ᚲᚢᚨᚾᛞᛟ ᛁᛚ ᛈᛟᛈᛟᛚᛟ ᛊᛁ ᚨᛚᛚᛟᚾᛏᚨᚾᚨ, ᚱᛟᚢᛖᛏᛟ ᚨᚱᛞᛖᚾᛏᛖ ᚲᚺᛖ ᚾᛟᚾ ᛊᛁ ᚲᛟᚾᛊᚢᛗᚨ, ᚠᚢᛟᚲᛟ ᛁᚾᚲᛟᚾᛏᛖᚾᛁᛒᛁᛚᛖ ᚾᛖᛚ ᚲᚢᛟᚱᛖ ᛞᛖᛚ ᛈᚱᛟᚠᛖᛏᚨ. ᚢᛁᛖᚾᛁ, ᛚᚢᚲᛖ, ᚢᛖᚾᛏᛟ ᛒᚱᚢᚲᛟᚨᚾᛏᛖ ᚲᚺᛖ ᚲᛟᚾᛊᚢᛗᚨ ᛁ ᚾᛟᛊᛏᚱᛁ ᛈᛖᚲᚲᚨᛏᛁ, ᛊᛟᚠᚠᛟ ᛞᛁ ᚢᛁᛏᚨ ᛈᛖᚱ ᛚᛖ ᛟᛊᛊᚨ ᛁᚾᚨᚱᛁᛞᛁᛏᛖ, ᚢᛖᚾᛏᛟ ᛞᛁ ᚱᚢᚷᛟᚨᛞᚨ ᛈᛖᚱ ᛁ ᛏᚱᛖ ᚷᛟᚢᚨᚾᛁ ᚾᛖᛚᛚᚨ ᚠᛟᚱᚾᚨᚲᛖ.

Cantiche troppo grandi per la mia comprensione.

Mente troppo pura per la loro comprensione o parole troppo torbide?

Una formulazione mi colpì più delle altre, forse per la sua brevità o per la grazia con cui venne pronunciata, so solo che fu quella frase a farmi tremare più intensamente e, allo stesso tempo, a darmi una serenità profonda:

ᚾᛟᛏᛏᛖ ᛖᛏᛖᚱᚾᚨ, ᛊᛟᚷᚾᛁ ᛞ×ᛟᚱᛟ ᛒᚨᛗᛒᛁᚾᛟ.

...

Parole terribili per la loro antichità e arcanezza, ma simultaneamente rassicuranti.

Rimasi a contemplare Rasah che veniva divorata dalle fiamme, interrogandomi sulle due figure che avevo visto e sul significato di quelle preghiere demoniache. Come potevo udire suoni così distanti? Passarono minuti, forse ore. Mi allontanai dalla città quando sentii un forte odore di bruciato, non più dalla città ma dalla foresta di hyperion che mi circondava. Mi voltai e vidi che anche la foresta stava prendendo fuoco, le fiamme cominciavano ad avvolgermi. Che stava succedendo? Chi aveva appiccato l'incendio? Corsi verso sud-est, cercando di evitare le fiamme che divoravano gli alberi maestosi. Schivai rami che cadevano intorno a me. In lontananza intravidi delle persone: chi erano? Erano intrappolate nel fuoco, con quei strani turbanti, anche se più bassi rispetto a quello gigantesco visto prima. Non mi avvicinai, sarebbe stato troppo pericoloso, rischiavo di bruciarmi. Corsi, corsi, corsi senza sosta, fino a che, dopo un po' di tempo, mi allontanai abbastanza dalla zona dell'incendio. Dopo circa dieci minuti, cominciai a scendere le pendici del vecchio vulcano di Ignis, attraversando sempre le incantate foreste di hyperion. Sentivo il canto triste degli uccelli e le fiere alla ricerca di rifugio. Dopo una ventina di minuti, raggiunsi la valle di Ignis, una vasta pianura che si estendeva oltre l'orizzonte, punteggiata da foreste di hyperion e alcune colline dove sorgevano città e villaggi. In quella notte senza fine, la prima cosa che colsi fu il

fuoco.

La pianura, le città, i villaggi: tutti bruciavano. Il terreno era squarciato da violenti fratture, dalle quali magma bollente usciva.  Non ero più confuso né spaventato. Ero solo fiducioso, fiducioso che quella notte sarebbe finita prima o poi…

ᚾᛟᛏᛏᛖ ᛖᛏᛖᚱᚾᚨ, ᛊᛟᚷᚾᛁ ᛞ×ᛟᚱᛟ ᛒᚨᛗᛒᛁᚾᛟ.

...

Parole che mi rassicurano.

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