1| CARTAPESTA

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• Sono molto più di quello che scrivo, mi appartiene anche tutto quello che cancello ed elimino.
Ho deciso di non farlo questa volta.

FLAME:
🔥

Amo il cioccolato.

Il topping che si scioglie e si fonde sulla mia lingua creando un'esplosione di dolcezza nella bocca, manda in estasi le mie papille gustative.
Promemoria per me stessa: non hai bisogno di un uomo quando c'è il cibo a consolarti.

«Mi stai ascoltando?» riapro gli occhi trovando mia madre intenta ad osservarmi, con la lama tagliente del coltello puntata verso di me.
Sgrano gli occhi, indicandoglielo, solo in quel momento lo abbassa lasciandolo cadere nel tavolo.

Credo che pensi di tenere un giocattolo nelle mani e non un'arma letale in grado di farmi a pezzi in cinquanta cubetti minuscoli.

«No, non ti stavo proprio ascoltando» le rivelo, mi capita di non assimilare quello che le persone mi dicono, non perché non lo voglia, ma perdo facilmente la concentrazione.

«Stavo dicendo, che tuo padre ha trovato un nuovo lavoro» annuisco, aspettando che prosegua.

Si allontana dal tagliere e si avvicina a me. Striscia la sedia sul pavimento avvicinandosela e si siede poco lontano, le gambe toniche strette in short di jeans slavati.
La vedo mentre cerca le parole giuste da dirmi, appoggio la mano sul tavolo per sorreggere il mento.

«Andiamo mamma, parla» sposta lo sguardo su di me.

«Ci trasferiamo».
Queste semplici parole le escono di getto, uno strappo netto. Come quando devi levare un cerotto e cerchi di farlo più velocemente possibile, rapido e indolore.
Peccato che non sia l'effetto che ha su di me, lascio andare la forchetta e il suono riecheggia nella stanza quando entra in contatto con la ceramica scadente dei piatti.

«Ho i miei amici qui, un fidanzato, delle passioni, a scuola vado bene come-»

«Lo so piccola mia, credimi ci abbiamo riflettuto a lungo, ma è una proposta troppo importante per tuo padre. Non possiamo rifiutare, ci servono i soldi che questo lavoro può garantirci, una stabilità economica.»

Le sue parole sono un mormorio lontano che si sfumano nell'esatto momento in cui mi rendo conto che non sta scherzando. «Quindi a me non ci pensate?» forse l'ho bisbigliato, con la voce rotta dalla paura, probabilmente invece l'ho urlato dentro alla mia testa.
I suoi occhi si rattristano, allunga una mano nella mia direzione prendendo solo l'aria perchè mi sposto prima che possa aggrapparsi alle maniche della mia maglietta.

Corro in direzione di camera mia, solo una volta chiusa la porta mi rendo conto di avere le mani sudate e l'agitazione che mi serra la gola.

Inizio a camminare avanti e indietro, senza rendermene conto sposto un piede dopo l'altro, ritrovandomi a percorrere lo stesso numero di passi e il medesimo tragitto ripetute volte.

La mia testa, ricade in quel gelido labirinto fatto di terrore; paura, panico e angoscia.

Vedranno la mia pelle, è il mio primo pensiero.
Mi giudicheranno, il secondo prende forma.
La stramba, additata e derisa.
Quella nuova, il bersaglio preferito dei senza cervello.

Per chi non è nato sotto una buona stella non gli è concesso il lusso di credere che le cose possano migliorare.

Comincia a mancarmi l'aria, iniziano a chiudersi le vie aere sembra quella volta che fui punta da un'ape, la mia allergia decise di manifestarsi in quel momento.
Questa sensazione però è dovuta da tutt'altra entità.

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