4. Guastafeste

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Stare in macchina con River significa avere piena libertà nella scelta delle canzoni.

Lui è una di quelle persone che oltre a concedere a chiunque la possibilità di fare qualsiasi cosa - nei limiti umani e legali - è anche in grado di integrarsi in ambienti diversi dal suo.

In questo caso l'ambiente sono i miei gusti musicali. Lui è uno che ascolta rock anni 80 o qualsiasi cosa che potrebbe aiutarlo con le sue capacità con il basso, io invece preferisco qualcosa di più recente. Collego il cellulare alla radio e schiaccio "Riproduzione casuale"

Riconosco dalle prime note "The Walls" dei Chase Atlantic, River sorride guardandomi è anche la sua preferita della band perché c'è un assolo.

Non appena accelera, scivolo sul sedile, lui alza il volume della radio.
Svoltiamo e le sue mani scivolano sul volante. Iniziamo a cantare e abbassa i finestrini nella speranza di trovare un po' di aria in quel pomeriggio bollente. Siamo in macchina da poco più di cinque minuti e stiamo già morendo di caldo. La mia pelle brucia e il respiro è diventato affannoso.

E sono solo seduto in macchina, immagina se mi fossi messo a correre in un pomeriggio del genere, probabilmente sarei nella tomba, posto che, con queste temperature, mi ispira di più.

Arriviamo nell'area trafficata ma con una svolta passiamo da una piccola stradina dimenticata da tutti e si prende la libertà di muoversi a suo piacimento.
Evita i semafori e quando ce li troviamo davanti accelera pur di non restare fermo, nel giro di un minuto ci ritroviamo almeno cinque insulti da altri automobilisti.

«Non ti facevo così contro le regole.» dico e la sua macchina inizia a fare un piccolo rumore per avvisarci che nessuno dei due ha messo la cintura, lui alza il volume per sovrastare quel fastidioso ticchettio mentre inserisce solo il gancio della cintura di sicurezza per bloccare quel suono fastidioso. Io la faccio passare dietro la mia schiena mentre sistemo i piedi sul cruscotto, lui abbassa gli occhiali da sole sul naso.

Continuiamo a cantare e nel momento dell'assolo lascia il volante e fa finta di avere in mano il suo basso, muove le dita imitando gli accordi e chiude gli occhi come se sentisse davvero le corde sotto i polpastrelli.

Lo seguo immedesimandomi in un sassofonista quando arriva il momento. Il sassofono non è il mio strumento però un piano non è tra quelli utilizzati in questa canzone quindi mi arrangio.

Dietro di noi sentiamo un clacson, ma non c'è nessuno a cui stiamo dando davvero fastidio, la macchina non supera i limiti di velocità e il volume è a rispetto della quiete pubblica.

«Dici che ce l'hanno con noi?» chiede.

Di risposta tiro fuori il braccio e mostro il dito medio, lui riprende il volante e rallenta davanti al semaforo (questo non siamo riusciti ad evitarlo)

Una macchina ci affianca e suona di nuovo, «Che cazzo vuole?» libero i miei pensieri. Ignoro completamente la persona che hanno abbassato il finestrino.

«Kye Brontolo Yarrow, non si saluta più?» riuscirei a riconoscere la voce squillante di Jordan, il suo tono nasale e la felicità tra le corde vocali tra milioni.

Mi giro di colpo e lo trovo con il braccio che penzola fuori finestrino, gli occhiali da sole e l'aria da star di Hollywood. Al suo fianco al volante, invece, c'è Zavier, occhi fissi sulla strada, entrambe le mani sul volante e nessuna espressione in viso. Sembra piuttosto concentrato ad evitare un incidente quindi dubito sia stato lui a suonare il clacson pochi istanti fa.
Sono dentro una piccola macchina di un rosso fiammeggiante.

«Guarda che gioiellino.» Jordan colpisce la carrozzeria con la mano e gli arriva un colpo proprio sulla spalla.

«Tieni le mani ferme.»
Lui sorride. «Legamele.» dice con tono malizioso.
«Te le taglio.»

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