Scarlett Ever aveva 19 anni, quando capì di non sopportare più la vita.
Una vita monotona, la sua. Una semplice vita, senza divertimento.
Obbligata da suo padre a fidanzarsi con uno sconosciuto ed a studiare per diventare medico, non avrebbe mai s...
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"Mi svegliai di soprassalto nel mio letto
Era notte fonda, la luna splendeva dalla finestra della mia camera.
Ero ricoperta da goccioline di sudore e il mio respiro aumentava e diminuiva, aumentava e diminuiva.
Sentivo la gola secca, prudeva come se mi ci si avessero inficcato un cactus dentro.
Sospirai e poggiai i piedi scalzi sul pavimento di legno, scostando il lenzuolo di seta.
Girai il viso per assicurarmi che nessuno fosse sveglio, che lui non lo fosse.
Il mio respiro si sparse nell'aria e l'orologio elegante sul mio comodino bianco ticchettava in continuazione.
Ebbi quasi paura che quel ticchettio si infiltrasse nella mia mente, per un attimo.
🥂
-Se non risponde a nessuna delle mie domande, ho paura di dovermi licenziare, signorina-
Quel ticchettio c'era ancora, quando un giovedì come un altro il signor. Fitcher mi sottoponeva a quelle miliardi di assillanti domande che regnavano sovrane nella mia mente.
Tenevo la mia sigaretta che spargeva fumo nel salotto in una mano, e lo sguardo fisso su quell'orologio.
-Mh? - alzai lo sguardo su di lui, che teneva lo sguardo fisso su di me, e una miriade di fogli in mano su cui, qualche volta, scarabocchiava, esaminando ogni mia mossa.
Portai la sigaretta alle labbra, espirai il fumo e lo buttai fuori.
-Ti sei svegliata ancora, stanotte? -
Sentii le orecchie stridere e il mio cuore spingersi dentro, infondo infondo, al mio petto.
-No- sillabai.
Quando uscii dal palazzo, tenevo ancora in mano la sigaretta.
Parigi piangeva. Le goccioline di pioggia cadevano dalle scure nuvole e bagnavano la mia testa bionda, che guardava il cielo pensierosa.
Non sapevo nemmeno io il motivo di tutta la mia vita.
Ma sapevo che la sentivo attorcigliata al collo, come in quel sogno.
Avevo pensato che fosse vero, che stessi morendo strozzata. Ma si trattava solo di un incubo.
-Madame, farsi quelle ferite non mandrà via il dolore. Ne provocherà solo altro-
Il signor Fitncher pareva davvero preoccupato per me, quando uscii dall'appartamento di lusso e si mise il cappotto marrone.
Un fulmine illuminò i miei occhi verdi, che spostai su di lui.
-E come fa a sapere che non è quello che voglio? - sussurrai.
-Bon après- midì- dissi, poi.
Lui se ne andò, fiondandosi sotto quella tempesta d'acqua e correndo all'impazzata.
Io rimasi ferma su quei gradini e osservai le mattonelle del marciapiede.
Feci un respiro, e poi un passo in avanti.
Le goccioline di pioggia invasero la mia testa. Era come se mille puntine si infrangessero su di te, senza farti male.
La mia vita stava diventando un libro. Non un bel libro, però.
Non tipo Romeo e Giulietta, che poi alla fine muoiono, è vero ma almeno hanno entrambi combattuto per qualcosa o, meglio, qualcuno, che amavano.
No, il mio libro era un dizionario che nessuno aveva voglia di sfogliare.
Chi leggerebbe un dizionario?
Solo quando serve, è utile.
Camminai e la limousine che i miei avevano chiamato mi aspettava lì.
La guardai in lontananza e mi ci avvicinai, sapendo di doverci salire.
Un giovedì come un altro.
Un giovedì di una stirpe di giovedì che verranno, e che saranno esattamente come tutti gli altri.
Casa mia era nella campagna francese, distava poco dalla grande Paris.
Era una villa.
Probabilmente l'unica cosa che mi piaceva della mia famiglia, era lo champagne.
La mia famiglia produceva champagne, e questo portava tanti soldi a Parigi.
Quando sua figlia cadeva giù, sempre più giù, mio padre era occupato in champagne.
E ora che sua figlia ha diciannove anni, la giudica in tutto quello che fa.
Sentivo di star mollando la presa. Di star buttandomi giù perché la corda che mi reggeva era fin troppo delicata.
Una folata di vento e si sarebbe spezzata, lasciandomi inghiottita dall'oscurità."
