Estrema vicinanza

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Le ore di sonno si ridussero a quattro, dalle tre fino alle sette del mattino, ritrovandomi gli occhi sbarrati a fissare il soffitto.

Mi rigirai tra le lenzuola finite aggrovigliate contro le gambe, non abituata, se pur il materasso risultava confortevole e la temperatura della stanza gradevole.

Almeno non avrei sudato.

In verità ripensai agli avvenimenti della scorsa sera.

Sarebbe stato azzardato farmi beccare da Zayd a ciondolare di nuovo per casa sua.

Quante scuse mi sarei potuta inventare?

Si sarebbe mantenuto vigile, per cui avrei dovuto aspettare prima di postarmi davanti... ritornando alla questione -porta.-

Chi c'era al suo interno?

Dunque era certo che, i Farkas, possedevano qualche piccolo segreto e che, io, se volevo godermi la permanenza senza impicci, mi sarei dovuta ritirare per un paio di giorni anche con Zayd, tenendo un profilo basso da non alimentare sospetti.

Dietro il vetro della finestra, i raggi cominciarono a scagliarsi contro i drappeggi geometrici triangolari,

Mi rigirai sul fianco destro, stringendomi l'altro cuscino contro al petto e inchiodando lo sguardo sul cestino rotondo che scorsi sotto la scrivania.

Comodo. Lo avrei potuto utilizzare come pattumiera per scaricarci milioni di vaffanculo rivolti alla stronza di mia madre.

Grazie a lei, in passato l'unica in grado di reggere la famiglia sui due pilastri, mi ero ridotta a partire come una sorta di biglietto di buon augurio perché mio padre non era mai stato sufficientemente autorevole verso Thomas, riducendo quest'ultimo a sbattersene delle responsabilità.

Un altro sospiro si mischiò alla fresca arietta infiltrata tra la fessura della finestra che lasciai aperta.

Intanto i cinguettii degli uccelli appollaiati sui rami degli alberi, piantati in un piccolo giardino che tenevano sul retro della casa, riuscirono a placarmi.

"Signorina Greta" la docile voce si susseguì con due rintocchi provenienti da dietro la porta.

Era Tara, ne riconobbi la voce. Ebbi modo di memorizzarla per il tempo in cui ci ritrovammo a chiacchierare.

Scostai il bordo del lenzuolo facendolo volare ai piedi del letto, rimettendomi in piedi in due secondi.

Con le corde del pantalone a svolazzare penzoloni alle mie movenze, a piedi nudi raggiunsi la maniglia, abbassandola e aprendola, ritrovandomi Tara col cespuglio di capelli legato in un foulard giallo a pois, a girargli intorno al nodo che si creò.

"Buongiorno Greta" i due occhi le brillavano più delle lampade al neon, completando la parata con un sorriso cordiale. "La colazione è pronta, la famiglia ti sta aspettando di sotto" e mi comunicò con professionalità, vedendole alzare una mano in direzione del mio braccio e riservarmi una carezza rassicurante.

Le feci un cenno e: "Sì, dammi due minuti che mi vesto e scendo" risposi con i piedi già congelati nello stare al contatto con il marmo.

Difatti se ne accorse di come presi ad alzare di poco uno, poi l'altro. Puntò un dito verso il basso e: "Ti conviene metterti dei calzini, questo pavimento è sempre freddo" senza muovere la testa china, alzò gli occhi per scorgermi la bocca stretta in una smorfia di pentimento.

"Per la miseria, ci puoi giurare" mi scappò. "Un altro po' che me ne sto ferma, finisco in Siberia" mi espressi in una maniera da portarla a ridacchiare.

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