Altair
È una dea, cazzo.
Dal primo secondo in cui ho incrociato il suo sguardo a scuola.
E Dio, non avrebbe dovuto provocarmi con quelle sue risposte.
Inoltre credevo che facendo lo stronzo con quella ragazza, lei finalmente avrebbe chiuso la bocca, e il fatto che non l'abbia fatto mi faceva impazzire.Rimasto solo in casa, decisi di sistemarmi.
La casa era molto grande: le camere da letto al piano superiore erano due, una di fronte all'altra, separate da un lungo corridoio che portava alle scale, anche al piano di sotto erano due.
La casa aveva un'aria fresca e pulita, nonostante non fosse molto moderna.Se però c'era una cosa che la ragazza non sapeva, era che studiavo. Ogni. Singolo. Dettaglio.
Infatti non era servito che qualcuno mi mostrasse la mia camera o il resto dell'abitazione per memorizzarne ogni particolare.
A quanto pare, la mia stanza era proprio quella difronte alla sua.
Appena entrai, il suo profumo mi invase i polmoni e io glielo lasciai fare, beandomi di quella fragranza pungente e fredda; sembrava menta e limone.
Mi persi ad osservare il letto da una piazza e mezza ricoperto da coperte sui toni dell'azzurro, e un ulteriore stanza che pensai dovesse essere il bagno.Ma il principale particolare erano i muri e il soffitto tappezzati di frasi. Mi persi a leggerne alcune, senza troppo interesse, fino a quando l'occhio mi cadde su uno scrittoio e vicino ad esso una libreria, posizionati entrambi sotto la luce di una finestra.
Ma erano disordinati. Troppo per i miei gusti.
Andai poi nella mia camera con l'intenzione di lavarmi per eliminare lo stress dalle spalle.
Anche nella mia c'era un bagno con un box doccia, e l'ambiente era fresco, per nulla soffocante.
Lo spazio era arredato con una libreria bianca, una scrivania, un armadio e un letto abbastanza spazioso.Non potei reprimere il sorriso che si formò sulla mia bocca quando pensai alla faccia sconvolta di Maissa quando scoprirà dov'è esattamente posizionata la mia camera.
E sarà meglio per lei che non si mettesse a fare storie.
Uscito dalla doccia, indossai una maglietta grigia aderente e dei pantaloni della tuta.
Non sentendo alcun rumore provenire dal piano di sotto, scesi, così da confermare il mio pensiero.
Sorrisi.
Audace la ragazza.
Il suo telefono non era più dove lo avevo posizionato. Sapevo che sarebbe tornato a prenderlo.
Non ci misi molto per notare anche un biglietto, lo lessi.Ti troverò Sólsetur.
Avevo copiato tutti i dati del suo telefono, e successivamente spostati nel mio. Non era stato così facile: la ragazza aveva modi tutti suoi per mantenere la privacy.
Non mi interessava se questo veniva ritenuto reato, dovevo sapere tutto di lei, anche i suoi segreti. E tantomeno mi interessava se fosse venuta ad urlarmi contro per la sua nuova situazione dentro casa- e fuori-. Sarei stato ben felice di farle cambiare comportamento.
In pochi secondi riuscii ad accedere alla sua posizione.«Cazzo», imprecai a labbra strette.
Non mi convinceva per niente quel luogo, e la mia tesi venne confermata dopo aver fatto una ricerca. Era una festa di ragazzi più grandi, ventuno o ventidue anni, e non mi piaceva.«Liam, mi serve il tuo aiuto. Ora», chiamai il mio migliore amico.
«Si, ecco... dimmi tutto.»
Lo sentii scambiare qualche parola con qualcuno e cercai di capire chi potesse essere.«Sicuro di stare da solo?» Non potevo rischiare che qualcuno sentisse.
«Oraaa, si»
Evitai di fargli domande, ora. Le avrei tenute per dopo.
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Rumore di una vita rotta
Ficción General«Il massimo che posso fare è mostrarti dove si trova la porta d'ingresso e mandarti via a calci in culo.» Lui accennò un ghigno. «Vediamo di sistemare delle cose io e te, Sólsetur.» © Tutti i diritti riservati