Maissa
«Cosa vuoi? Per caso non ti basta rovinarmi la vita?» Chiesi io. Cercavo di sembrare forte, ma la
verità era che se avessi chiuso gli occhi sarei scoppiata a piangere.«No».
«Vaf-fan-cu-lo», stavo per andarmene, ma mi trattenne per un braccio. «Tu non devi neanche toccarmi.»
«Non sto scherzando, quindi ascoltami bene», incrociai le braccia al petto e alzai di poco lo sguardo, quel che bastava per ritrovarmi con gli occhi nei suoi e quando li vidi ebbi un piccolo
sussulto: come poteva essere possibile che degli occhi così belli appartenessero ad un'anima come la sua?«Per prima cosa non entrare neanche per sbaglio nella mia camera», lo interruppi bruscamente «Questa è casa mia, razza di-»
«Non tentare di crearmi strani nomignoli, piccola, e ti assicuro che non ti farai male.»
«Ma va' a farti fottere», feci per prendere la direzione delle scale e salire nella mia camera, ma
non riuscii nemmeno a voltarmi che la sua mano si strinse intorno al mio collo con una presa talmente stabile da farmi venire le vertigini. Sempre tenendomi mi mandò a sbattere contro il suo
petto; era alto, tanto alto e muscoloso, ma non pompato di muscoli.Era perfetto, cazzo se lo era.
Ma allo stesso tempo era uno stronzo. Quale razza di persona sana di mente farebbe una cosa
simile?«Sono sicuro che se continui così finirai molto presto con la mia faccia tra le tue gambe.» Perché sembrava serio? «E non scherzo.» Rispose come se mi avesse letto la mente.
«Lasciami. Ora.» Sussurrai, sia per la paura, che per la mancanza di aria.
«Quindi ripeti, Sólsetur, cos'è che non devi fare per il tuo bene?»
La risposta non partì da me, ma dal bisogno di aria che mi stava stringendo il petto: «Non devo chiamarti in modi strani», buttai fuori.
Psicopatico del cazzo.
Mi lasciò subito dopo.
«E soprattutto, tieni a bada la tua curiosità.»«Credi che mi interessino le tue cose?»
«Non sto dicendo questo, solo, non farti venire strane idee.»
Smisi di provocarlo, ma non perché avessi terminato i modi per farlo, ma perché mi stava iniziando a far male la testa, e non era mia intenzione fargli anche solo immaginare che le sue parole
avessero avuto qualche strano effetto su di me.Perché era così, non avevano avuto nessun effetto.
Vero Maissa?
«Me ne vado», annunciai prendendo la giacca e la mia borsa.
«Il tuo telefono.»
«Ce l'ho.»
«Dammelo.»
«Divertente; quando torno fammi trovare scritto il nome del tuo spacciatore così gli pago lo psichiatra.»
«Dammi quel telefono, Maissa.»
«No.»
«O me lo dai immediatamente, o ti sdrai su quel tavolo alla stessa velocità.»
Non mi ero mai trovata in una situazione del genere.
Avevo paura? Ovvio.
Volevo dargli la soddisfazione? Assolutamente no.
Alla fine glielo do il telefono? Certo che sì.
Non ero intenzionata a scoprire cosa avrebbe potuto fare se mi fossi opposta.«Brava.»
«Stai zitto», niente, era più forte di me.
«Vai», il suo tono era fermo, ed io non me lo feci ripetere due volte. Mi fiondai immediatamente fuori dalla porta, dove finalmente rilasciai l'aria che stavo trattenendo.
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Rumore di una vita rotta
Fiksi Umum«Il massimo che posso fare è mostrarti dove si trova la porta d'ingresso e mandarti via a calci in culo.» Lui accennò un ghigno. «Vediamo di sistemare delle cose io e te, Sólsetur.» © Tutti i diritti riservati