Prologo

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Organizzare matrimoni non è solo un lavoro. È una battaglia all'ultimo sangue ed io sono un generale con un esercito di post-it, e-mail e (molto spesso) spose sull'orlo di una crisi di nervi. Ho un enorme quantitativo di caffeina che scorre nelle vene, una lista di cose da fare stretta nella mano destra e una sottile patina di sudore sulla fronte nonostante il clima mite di Cape May.

«Non può sposarsi qui. Il pavimento è troppo... Bianco», la madre della sposa piagnucola, fissando con indignazione l'elegante terrazza con vista sull'oceano come se fosse una discarica a cielo aperto.
«Signora Williams», assumo un tono gentile, ma abbastanza fermo da devastare la resistenza di un plotone di Marines. «Si tratta di un hotel di alta classe. Il pavimento è bianco perché rappresenta la purezza dell'amore, ovviamente. Niente qui è lasciato al caso».

Mi lancia un'occhiata in grado di far tremare il cuore di qualsiasi essere umano, ma io, Olivia Harper, wedding planner d'acciaio con l'agenda piena per i prossimi sei anni, sono immune a questo tipo di attacchi emotivi. Riesco a coordinare un lancio di petali color crema sincronizzato con l'atterraggio di una coppia di colombe in volo: di certo gestire una madre ansiosa non è un mio problema.

«Ora», continuo con calma. «Se ci fermiamo qui a discutere della tonalità del pavimento, non avremo tempo per affrontare questioni davvero importanti, come il taglio della torta in mongolfiera, ad esempio».
Sì. Su una mongolfiera.
È il tipo di cosa che succede quando organizzi matrimoni per gente ricca. Molto ricca. Molto, ma molto, ma molto ricca. Ci si abitua. Non mi faccio più domande.

«Parleremo della torta dopo», borbotta. «E non pensi che la tonalità dei tovaglioli sia troppo vivace?».
Sto per gestire quest'ulteriore crisi quando il mio cellulare inizia a vibrare senza sosta come se volesse esplodere.
Ammetto che a volte temo si autodistrugga sul serio.
Mi allontano un attimo per rispondere alla chiamata: «Rebecca», sospiro. È l'influencer del momento, la cui fama è inversamente proporzionale alla sua capacità di decidere qualcosa senza cambiare idea due minuti dopo.

«Nate è in anticipo», dichiara in tono drammatico. «Sarà lì a momenti per vedere la location e non ha intenzione di fermarsi ad aspettare»
«Nate sarebbe?»
«Il testimone di Spencer», ribatte in tono ovvio.
Giusto. Nate. Nate Hawkins. Il chirurgo. Il testimone dello sposo.
Ho sentito parlare di lui.
Geniale, affascinante, e probabilmente con l'ego delle dimensioni dell'intera East Coast.

«E perché il testimone di Spencer è qui?»
«Non ti abbiamo avvisata?», chiede. «È in congedo a causa di un infortunio e ti affiancherà nei preparativi per qualche giorno. Sai quanto io sia impegnata, tesoro. E anche Spencer lo è. E, detta tra noi, vogliamo dargli qualcosa di cui occuparsi perché da quando ha avuto l'incidente è più intrattabile del solito»
«Incidente?», ripeto. Deve essere uno scherzo. O forse è solo l'ennesima complicazione in un matrimonio che sembra deciso a sfidare le leggi dell'universo.

«Sì», conferma. «È sempre arrabbiato. Tipo, molto arrabbiato. Quindi ti prego non farlo aspettare».
Sto per spiegare in modo pacato e diplomatico che il dottor Hawkins di certo dovrà aspettare un bel po' quando le parole mi muoiono in gola. È arrivato. Lo riconosco non appena varca l'ingresso: con una mano ingessata e un portamento degno di un imperatore.

Non è esattamente come lo immaginavo. No. È peggio.
Molto peggio.
Alto, atletico, con un viso scolpito con maestria. È come se Michelangelo avesse deciso di prendersi una pausa dalla scultura per creare lui. Deve avere trent'anni, forse poco più, ma si muove con la sicurezza di uno che vive da secoli su questa terra e ha esattamente capito come funziona il mondo.

Gli occhi verdi scintillano di un misto di intelligenza e arroganza, tipico dei medici di successo. E la sua mano ingessata sembra quasi un accessorio alla moda, il che, sinceramente, è piuttosto offensivo per chi cerca di fare apparire il cerchietto di emergenza come qualcosa di chic.
Guarda con fare scocciato l'orologio che ha al polso e mi viene un'insensata voglia di lanciargli addosso una scarpa.
Fantastico
«Non preoccuparti», sibilo al telefono.  «Ci penso io».

🍀
Grazie per aver letto.
Spero siate con me anche in questa nuova avventura.
Un bacio.
Sara

AMORI E ALTRI MALANNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora