Capitolo 5° (prima parte)

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🔥Vaughan Dolh🔥

20 Novembre 2016

Stavo camminando lungo la nave da crociera, con le mani nelle tasche dei pantaloni. Indossavo una maglia larga, bianca e anche un po' bruciata ai bordi, era di seta sottile e mi cadeva lungo il corpo magro. Era uno degli abiti che avevo indossato più spesso quando lavoravo e uscivo fuori dalla mia città, ma anche quando mi capitava di essere torturato.
Di solito non mi piaceva, mi faceva sentire vulnerabile e anche sotto loro controllo, eppure in quel momento avevo una sensazione differente. Infatti, percepivo che ero libero e che a breve avrei trovato qualcosa di diverso da indossare per sentirmi finalmente meglio. Certamente desideravo anche mettere su massa, ero estremamente magro e non mi ero mai piaciuto. Non mangiavo abbastanza, anzi a volte non mangiavo affatto e il mio fisico ne risentiva. La mia attenzione fu portata di nuovo sulla nave, quando il vento sul mio volto spostò i capelli bianchi portandoli sul viso.

Sull'imbarcazione non c'era nessuno e questo mi dava la possibilità di sentirmi rilassato e non osservato.
Non mi piacevano i luoghi affollati, forse anche a causa di quello che avevo subito - spesso venivo torturato e flagellato davanti al pubblico - ma anche perché mi sembrava di espormi. Dopo pranzo, avevo deciso di lasciare dormire Vilde e quindi decisi camminare lungo i trentatré metri di larghezza, fischiettando qualche melodia che avevo udito sulla nave quella mattina. Mi piaceva passare del tempo da solo, mi aiutava a schiarire le idee e ne avevo di cose su cui meditare. Io come bambino, ma ora come uomo, non ero mai stato istintivo e tutto quello che mi capitava di fare era perché costretto e soprattutto dopo aver ragionato a lungo su quello che fosse meglio per me. La decisione di intraprendere quel viaggio era stata così affrettata, e per nulla pensata, da portarmi nella situazione in cui mi trovavo. In difficoltà, perché mi ero affiancato a una ragazzina che non conoscevo in un viaggio che sarebbe stato pericoloso se loro mi avessero trovato.

Quindi decisi di avvicinarmi alla ringhiera di ferro dipinta di bianco della nave, osservai oltre i centonovanta metri di altezza il mare e la schiuma bianca che si formava a contatto con lo scafo. Il mio corpo tremava, avevo freddo a causa del leggero venticello che l'imbarcazione creava. Così allungai la mano destra creando una piccola fiamma e avvicinandola al mio viso, mentre i miei occhi continuavano a essere puntati su quel mare.

Non avevo mai visto l'acqua così da vicino, ma mi aveva sempre dato l'impressione di essere libera priva di vincoli. Volevo anch'io una vita del genere, libero da ogni ricordo brutto o da chiunque volesse limitarmi. Libero di amare, di ridere, scoprire il mondo e conoscere le persone. Ma da quando a dieci anni ero andato via e mi avevano preso loro, mi ritrovavo a vivere una vita di bugie.

Forse era solo adesso che potevo mostrare quello che ero veramente.

Ero umano, non sadico, maligno né bugiardo né freddo, semplicemente un ragazzo costantemente spaventato nelle azioni che faceva per paura di finire di nuovo torturato. Ero stato traumatizzato all'età di sedici anni e nei sette anni successivi, avevo passato la mia esistenza a finire sempre nei guai. Forse avevo sbagliato a scappare, adesso avevo messo in pericolo la vita innocente di Vilde, ma ero stanco di vivere in quella situazione estenuante. Sapevo che non era stata una scelta giusta, troppo affrettata andare via con la prima persona, per di più una ragazzina minorenne, che mi chiedeva di scappare. Ma con lei mi sentivo bene, mi faceva sentire accettato e per nulla giudicato. Mi piaceva quel tipo di rapporto, perché mi faceva comprendere che potevo aprirmi con lei e forse ci sarebbero state altre persone con cui avrei condiviso la mia storia. Non sapevo a quanti di loro volevo raccontare quello che avevo passato, ma speravo che un giorno tutto quello sarebbe finito e anche la paura di essere giudicato come il cattivo della storia.

La presa al varcoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora