VII

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SIMONE'S POV
Finora quella storia delle gare clandestine mi era sembrata un problema lontano nel tempo, ma ora che Pietro mi voleva accompagnare al luogo in cui esse si sarebbero svolte iniziai a preoccuparmi. Non mi ero nemmeno ancora procurato la moto: non sapevo se Manuel ce l'avrebbe fatta. Ero un po' riluttante, ma ormai mi era venuto e prendere e dovetti seguirlo. Non volevo che pensasse che mi sarei ritirato.
Il viaggio in moto fu abbastanza lungo, ma d'altronde non abitavo vicino all'Anagnina, quindi era prevedibile. Una volta arrivati rimasi un po' perplesso. Quello che mi trovai davanti era una semplice strada, normalissima, malridotta come tutte le altre strade di Roma. Non che mi aspettassi una vera e propria pista, altrimenti non sarebbero state "clandestine" le competizioni, ma mi immaginavo qualcosa di diverso. Pietro sembrò accorgersene.
"So a che stai pensando: sei perplesso per come ti appare ora questa strada, ma tra qualche giorno, quando si farà la gara, le tue aspettative saranno soddisfatte, fidati" annuii, senza rispondere. Non sapevo cosa avrei dovuto dire.
"Cerca di immaginartela piena di moto da corsa, con la musica a palla e un sacco di ragazzi che fanno il tifo." Continuò lui
"Ma scusa con la musica e il rumore delle moto come fa la gente che ci abita a non accorgersi di nulla?" Chiesi
"È questo il bello: loro se ne accorgono eccome, ogni volta si lamentano con la polizia del rumore che facciamo, ma quando quella arriva noi siamo tutti già belli che andati, e nessuno trova niente, se non i resti di qualche birra e al massimo qualche novellino che viene beccato, nulla di più. Non possono fare nulla"
"E non cercano di prevedere quando farete le gare? Se sanno che qua gareggiate, perché non mandano pattuglie a controllare di sera, così da cogliervi sul fatto?"
"A Simò sembra quasi che tu voglia che veniamo beccati"
"No ma che dici, mi preoccupo solo perché dovrò gareggiare pure io e non vorrei che proprio quel giorno ci sia la polizia a controllare. Con la mia solita sfiga non è così improbabile"
"Tu sta tranquillo e fidate de me"
Ero un po' riluttante, ma annuii. A quel punto ci raggiunsero anche Carlo, Giulia e Andrea.
"Il novellino si è deciso a venire allora! Non me l'aspettavo se devo essere sincero" esordì Carlo appena mi vide. Decisi di non rispondere a quella provocazione.
Gli altri due amici mi salutarono cordialmente e poi smisero di parlarmi.
"Ve l'avevo detto che non si sarebbe rimangiato la parola" mi difese Pietro.
Poi Pietro chiese a Carlo di spiegarmi come funzionavano le gare, mentre lui andò chissà dove, insieme a Giulia e Andrea. Non avevo voglia di restare da solo con quel Carlo. Non mi piaceva affatto e io ero consapevole di non piacere a lui.
"Se davvero hai intenzione di gareggiare devi sapere un po' di cose" cominciò, dopo avermi squadrato dall'alto in basso.
"Per prima cosa i gareggianti arrivano verso mezzanotte. I nuovi partecipanti nei giorni prima della gara hanno tempo per provare a familiarizzare con la strada, ti converrà farlo anche te. Ovviamente gli ultimi arrivati partono dietro gli altri, chi vuole stare in polposition se lo deve guadagnare. A ogni gara arrivano sempre dei ragazzi con le casse, che mettono la musica per fare più casino possibile, e quelli con le birre per gli spettatori. Ti conviene lasciarli perdere e far finta di nulla, altrimenti l'ansia e la pressione che avrai aumenterà sempre di più. Le prime volte è così per tutti, poi ci farai l'abitudine e la musica nelle orecchie, unita alle urla dei ragazzi, sarà un piacere da sentire, amplificherà l'adrenalina." Fece una pausa. Non riuscivo a credere che mi stesse veramente dando un consiglio.
"Di solito gli spettatori fanno scommesse su chi vincerà la gara, ma tranquillo che quasi nessuno scommette sui nuovi arrivati. Anche perché sarò io a vincere, come ogni volta. Se vinci e qualcuno ha puntato su di te, ti spetta una bella parte dei soldi. Per gareggiare bisognerebbe pagare una quota, ma penso che per te sarà Pietro a pagare. Non dovrei nemmeno dirtelo."
Fece un'altra pausa.
Poi ricominciò a parlare e mi spiegò il giro che avremmo fatto e mi diede qualche consiglio su come gestire le curve.
Fu allora che mi accorsi del principale problema che avrei dovuto affrontare prima di tutto: imparare a guidare una moto da corsa e a gestire la velocità.
Perché non ci avevo pensato prima di accettare di partecipare a quella stupida gara? Non avevo idea di come avrei fatto a imparare così in fretta.
A quel punto Pietro tornò in sella a una moto da corsa, tutta nera. Non ero un esperto e non riconobbi il modello. Si fermò davanti a me, scese e mi passò il casco.
"Provala, giusto per familiarizzare un po'. Hai detto che devi ancora procurarti una moto da corsa, perciò non penso che tu ci sappia andare. Hai bisogno di allenamento, ma tranquillo che non è poi così difficile."
Giulia e Andrea mi accompagnarono all'inizio della strada che avrebbe fatto da pista e io partii. Andare piano non era molto diverso da andare su una moto normale o su un motorino. Accelerai un po', sempre con prudenza, e presi confidenza.
Dopo aver fatto un giro con calma della "pista", parcheggiai la moto, mi tolsi il casco e raggiunsi Pietro e lo sentii mentre parlava con Carlo.
"Piè non vorrai mica lasciarlo partecipare veramente? Potrà anche imparare a guidare bene una moto da corsa, ma fidati, ci farà beccare. Non mi fido di lui."
"Senti, io so che non si tirerà indietro, e quando si presenterà alla gara sarà soprattutto nel suo interesse non farsi beccare. Fidati almeno di me"
A quel punto i due si accorsero della mia presenza e smisero di discutere. Pietro mi sorrise dolcemente, in segno di saluto.
"Parli del diavolo..." disse Carlo, chiaramente infastidito dal vedermi.
"Giuro che se fai qualcosa che possa anche solo per sbaglio danneggiare la gara te vengo a cerca' co gli amici miei e finisce male, te avverto" dichiarò poi rivolto a me, mentre si avvicinava. Ecco finalmente che si toglieva la maschera che aveva mantenuto tutto il tempo mentre mi aveva spiegato i dettagli della gara.
"Ah si? E che fareste sentiamo?"
"Non te conviene provocamme te lo dico"
"Sai quanto me ne frega delle tue minacce. Lasciami in pace e non darò fastidio a nessuno" Sapevo come tenere testa a degli stronzi come lui, d'altra parte non era la prima volta che avevo a che fare con persone così.
"Non ho mai detto che non lascerò in pace te, tranquillo. Io mi riferivo all'amico tuo, com'è che se chiama? Matteo? Marco forse? No no, era Manuel" Mi sentii gelare. Che cazzo c'entrava Manuel? Non doveva metterlo in mezzo.
"Ma che cazzo ne sai te di Manuel, eh?" Dissi quasi urlando e non riuscii a trattenermi dal dargli uno spintone. Carlo non si scompose.
"Eh sai com'è qui qualcuno lo ritrova sempre a casa tua, si potrebbe pensare che ti importi di lui più di quanto non dia a vedere" mentre Carlo mi rivolgeva quelle parole sogghignando, guardai Pietro. Era rimasto tutto il tempo fermo e zitto, senza intervenire, con lo sguardo che sembrava spento, dispiaciuto.
Non me ne fregava un cazzo se gli dispiaceva. Non avrebbe dovuto nemmeno nominare Manuel in presenza di quello stronzo, figuriamoci dirgli che era sempre a casa mia e fare certe allusioni.
"Ma si può sapere che cazzate gli hai raccontato?! Manuel non c'entra niente, ne con me e te, ne con tutta questa storia!" Mi rivolsi al biondo, alzando sempre più la voce.
"Carlo lasciaci un momento da soli per favore" disse solo. E il suo amico obbedì, allontanandosi con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.
"Simò lasciami spiegare"
Avrei voluto urlargli che non c'era un cazzo da spiegare, che non doveva avvicinarsi più né a me né a Manuel e soprattutto non doveva più presentarsi a casa mia. Sapevo che non sarebbe stata una reazione esagerata e che avrei avuto ragione sbattendogli in faccia tutte quelle parole, ma qualcosa mi trattenne. Non riuscii a tirare fuori queste parole, forse perché volevo che tra noi le cose andassero bene, non volevo riempirlo d'odio, sapendo che me ne sarei pentito in seguito. Così lo lasciai parlare.
"Non volevo che Carlo dicesse queste cose e minacciasse te e Manuel. Quando ho visto che Manuel era a casa tua e che si rivolgeva a me come se fosse stato geloso mi sono venuti dei dubbi e ne ho parlato con Carlo. Lui è il mio migliore amico e pensavo non ci fosse nulla di male. Non mi aspettavo che facesse questa scenata, ma è stato solo protettivo nei miei confronti e nei confronti della gara. È la cosa più importante che ha e ha avuto paura che tu potessi in qualche modo rovinargliela, visto che sei nuovo. Mi dispiace"
Se possibile le sue spiegazioni mi fecero incazzare ancora di più. Come poteva difendere il suo amichetto, dopo ciò che mi aveva detto? Rimasi in silenzio a riflettere.
"Dì qualcosa ti prego" mi supplicò Pietro.
"Cosa avrei dovuto fare? Con chi potevo parlare dei miei dubbi se non con il mio migliore amico? So che puoi capirmi"
"Avresti dovuto parlarne con me! È questo il punto! Se avevi dei dubbi dovevi dirmelo e ti avrei spiegato la situazione! Come possiamo fidarci a vicenda se nemmeno quando non abbiamo ancora una relazione parliamo sinceramente?!"
"Mi dispiace Simò te prego! Ho sbagliato a parlare con Carlo e non con te, ora ho capito. E se vuoi possiamo chiarire del tutto, se me la spieghi sta situazione! Perché penso che sia legittimo per me avere i miei dubbi"
"Vaffanculo Pietro, vaffanculo!" Gli gridai e me ne andai via da lì correndo.
Come osava chiedermi spiegazioni dopo quello che era successo? Come poteva essere lui incazzato? Non ne aveva il diritto.
Raggiunsi più in fretta che potei la prima fermata per un autobus diretto verso casa mia e appena arrivò ci salii, senza guardarmi indietro. Volevo solo andarmene a letto senza parlare con nessuno.

Dammi un bacio ja - Simone e ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora