6. Sweet but Psycho

322 41 45
                                    

You're tellin' me that I'm insane.
Boy, don't pretend that you don't love the pain.
Ava Max

LEIGHTON

Alcune volte sogno mia madre. Il mio cervello elabora a tradimento la sua immagine e fa in modo che a me sembri di averla vicino, sdraiata sul letto mentre studio, o seduta in macchina accanto a me concentrata a guidare verso una delle mete delle nostre gite fuori porta.

Odio quei sogni, perché, quando mi sveglio, devo fare i conti con la realtà. Una realtà in cui lei non c'è più.

La sua assenza ha lasciato solo un silenzio assordante, che non riesco a interrompere neanche quando sono immersa nella confusione. È arrivato pochi mesi dopo la sua morte, quando il dolore che provavo ha cambiato forma e mi ha lasciato modo di soffermarmi a riflettere su quello che avevo perso.

È strano il dolore. Prima senti solo quello. È tangibile e lo percepisci in varie parti del corpo. Poi, allenta la presa e si trasforma in qualcosa di diverso. Un pensiero fisso che non ti lascia mai. Il tuo corpo ne è libero, la tua mente ne è prigioniera.

Il dolore va elaborato, accettato. Ma io non voglio accettare quello che ho fatto perché equivarrebbe a perdonarmi.

Jamie è stato la terapia ideale perché convincermi di meritare di soffrire per lui mi alleggeriva del peso dei sensi di colpa. E, ora che se ne è andato, io non riesco a capire come uscirne.

Sebbene da una parte mi sforzi ogni giorno di non pensare a lei, dall'altra ho paura di dimenticarmi la sua voce, il suo sorriso. Di scordare come era parlare con lei, cosa mi diceva quando ero arrabbiata e triste come in questo momento.

Dopo essere tornata a casa dalla mia corsa mattutina con annessa rottura, avrei voluto solo abbracciarla. Invece, mi sono immersa nell'acqua ghiacciata per qualche minuto. Dicono che i bagni di ghiaccio servano alla rigenerazione del corpo. Ma io, più che rigenerata, mi sentivo solo spezzata.

Dentro la vasca, ho capito che non potevo andare al lavoro, non in quelle condizioni, e mi sono data malata. Per fortuna che a Tricia sono quasi simpatica. Così, non sono stata licenziata. E neanche Savannah, che però si è arrabbiata davvero molto con me, accusandomi di tradimento.

Da remoto, con il lavoro mi hanno aiutato Lena ed Elijah, ma ho risposto ai loro messaggi solo quando potevo, perché quei tre giorni me li sono presi per:

•Travasare le piante in terrazzo.
•Piangere.
•Fare pilates.
•Piangere.
•Provare a cucinare qualcosa di commestibile (spoiler: non ci sono riuscita).
•Piangere.
•Tentare di vedere un film dall'inizio alla fine (spoiler: non ci sono riuscita).
•Piangere.
•Stirare le camicie di Pedro senza bruciarle (spoiler: erano più sgualcite di prima ma intatte).
•Piangere.

Forse Jamie ha ragione: non ci sto con la testa. Le due bamboline voodoo ancora sulla mia scrivania potrebbero essere la conferma che cerco. Le sto fissando quando bussano alla porta e la voce di Pedro si insinua nei miei pensieri.

«Leighton, posso?».

Mi ridesto e finisco di sistemare i vestiti nella borsa. Dormo da Elijah e Lena stasera. È passata quasi una settimana da quando ho lasciato Jamie e non potrei sopportare di passare un'altra notte qua dentro a fissare il soffitto.

Dopo la mia risposta, la porta si apre. «Tutto bene?»

«Una meraviglia.»

«So che è stata una settimana difficile.»

Mi giro verso di lui e provo a tamponare il sarcasmo che prende forma dal mio pietoso stato d'animo. «Non devi preoccuparti. Sto bene.»

Pedro è seduto sul mio letto, con i gomiti piantati nelle cosce. Sta bene con la barba più lunga del solito. Gli dona l'aria di uno che combatte contro il crimine del narcotraffico, che è proprio quello che fa.

Come l'odio per cui ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora