16. Hate me

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Erase me, 'rase me, wish you never dated me.
Lies, tell me lies, baby, tell me how you hate me.
It's a thin line between all this love and hate,
and, if you switch sides, you're gon' have to claim your place.
Ellie Goulding, Juice WRLD



LEIGHTON

Sono una brutta persona. Ne sono consapevole. Ho dato buca al bravo ragazzo per essere qui, di fronte alla porta del caso umano.

Eppure, i sensi di colpa per quello che ho fatto svaniscono nel momento in cui me lo ritrovo davanti. Non appena i suoi occhi verdi colpiscono i miei, tutti i motivi per cui lo avevo estirpato dalla mia vita negli ultimi tre giorni crollano come un castello di sabbia alla prima onda.

Ho bisogno di lui, ora, di quello che può darmi per dimenticare tutto il resto, e ho intenzione di prendermelo subito.

Non è sesso, è sopravvivenza.

Senza dargli modo di salutarmi, mi fiondo tra le sue braccia e mi richiudo la porta alle spalle con un calcio. Jamie indietreggia finché non sbatte contro il muro.

Per un po', risponde al mio bacio disperato, ma poi la pressione delle sue mani sui miei fianchi mi costringe a fermarmi. Stacco di poco le labbra dalle sue, mentre continuo a stritolargli il colletto della maglietta.

«Aspetta, Leighton» mi sussurra.

«Cos'hai? Non vuoi farlo?»

«Ho mal di testa.»

Con un paso indietro, metto distanza tra di noi e lo scruto per bene. Sono basita. «Fai sul serio?»

Lui annuisce e io non riesco a non pensare a quanto sia paradossale la situazione.

«Mica solo a voi donne viene l'emicrania» puntualizza con tono acido, spostandosi una ciocca di capelli rossi dalla fronte.

Incrocio le braccia e butto fuori aria dalla bocca. «Okay... Beh, potevi dirmelo prima che sprecassi i soldi per un uber.» Faccio per voltarmi in direzione della porta ma sono costretta a bloccarmi perché la fine del mondo si avvicina.

«Ho ordinato da mangiare. Vuoi restare?»

Torno a guardarlo allibita. La mandibola potrebbe staccarsi da un momento all'altro. «Scherzi?»

«No.»

Non aggiunge altro e io capisco che è serio.

Non troppo convinta, accetto il suo invito e neanche a farlo a posta suonano alla porta.

«Aspettami di là» mi dice.

Vado in soggiorno e capisco che l'Apocalisse è niente in confronto a quello che sta succedendo.

Due calici sono posati sul tavolino di fronte al divano, apparecchiato con due tovagliette nere. Una luce soffusa rende l'atmosfera più intima di qualsiasi cosa abbiamo fatto noi due insieme sotto le lenzuola. Rischio di strozzarmi con saliva quando lo sguardo si posa su qualche candela disseminata per la stanza. Ho il cervello talmente tanto in panne che quando lui mi raggiunge con il cibo da asporto non riesco a dire niente. Soprattutto perché riconosco il logo del ristorante impresso.

«Da quando mangi il sushi? Hai sempre detto che ti fa schifo.» E infatti si è sempre rifiutato di venire con me, nonostante le mille suppliche.

Prende a sistemare le scatole. «Ho sempre detto non mi piace mangiare la cucina giapponese, non che mi fa schifo.» Mi spiega mentre le apre.

Vorrei rispondergli qualcosa ma uno strano brivido mi attraversa la schiena e mi frena.

Dopo qualche secondo di silenzio, i suoi occhi si posano di nuovo su di me. «Ti siedi o no?»

Come l'odio per cui ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora