[Intro]

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Samuel correva sotto la neve. Non era un'impresa facile, dato il gran numero di persone che occupavano i marciapiedi e le strade. Per di più, doveva stare attento al ghiaccio sedimentato qua e là, difficile da individuare, nella fretta. Nonostante questi impedimenti, continuava a correre imperterrito. Si domandava cosa pensassero i passanti e i gruppi di giovani che sorpassava, a fiato sempre più corto, di lui. Probabilmente non pensavano niente, oppure gli davano del folle in quella notte gelida di Capodanno, dove tutti cercano di godersi la serata nell'ozio più totale.

Samuel era costretto a quella corsa disperata perché aveva dimenticato lo zaino con tutti i suoi averi e i suoi documenti nel suo appartamento. Non avrebbe nemmeno potuto prendere il treno, di questo passo, perché il biglietto era nel portafogli, e il portafogli era nello zaino. Si sentiva uno stupido per questo. Ma sono cose che capitano, nella fretta di partire per tornare a casa, soprattutto se non torni a casa da tanto tempo. Samuel non vi faceva ritorno da mesi. La vita universitaria da fuorisede sa essere davvero dura, come quella corsa che ancora lo teneva impegnato fino a togliergli il respiro.

Nuvole di sbalzo termico lo avvolsero, quando scelse di fermarsi davanti al portone. Non se la sentiva di correre ancora, avrebbe preso l'ascensore. Perciò sostava lì, al freddo, nel vano tentativo di riprendere fiato, in quella nube di caldo e di gelo che si mescolavano insieme in un bianco lattiginoso.

Samuel prese le chiavi, aprì il portone ed entrò. L'ascensore era subito a sinistra. Una volta entrato, si appoggiò in un angolo, ancora stremato. Pensò che l'appartamento era al quinto piano, quindi mancava davvero poco alla sua meta. Il tintinnio che avvisa l'arrivo a destinazione, le porte che si aprono, Samuel che esce e tira fuori le chiavi dalle tasche dei jeans bucati. Tre giri. Preso dalla frenesia di essere finalmente entrato, non pensò nemmeno all'eventualità di non essere solo. Si mise ad aprire tutte le porte, alla ricerca del suo zaino, in preda nuovamente alla paura di fare ritardo, e così capitò che aprisse la porta della stanza di Noah.

Le finestre erano chiuse da un paio di pesanti tende blu, in tinta con il pavimento dalle piastrelle di un gusto estetico discutibile. L'armadio era chiuso, il comodino era aperto, le coperte del letto erano sfatte. Samuel restava così, davanti a quella stanza che non era la sua e della quale non avrebbe mai voluto aprire la porta, perché ormai era troppo tardi. Noah lo guardava come se fosse un insetto, l'irritazione e la tensione sul suo viso erano evidenti quanto il rossore sulle gote della ragazza che stava sopra di lui e cercava di coprirsi come meglio poteva. Era Desiree, nuda in tutta la sua bellezza di ragazza bionda e giovane, sensuale e dolce in tutte le sue forme. E Noah le stava sotto, a torso nudo, il corpo trascurato dalla pigrizia e la pelle bianca come le lenzuola stropicciate che gli coprivano appena il bacino.

Samuel lo sapeva. O almeno, sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Desiree aveva una cotta per Noah da tanto tempo, e anche se lui continuava a respingerla, era sicuro che, ad un certo punto, avrebbe ceduto se non altro al desiderio carnale di una singola notte di puro piacere. Il punto era un altro. Samuel non avrebbe mai voluto assistere. Samuel non avrebbe mai voluto vedere. Samuel non avrebbe mai voluto sapere. Eppure, eccolo là, nudo anch'egli di fronte ad una verità che avrebbe preferito ignorare per sempre, rinchiudere in una scatola e gettarne la chiave. Non poteva farci nulla, ormai.

Incespicò sulla porta. Era destabilizzato. Poi rinvenne e chiuse la porta. Corse in bilico verso il bagno, l'unica stanza che ancora non aveva aperto, vi trovò lo zaino, se lo mise in spalla, sopra la giacca vecchia e troppo leggera. Uscì dall'appartamento. Non disse una parola. Nessuno disse una parola.

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