Valanga

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Rachel

- La valanga è una massa di neve che precipita a valle trascinando con sé tutto quello che incontra. Ognuno di noi ha una persona che nella propria vita incarna una valanga di neve. –

Una volta lessi che se si viene sommersi dalla neve la mancanza d'ossigeno potrebbe causare danni permanenti al cervello. Se il cuore però continua a battere, la temperatura corporea si abbassa e protegge le cellule del cervello. Avevo rischiato. Ero stata sommersa dalla neve, ma il mio cuore aveva protetto il mio sapere. Quel ragazzo, era stato la mia valanga di neve. Le sue parole e la sua presenza avevano spento il fuoco ardente dentro di me, ero stata colpita da un gelo mortale. Avevo sentito l'ossigeno mancare al cervello e l'anima essere travolta da una massa inarrestabile. Quando sentii la frequenza respiratoria e il battito cardiaco rallentare, il cervello congelarsi, il petto stringersi e la pelle seccarsi, avevo seguito la sua voce. Mi aveva imposto di scavare per tornare in superficie, il cuore aveva ricominciato a battere e l'ossigeno a circolare. I battiti lenti si fecero celeri e protessero il cervello dalla neve, da lui. Ero esplosa e avevo vinto sull'imposizione, ma alla fine ero fuggita. Riacquistata la lucidità, ero stata travolta dalla paura dell'ignoto. Non sapevo chi fosse, eppure per pochi secondi mi aveva rubato il cervello. Non avevo idea di cosa volesse, ma una parte di me sapeva di non doverlo sapere. L'altra, voleva ancora gelo per non dover bruciare più attraverso i ricordi. Erano stati giorni intensi e confusi quelli successivi, non ricordavo con lucidità gli avvenimenti, ma rivivevo continuamente le emozioni contrastanti. L'alterazione fra il gelo e l'ebollizione, quasi mi crearono dipendenza.

Spostai con la mano destra l'erba che cresceva consistente sulla sponda del fiume, faceva quasi da ostacolo lungo il sentiero fangoso. Aveva piovuto molto nei giorni precedenti, quindi il terreno della stradina era morbido e pastoso. Si avvicinava la fine dell'autunno e l'inizio dell'inverno, continuai a camminare contro vento, come se volessi attraversare la linea di confine fra una stagione e l'altra. Mi fermai di colpo. I capelli scompigliati dal vento impetuoso si appiccicavano al volto, impedendomi di vedere chiaramente. Nonostante ciò, le orme incastrate nel terreno apparivano fresche e definite. Le scrutai ferma, mentre mi stringevo il corpo con le braccia, domandandomi chi potesse recarsi sotto al ponte in un giorno così ventoso. Ultimamente sentivo che questo luogo era stato violato, ma non mi venne facile pensare realmente che qualcun altro si era appropriato dell'unico luogo dove le mie ombre sparivano. Seguii la scia per scoprire chi aveva osato addentrarsi nella fitta flora umida. Ricordai l'unica sera in cui anch'io mi spinsi così oltre, quelle orme mi avrebbero condotto davanti quell'edificio imponente e spigoloso, la struttura che di notte sembrava sovrastare la quiete delle tenebre. Fu lì che mi ritrovai, le impronte si fermavano sulla soglia dell'edificio. Rimasi distante per un po', ad osservare le mura grigie coperte da un cielo nuvoloso. Chi poteva conoscere un luogo del genere? La curiosità vinse sulla voglia di andarsene, così mi trascinai a passo felpato verso l'entrata. Udii una voce familiare che mi fece rabbrividire, restai pietrificata, nascosta dietro lo stipite della porta.

- Avanti, Megan. Continua. -

- No-n non r-i-rie... - Un urlo straziante lacerò l'aria fredda di fine ottobre. Il petto si compresse. Un abuso, una violenza, no. Un litigio? Non poteva essere altro. Nonostante l'aria fredda sentii le gocce di sudore gelide scivolare sulla fronte. Avevo le mani incollate alla parete e facevo fatica a respirare.

- Chiedilo, Megan. Supplica per averlo. –

- G-grazie, voglio essere perdonata. –

- Devi meritarlo, Megan. – Silenzio. Il rumore dei passi era l'unico udibile assieme al mio respiro affannato. Un altro grido violento mi colpì l'udito e le gambe si strinsero d'impulso. Gl'occhi schizzarono fuori dalle orbite, qualcuno mi stava stringendo le budella, il dolore allo stomaco era intollerabile. Era lui, la mia valanga di neve. Il contrasto tra gelo e calore s'insinuò tra le viscere e il cuore. Il freddo mi chiamava, il fuoco mi gridava di fuggire. Ma quella ragazza, dovevo fare qualcosa.

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