Prosciugata

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- Prosciugare un animo, vuol dire possederlo. – Dave Sanders

- È fatta. – Mormorai a bassa voce nel bagno della scuola, la stessa che presto sarebbe crollata. Rachel, ormai, era mia. L'avevo lasciata crogiolarsi nelle sue stesse azioni per qualche giorno, in attesa che fosse lei a venire da me.

- Devo parlarti. – Mi aveva scritto, durante un appassionante lezione di storia. L'unica materia che mi aveva sempre affascinato, racconti di maestri della manipolazione che avevano piegato un intero popolo alla loro volontà.

- Esci. – Le avevo risposto, mentre il petto si gonfiava d'orgoglio. Per impossessarmi del suo corpo e della sua mente, avevo attuato un piano di manipolazione diverso da tutti quelli mai compiuti. Le ero scivolato nelle crepe del cranio a piccole dosi, istillando in lei una sorta di dipendenza dal terrore che le infondevo.

Ma alla fine, anche la bella più intrepida e sfuggente cade tra gli artigli della bestia. Pronta a essere smembrata. Le diedi appuntamento dove Kendall non avrebbe potuto vederci, a quest'ora pedinava Mason e Joseph nei pressi della palestra.

- Allora, Rachel. Dimmi. – Pronunciai, voltandomi in contemporanea allo stridio della porta. La sua figura esile comparve sulla soglia.

È così magra. Potrei usare questa presa di consapevolezza per punirla.

Le sue ossa avrebbero potuto spezzarsi nella mia mano. Ma questo, non sarebbe successo. Non avrei mai alzato le mani su di lei, e su nessun altra donna. Le torture su di loro erano ben più complesse e profonde di insipidi lividi sulla pelle.

Non sarei mai stato come quel bastardo di mio padre.

- Come ti sei sentita, Signora, quando hai squarciato il labbro di quell'uomo? – Ampie falcate verso di lei. La mia voce cupa la fece trasalire. Quando le agguantai il polso, sobbalzò e fece un passo indietro.

- Cos'hai provato, quando i nostri polsi uniti l'hanno marchiato? – Aumentai la presa, potevo sentire il suo battito cardiaco fracassarle gli organi interni.

- Non...non so come spiegarlo. – Le accarezzai il polso, mentre la guardavo con un ghigno contorto e un sorriso crudele.

- Prova, Rachel. – Inclinai il capo e alzai un sopracciglio. Lei inghiotto la bile e schiuse le labbra.

- Mi...mi sono sentita... - Gettò un'occhiata alle mie dita che correvano sulla sua pelle. – Be...ne. – Feci un cenno, per esortarla a continuare.

- Avevi ragione. – Musica per le mie orecchie. – Ma non voglio più farlo. – Mantenni la calma, ma allacciai i nostri occhi e una scintilla sfavillò nell'aria.

- Vo...voglio dire. Se per non pensare a Th...alla rabbia, devo infliggere dolore... Io...io non farò del male a nessun...a nessun altro. – Tentò di autoconvincere se stessa, più che me.

- Io non ti costringerò a far nulla, Rachel. Ma questo mi suggerisce che non ti sia bastato far male ad altri, hai bisogno di qualcosa in più. – Le stavo leggendo nella mente, e lei lo percepiva. Portai le dita sulla sua guancia.

- E quel qualcosa in più, sono io. O meglio, hai bisogno di sentire il male su di te, è questo che non hai il coraggio di dire?- Il suo corpo era paralizzato, mentre le mie dita le sfioravano il mento. I suoi occhi, però, gridavano di .

- C..cr...credo di...di sì. – Sussurrò. Sorrisi soddisfatto, mentre le mie parole si scolpivano e depositavano sul fondo della sua psiche. Sapevo che non avrebbe retto il dover ferire altre persone, anche quella fu una scelta premeditata. Le sarebbe piaciuto assaggiare il potere, ma non era tagliata per quello.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 20 ⏰

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