Capitolo 9

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Quando io e Sheilyn abbiamo comprato questa casa con il giardino, ne eravamo entusiasti. Completamente soli, senza vicini di casa nei dintorni, solo il suono degli uccellini al mattino.
Isolata da tutto, con il nostro sentiero personale, un po' mal ridotto, ma solo nostro.

Adesso, tuttavia, stare qui da solo, nella nostra veranda, di notte, a guardare le stelle seduto sul divano a dondolo, mi riempie di tristezza, nonostante il leggero venticello e l'aria fresca mi facciano piacere. Forse avrei avuto bisogno del caos della città, mi avrebbe aiutato a svuotare la mente e non avere la testa piena zeppa di pensieri.

In questo posto così grande immaginavo una famiglia unita, felice, con dei figli che avrebbero riempito il posto con le loro grida e le loro risate.
Invece alla vigilia del mio compleanno, mi ritrovo dannatamente solo.

Sono le undici e mezza ed esattamente fra mezz'ora compirò gli anni. Trentadue, esattamente.
Di sabato, per giunta.
Un giorno dove non devo nemmeno lavorare. Un giorno che passerò da solo.

Bria dovrebbe partorire uno di questi giorni e ovviamente Tony è al settimo cielo e non aspetta altro, perciò non voglio disturbarlo per passare eventualmente del tempo con lui. Pazienza. Non importa.
In fondo in questi due anni mi sono abituato a stare solo, sarà il terzo compleanno di fila così e chissà quanti altri ancora.

Sospiro rassegnato, mi alzo ed entro dentro casa. Salgo al piano di sopra, mi tolgo tutti i vestiti e prendo un pigiama dal mobile. Dopo averlo indossato, non so perché, forse i pensieri di qualche minuto fa, ma mi giro verso il letto e nella mia mente ritorna la scena che mi tormenta. Quella in cui la mia ex moglie mi stava tradendo, proprio qui, proprio su quel letto che usavamo per noi due...

Chiudo gli occhi, scuoto la testa con rabbia ed esco dalla stanza sbattendo la porta. I miei vestiti sono tutti qui, ma quel letto non l'ho più nemmeno sfiorato.
Il mio posto per dormire è il divano, giù in soggiorno, forse l'unico incontaminato, almeno spero.
Sempre che quando fossi a lavoro, non abbia usato anche quello.
Solo a pensarci mi vengono i brividi...

Scendo le scale, spengo tutte le luci, e mi sdraio sul divano. Rimango con gli occhi aperti non so quanto tempo.
La testa piena zeppa di pensieri. Sheilyn, il mio odio, la mia rabbia.
Mi ha tradito con un uomo che non ho mai visto in tutta la mia vita, uno sconosciuto e mi chiedo chi fosse, se si conoscessero già, oppure se fosse qualcosa che ha fatto solo quella volta e basta.
Domande che mi sono sempre fatto e che non hanno mai ricevuto una risposta. Non ho voluto mai chiederle niente. Semplicemente per me, quel giorno, è stato la fine del nostro matrimonio, del nostro rapporto e di qualsiasi cosa ci potesse essere tra noi.
Sospiro, chiudo gli occhi e cerco di svuotare la mente, poi finalmente tutto sparisce e riesco a prendere sonno e non pensare più a niente.

Quando apro gli occhi è già giorno pieno, ma ciò che mi sveglia è il telefono che squilla sul tavolino accanto.
Lo prendo e vedo il nome del mio migliore amico sullo schermo.
«Tony» rispondo, ancora un po' assonnato.
«Jack, perché cazzo non mi apri la porta? Stai ancora dormendo?»
La sua voce è squillante, quanto infastidita.

Corrugo la fronte. «Perché, dove sei?»
«Se ti ho detto di aprire la porta, secondo te dove sono?» fa una risatina. «Sono le dieci. È il tuo compleanno, vecchio!»
«Arrivo» dico soltanto, collegando un po' il cervello.
Mi sento stanchissimo, forse perché non ho dormito quasi nulla.

Mi alzo ancora un po' rincoglionito e porto indietro i capelli, poi con un sospiro enorme, vado ad aprire, trovando Tony ad aspettarmi con un sorriso e qualcosa nelle mani.
«Buongiornooo!» dice allegro. «Auguriiii» strilla.

«Grazie» Faccio un accenno di sorriso e guardo il pacco bianco. Una scatola enorme. «Cosa è quello?»
«Ti ho portato una torta.»
Scoppio a ridere, perché non mi aspettavo di certo un gesto del genere.
«Entra dentro. Devo vestirmi.»
Tony fa come se fosse a casa sua e quando salgo le scale per andare a cambiarmi, lui chiude la porta e va ad appoggiare il pacco in cucina.

Scuoto la testa, divertito. A dire la verità, pensavo avrebbe passato il tempo con la moglie, non con me, ma questo mi fa piacere. Almeno non mi sento poi così solo.
Mi vesto in fretta indossando un paio di jeans e una maglietta nera, con delle nike sportive bianche, poi scendo giù e lo trovo seduto sul divano e la TV accesa.

Si gira verso di me e fa un sorriso. «Allora, cosa vuoi fare oggi? Sono tutto tuo.»
«Tutto mio? Addirittura?» Sorrido. «Tua moglie non è gelosa?»
Lo raggiungo e mi siedo accanto.
Tony scuote la testa. «Sa benissimo che sei tu il mio primo amore.»
Fa l'occhiolino e io rispondo a tono e mi metto una mano sul cuore. «Oh mio Dio, così mi sciolgo!» squittisco, facendo la voce da donna.
Tony prova a non ridere, fingendo di fare il serio, ma si sta trattenendo a malapena. «Ti amo da impazzire, amore!» grida.
«Mai quanto me, amore della mia vita!» strillo con voce acuta.

Tony non riesce più a trattenersi e scoppia in una fragorosa risata. Rido anche io, perché è impossibile non farlo.
Siamo veramente due idioti a volte.
Mi mancavano questi momenti spensierati.

«A parte gli scherzi, pensavo che oggi rimanessi con lei per via del bambino.»
«È andata a fare la visita e ha detto che non è pronta, abbiamo ancora qualche giorno, perciò non potevo lasciarti da solo il giorno del tuo compleanno.
Scommetto che la tua idea era stare qui a casa a deprimerti.»
Inclina la testa, con un'espressione che significa: prova a dirmi che non ho ragione.

Rido, perché è così. Non avevo programmi.
«Diciamo che non ho molto da fare» ammetto.
Tony allora sorride. «Per questo sono qui. Usciamo. Andiamo da qualche parte. Oggi voglio che non pensi a niente. È da due anni che non festeggiamo più insieme, ora che sei qui, ne devo approfittare per stare con te!»
«Sei proprio un tesoro!» rispondo al gioco di poco fa, facendo di nuovo la voce da donna.
Tony scoppia a ridere. «Coglione!»

Mi metto una mano al cuore, spalancando la bocca, scioccato.
«Così mi ferisci!»
«Oh no! Scusami, cucciolona mia!»
«Cucciolona?» Alzo un sopracciglio e Tony ride. «Preferisci, maialona?»
«Sei un porco!» fingo di offendermi e gli do un colpo sul braccio, poi incrocio le braccia al petto e mi giro dall'altra parte, indignato.
«Mi perdoni?» mi tocca la spalla con un finto tono di voce dolce.
Io alzo il mento. «Forse. Dipende.»
«Da cosa?»
Mi volto, con un sorriso e ritorno alla mia voce di sempre. «Portami la torta.»
Tony scoppia a ridere. «Hai vinto!»

Pan di Spagna, fragole e panna. Mi gusto questa bontà e dopo decidiamo di uscire di casa.
La mattinata passa velocemente, tra una bibita al bar e qualche giro in città, poi all'ora di pranzo decido di salutarlo.
«Vai da Bria che ti aspetta. Io vado a prendermi un panino al chioschetto.»

Ricordo di quella ragazza, Nancy, che mi aveva nominato i suoi panini che a detta sua, sono buonissimi. Voglio provarli.
«Va bene. Torno a casa, ma se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami.
Sai che ci sono sempre.»
«Grazie, Tony.»

«Ehi, Jack. Volevo solo chiederti una cosa. Ci ho pensato tanto, prima di proportelo, ma voglio anche che tu sappia che non sei obbligato, anche se ovviamente mi farebbe piacere.»
«Dimmi.»
Si gratta la testa e fa un grande respiro prima di parlare. Sembra agitato.

«Per quando nasce il bambino, io e Bria, vorremmo fare una festa in famiglia e chiamare tutti e con tutti intendo anche...»
Sospiro e Tony mi guarda un po' dispiaciuto. «Volevo solo chiederti se volessi venire anche tu. Fai parte della mia famiglia. Sei come un fratello e senza di te non sarebbe la stessa cosa. Sai che sarai suo zio a tutti gli effetti.»

Ci penso un po' su e dire di no non mi sembra proprio il caso. Metterò da parte il mio odio, cercherò di evitarla ma non posso mancare. Non per un momento così importante per lui.
Non sono mai stato egoista e non lo diventerò adesso.
«Ci sarò. Non preoccuparti.»
Sul suo viso si forma un'enorme espressione di puro sollievo, mista a un'immensa felicità. «Grazie. Non sai quanto sia importante per me.»

Gli sorrido, e sono contento sia stato così delicato nel chiederlo, con la paura potesse ferirmi, o ricevere un no.
«Adesso vado. Ci vediamo questi giorni.»
Annuisco. «Ciao.»
Mi sorride e poi sale in macchina. Poco dopo vado anche io nella mia. Salgo, metto in moto e mi dirigo al chioschetto.

Spero che Nancy e il suo panino mi facciano dimenticare l'imminente festa a cui dovrò essere presente, con l'ingombrante presenza della mia ex moglie che non vorrei vedere nemmeno sotto tortura.





Non so se ti amo ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora