Capitolo 10

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«Ehi, ma guarda chi si rivede!»

Il suo sguardo si posa su di me prima ancora che prenda posto al tavolo.
Sta servendo un altro cliente, ma appena mi ha visto, le si sono illuminati gli occhi. Un sorriso appare sulle sue labbra e contagia anche me.

Mi avvicino. «Ehi, ciao. Ti ricordi allora» dico, sinceramente sorpreso. Con tutte le persone che passano da queste parti, non è poi così scontato.
«Ti posso assicurare che uno come te non si dimentica tanto facilmente.»

Mi fa l'occhiolino e io nel mentre mi siedo a un tavolino vicino e la guardo. «Posso considerarlo un complimento?» chiedo, indeciso.
Nancy finisce di servire il cliente, poi si avvicina, sempre sorridendo.
«Lo è eccome. Fidati. Ti sei visto allo specchio, vero?» ridacchia, mentre le guance le diventano leggermente rosse.

Sorrido, ma non commento.
Mi guarda per qualche istante, un po' imbarazzata da ciò che si è fatta sfuggire, poi fa finta di niente e respira forte. «Allora, cosa ti porto?»
«L'altra volta mi hai parlato dei tuoi famosi panini. Ne vorrei uno.»

«Oh, wow!» dice, orgogliosa. «Allora anche tu ti sei ricordato. Aspettami un attimo, ti porto il menù.»
«Non c'è bisogno. Scegli tu. Per me va bene tutto. Importante che non abbia cipolla e piccante. Non li mangio.»

«Oh, certo. Sarà fatto. Torno subito allora» dice, allegra.

Annuisco e mentre si allontana, prendo il cellulare dalla tasca dei mie jeans.
Trovo diversi messaggi di auguri per il mio compleanno da parte della mia famiglia, dei miei fratelli e delle mogli.
Uno anche di Bria che ogni anno non dimentica mai di mandarlo.
Rispondo a tutti e quando finisco, rimetto il cellulare in tasca e mi ritrovo anche Nancy davanti con un vassoio in mano.

Lo appoggia sul tavolo e le sorrido. «Velocissima!» commento, sbalordito.
«Mi sono impegnata per fare il panino più buono che tu abbia mai mangiato, così... beh, potrai venire più spesso.»

Ridacchio per il suo modo di provarci con me, un po' sfacciato, allo stesso modo con quel rossore sulle guance che mi confonde. Sembra timida, ma dice ciò che pensa e mi piace. Non si nasconde.
Per quanto mi riguarda però, preferisco non darle troppa corda e mantenere le distanze.
Osservo il panino e poi lo apro per vedere cosa c'è.
Ha messo una cotoletta di pollo, dei pomodori, insalata, maionese e per finire, patatine fritte.

In genere mi piace mangiare cibo più salutare, sono più tipo da cose non fritte, ma ogni tanto qualche sgarro posso farlo anche io.
Lo richiudo, ma forse ho fatto qualche espressione dubbiosa, senza essermene accorto, dato che subito mi domanda, preoccupata:
«Ho messo qualcosa che non ti piace?»

Sollevo lo sguardo e nego. «No, è tutto buonissimo. Sono solo abituato a mangiare cose non fritte. Ma non fa niente. Davvero.»
«Oh, no. Se vuoi posso farne un altro. Non c'è problema.»

Sta per prendere il vassoio, ma la blocco e nel farlo prendo il suo polso. Un gesto che non si aspetta e che le fa schiudere le labbra e arrossire nuovamente. «Va bene così, Nancy. Sarà buonissimo.»

«Volevo fare una buona impressione e invece ho appena perso un punto, anzi, dieci.»
China il capo dispiaciuta. Le lascio andare il polso e rido. «Non hai perso nessun punto.»
E per dimostrarlo, prendo il panino che sotto ha la carta d'alluminio e gli do un morso bello grande. È veramente buono.

«È buonissimo» commento infatti, a voce alta, dopo aver inghiottito.
«Lo dici per farmi piacere o perché lo pensi davvero?»
«Lo penso davvero.»
«Okay. Ma la prossima volta, sempre se deciderai di venire di nuovo, ti farò un panino come piace a te. Dovrai dirmi tu gli ingredienti. Non voglio sbagliare di nuovo.»
«Non hai sbagliato, davvero.»
Solleva le spalle e fa un sospiro. «Ti lascio mangiare. Buon appetito.» Fa un piccolo sorriso, ma noto quanto non sia solare come prima.

Mi sento un po' in colpa e quindi dico la prima cosa che mi viene in mente. «Oggi è il mio compleanno e ho deciso di passarlo qui. Altrimenti sarei stato a casa, da solo, a mangiare la mia solita insalata con legumi.»
Nancy mi guarda sorpresa. «Oh mio Dio. Auguri! Buon compleanno.»
«Grazie» sorrido.
«Quanti anni compi?»
«32. E tu quanti ne hai?»
«31, fatti solo due mesi fa.»
«Bene. Solo un anno di differenza.»

Sorride e si guarda intorno, ma quando vede che nessuno ha bisogno di lei, torna a guardarmi. Non ci sono molti tavoli occupati, solo 3, incluso il mio.
«Prima hai detto che avresti pranzato da solo?» ripete, curiosa.
«Sì. Solo.» La guardo negli occhi.
«Quindi non hai una fidanzata o moglie che ti aspetta?»
Alla parola moglie, il mio sguardo si indurisce un po', facendo scomparire anche il sorriso di punto in bianco.
«Sono divorziato.»
«Oh. M-mi dispiace» balbetta, a disagio. «Non volevo essere invadente. Scusami. Tendo a parlare troppo, anche quando non dovrei.»

Scuoto la testa. «Non preoccuparti.»
Ma dal mio tono di voce che non è più tranquillo come prima, capisce di dovermi lasciare il mio spazio, quindi fa un altro sorriso un po' forzato e si allontana e la sento fare un grosso sospiro, sicuramente perché crederà di aver fatto una figuraccia. 

Non è stata invadente. È una domanda che avrebbe potuto farmi chiunque. Sono io che quando si parla di lei divento di marmo.
Vorrei potermi controllare, fare finta di niente, invece non ci riesco.
Sheilyn mi rovina la vita anche quando non è presente. È questo il problema.
Non la sopporto.

Mangio il panino un po' irrequieto e quando lo finisco, mi alzo. Vado al bancone per pagare e Nancy mi guarda un po' preoccupata. «Scusami ancora. Non volevo innervosirti. Mi sembra di averti fatto arrabbiare in qualche modo.»
Non rispondo. Evito, perché non voglio parlarne.
Sono abituato a tenermi le cose per me e odio le domande, ecco perché quasi nessuno mi conosce per davvero.

Solo con Sheilyn mi sono lasciato davvero andare...
Forse è l'unica insieme a Tony a sapere ogni cosa che mi riguarda.
O almeno, lei lo era in passato.
Capiva come stavo anche solo dal mio sguardo, da una mia espressione, da un mio sospiro. Non avevo bisogno di parlare. Se mi vedeva per conto mio, veniva e mi stava vicina, senza chiedermi niente.

Sapeva che avevo bisogno dei miei spazi e quando poi mi calmavo, allora con una calma incredibile, mi chiedeva come stavo.
Solo allora, mi lasciavo andare completamente e mi sfogavo. Riuscivo a farlo senza rimorso, anzi con un sollievo enorme.

Però poi le cose sono cambiate drasticamente e ho cominciato a chiudermi ancora più in me stesso da quando lei ha abortito. Non le ho quasi più parlato.
Ho eretto un muro enorme attorno a me che non ho fatto più attraversare da nessuno.
Mi sono fatto il mio spazio. Un angolo dove stare solo, con la mia rabbia, i miei pensieri, le mie domande senza risposta.

«Quanto devo darti?» chiedo, senza aggiungere altro.

Lo sguardo di Nancy si incupisce, mi sembra quasi un libro aperto.
«Sette dollari.»
«Posso pagare con la carta?»
«Sì. Certo.»
Digita qualcosa sul terminale, poi me lo passa.
Tiro fuori il portafoglio e dopo aver pagato, la guardo nuovamente.

«Ciao, Nancy.»
«Spero di rivederti» commenta, con un accenno di sorriso, anche se si nota quanto sia dispiaciuta.
Annuisco, ma preferisco non confermare.
Forse perché non la voglio illudere.
Forse perché si aspetta qualcosa da me.
Per l'appunto me lo conferma un secondo dopo, con la sua domanda che non lascia dubbi.
«Se stasera sei libero e non hai niente da fare, potremmo... ehm, vederci, magari.
Andare al cinema, o in un ristorante o...»

Ci penso un istante.
È vero che in questi due anni ho passato la notte con qualcuna, anche se sono state pochissime, ma mai qualcosa di più. Non sono pronto, e forse non lo sarò mai.

Non sono capace di amare, di fidarmi, di essere me stesso. E nessuna vorrebbe un uomo così.
Non mi sembra la tipa solo da una notte. Sono sicuro che voglia qualcosa di serio, il problema sono io.
Vorrei ricominciare tutto da zero, ma quando poi mi capitano le occasioni non ci riesco. È più forte di me.

«È sempre meglio di stare da solo, no?
Usciamo in amicizia. Non è un vero e proprio appuntamento» aggiunge, vedendomi indeciso.

Il suo spronarmi a parlare e ad uscire in qualche modo dal mio guscio, mi fa sorridere, nonostante non sia proprio dell'umore.
Non credo molto all'amicizia tra uomo e donna, ma in ogni caso, come dice lei, è sempre meglio di stare a casa senza fare niente.
«Va bene. Dammi il tuo numero, possiamo organizzarci.»

Il sorriso che mi rivolge è così grande che traspare ogni emozione. Avevo ragione: è proprio un libro aperto.
«Perfetto!»










Non so se ti amo ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora