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!Il capitolo comincia con il continuo della scena finale della quinta parte, avviso sempre che non voglio triggerare nessuno (ripeto che non sono una facilmente impressionabile perciò faccio fatica a capire se effettivamente si tratta di una scena triggerante, nel dubbio lo scrivo.)!

Nero, era l'unica cosa che riusciva a vedere. Come un cielo notturno senza stelle, solo buio pesto.

«Marco?» una voce ovattata lo chiamava, era sicuro di conoscerne il proprietario ma in quel momento non riusciva a riconoscerlo e sinceramente non gli interessava più di tanto.

Tutta quella oscurità attorno a lui lo faceva sentire protetto. Se fosse stato lì per sempre non avrebbe dovuto affrontare tutti i conti in sospeso che aveva con Andrea, ma soprattutto con Pietro. Non avrebbe dovuto fare coming out. Poteva stare lì nella sua bolla buia per sempre. Non gli importava di Sanremo o del lavoro, anche se non aveva uno strumento poteva fare musica lo stesso. Avrebbe passato il tempo componendo versi che esprimessero il suo dolore e magari sarebbe pure riuscito a stare meglio. In quel momento la sua mente era l'unico luogo in cui si sentiva al sicuro, nessuno poteva entrarvi se non lui.

«Marco?» Ancora quella voce. Lo volevano capire che lui non avrebbe abbandonato quel rifugio? Lui lì era al sicuro e protetto.

«Caph? Faster, che cazzo è successo?» Ecco, una nuova voce. Anche questa gli era familiare ma non gli interessava. Lui sarebbe rimasto lì, nessuno lo avrebbe convinto.

Stelle, vedeva solo quei piccoli puntini luminosi. Sentiva ancora gli effetti della droga nel suo corpo. La vista ancora gli vorticava. I pensieri erano lenti. Stelle. Chissà se qualcuno, guardando il cielo, pensava anche alle costellazioni più piccole e meno famose. Chissà se qualcuno cercava sempre lo stesso astro. Forse era lui quello strano ma non poteva fare a meno di cercare Caph nella notte stellata. La trovava sempre. Infatti dopo qualche piccola difficoltà la riconobbe. In poche ore sarebbe sorto il sole e non sarebbe più stato in grado di vederla. Si beò di quella vista finché non sentì delle urla provenire da dentro il locale.

«Faster, che cazzo è successo?» Sbraitava Erin.

«Non... non lo so...» Balbettava il corvino.

«Da quanto è così?» Chiese Piccolo che si trovava lì affianco.

«Qualche minuto?»

«QUALCHE MINUTO?!» Alzò di nuovo la voce Dario.

«Non lo so... stavamo parlando e ad un certo punto ha cominciato a tremare e poi è svenuto!»

Svenuto? La curiosità si impossessò di Fares che si avvicinò alla scena.

Appena arrivò sgranò gli occhi. Marco era riverso su un divanetto. Gli occhi chiusi, la bocca serrata e l'espressione angosciata. Non stava dormendo, non stava bene. Si avvicinò e si inginocchiò affianco a lui.

«Marco?» Gli sussurrò a pochi centimetri dal viso.

Una piccola lacrima rigò la guancia sinistra di Caph. Pietro si meravigliò per quella reazione, significava che riusciva a sentirlo, riusciva a capire quello che gli diceva.

«Marco...» Disse piano.«... Per favore svegliati. Ti prego.» Sentì una lacrima salata sfuggirgli dall'occhio destro, percorrere tutta la guancia per poi cadere sulle labbra dell'altro.

«...svegliati. Ti prego.» Pietro. Quella voce la riconobbe. Era di Pietro. Lo stava pregando di uscire dal suo nascondiglio, gli stava chiedendo di abbandonare il suo posto sicuro. Non poteva dargli retta. Se lo avesse fatto avrebbe dovuto continuare il discorso con Andrea e affrontarne tutte le conseguenze. Non poteva sopportarlo, era troppo debole per tutto questo.

5:40//faresxcaphDove le storie prendono vita. Scoprilo ora