capitolo 9

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Vedendomi indeciso, mi disse: "Allora, che ci fai ancora lì? Prima ti presenti in anticipo e ora ti guardi intorno tutto il tempo senza entrare? Forza, accomodati pure", facendomi cenno di sedermi su una delle due sedie di fronte a lui. 

Entrando, presi un respiro leggero per darmi coraggio. Cercai di muovermi con naturalezza, non come se stessi camminando verso il patibolo. Mi sedetti di fronte a lui, tirandomi su un ginocchio nel tentativo di apparire disinvolto.

Lui si passò una mano sulla barba, come se stesse per dire qualcosa, poi, senza una parola, me la tese. La afferrai, e subito dopo allentò la presa per strofinarsi un occhio, mentre l'altro restava fisso su di me.

Poi prese un'agenda dalla copertina rigida marrone da un cassetto della scrivania. Dopo averla aperta, scrisse qualcosa su una pagina e la posò alla sua destra, accanto alla lampada. Una volta finito, si appoggiò contro lo schienale della poltrona e finalmente alzò lo sguardo, con un mezzo sorriso stampato in faccia, come se mi conoscesse già. 

Da quello sguardo intuii che aveva già una certa familiarità con il mio caso, probabilmente avendo letto il modulo di accettazione che avevo compilato.

L'unico rumore che riempiva la stanza era il ticchettio regolare dell'orologio appeso alla parete, alle mie spalle.

Rimasi in silenzio per qualche secondo, finché decisi di parlare per primo, anche se non sapevo esattamente cosa dire. Prima di farlo, però, deglutii, cercando di inumidire la lingua.

"Scusi, dottore, mi chiamo K, ed è con lei che devo fare gli incontri?" dissi incespicando, come se fossi imbarazzato dal suono della mia stessa voce. Mi succedeva sempre con gli "altri". Non parlavo come al solito, non sembravo più nemmeno me stesso. 

Il dottore rispose con tono profondo e deciso: "Sì, sono io."

Quel timbro, più forte che rassicurante, mi fece sobbalzare. Mi sembrò scostante.

"Mi dispiace se sono venuto nel suo studio in anticipo, ma la porta era socchiusa e così ho chiamato ad alta voce. Nessuno mi ha risposto e allora..."

Senza darmi il tempo di aggiungere altro, mi interruppe, rimproverandomi. 

"In effetti, non è il caso di presentarsi con tanto anticipo senza avvisare. Avresti potuto aspettare fuori." Mi disse come se fosse tremendamente infastidito dal mio anticipo o parlasse in quel modo perché era sotto pressione per il troppo lavoro.

Ad ogni modo, la sua reazione immediata mi confuse e mi fece sentire fuori posto, tanto che l'imbarazzo ora si notava non solo sul viso, ma anche sul collo.

"Scusi ancora," replicai, guardandolo come uno scolaretto impaurito guarderebbe un bullo prepotente, mentre cercavo di trattenere una risposta acida alla sua osservazione.

"Ma che cavolo! Non gli sono mica piombato direttamente dentro lo studio. Stavo solo aspettando sull'uscio." pensai.

Mi limitai, infine, a dirgli: "D'accordo", facendogli un cenno con la testa.

"Vorrei chiederle se sa..."

"Intanto cerchiamo di procedere con ordine," mi interruppe. "Giusto per fare le cose per bene. Intanto, eccoti qua. Ciao, K." disse flemmatico. 

"Devo darle del lei o..."

Mi fermò, prima ancora che continuassi.

"Il punto da chiarire è un altro."

"Merda. Dovevo immaginarlo." Pensai.

"Ad ogni modo, per rispondere al dubbio che stavi per esprimere, io ti darò del tu, tu invece mi darai del lei. Manteniamo così un distacco professionale. D'accordo? Come già saprai, io sono il dottor Wallace."

DOMINIO - È tempo che riavvolga il nastro dei passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora